Trattative difficili tra Israele e l'Anp che è lacerata da divisioni interne mentre Hamas si sente più forte
Testata: Il Foglio Data: 10 giugno 2005 Pagina: 1 Autore: un giornalista Titolo: «Una faida sotterranea ai vertici dell'Anp complica il dialogo con Israele»
IL FOGLIO di venerdì 10 giugno 2005 pubblic ain prima pagina un articolo sui conflitti politici interni all'Anp e sulle conseguenze che essi hanno sul dialogo con Israele. Ramallah. Fatah è sfaldato al suo interno, il rais palestinese Abu Mazen è rimasto solo, ma ha pur sempre l’appoggio americano. Hamas vorrebbe riprendere ad attaccare il "nemico sionista", ha lanciato missili Qassam su Sderot, ma il suo pragmatismo gli impedisce di intraprendere una terza Intifada contro lo Stato ebraico, almeno prima dello sgombero da Gaza. Israele è determinato a portare avanti il piano di ritiro, che ora ha il sì della Corte suprema, ma si prospetta comunque non senza difficoltà. I palestinesi preferiscono di gran lunga Hamas a Fatah, non tanto per il suo braccio armato, ma perché "comunque meno corrotto del partito al potere". Il movimento islamico si sente forte. Le elezioni municipali nei Territori hanno dimostrato che Hamas ha un forte appoggio e il rinvio delle legislative ha sottolineato che Fatah ha paura di un successo del gruppo armato. Inoltre, il consiglio rivoluzionario ha rimandato la conferenza generale del partito di Abu Mazen, prevista per il 4 agosto, mostrando che all’interno di Fatah ci sono forti scontri di potere, che lo rendono sempre più debole. Nei Territori corre addirittura voce che Fatah abbia i giorni contati. Mercoledì notte, l’IDF, l’esercito israeliano, ha portato a termine una breve incursione a Gaza, durante il vertice tra il ministro della Difesa israeliano, Shaul Mofaz, e il ministro dell’Interno palestinese, Nasser Youssef, per il coordinamento del piano di ritiro. Gerusalemme cerca di rendere possibile lo sgombero nelle migliori condizioni. "Se l’Anp continuerà a essere debole, deve capire che sta danneggiando se stessa e che potrebbe ritrovarsi senza un governo", ha detto il neocapo di Stato maggiore, Dan Halutz. Le previsioni dell’IDF Youssef, nei giorni scorsi, raccontano fonti palestinesi al Foglio, era amareggiato dal fatto che Mofaz preferisse incontrarsi con il ministro degli Affari civili, Mohammed Dahlan. "Sono convinti che sia ancora l’uomo forte di Gaza – dice al Foglio una fonte vicina al ministro dell’Interno – Dahlan sta facendo troppi giochi sporchi, un po’ con gli egiziani, un po’ con lo Shin Beth, un po’ con i laburisti e un po’ con Fatah". Dahlan nei giorni scorsi aveva accusato Israele di minare il piano di ritiro e di non offrire ai palestinesi gli elementi essenziali per il coordinamento. I giornali dei Territori però non parlano molto né di Dahlan né di Youssef né tantomeno dello scontro dietro le quinte tra i due. Le voci però si rincorrono: gli Stati Uniti sembrano aver consigliato a Israele di non preferire Dahlan (e le "sue ambizioni di diventare il re di Gaza"). Dopo mesi di trattative, Mofaz si è infatti incontrato con il ministro dell’Interno, il generale sufi, che durante tutta la campagna per le presidenziali era stato alla destra di Abu Mazen. Youssef, duro oppositore di Yasser Arafat, in passato ha dimostrato di voler lottare seriamente contro le fazioni armate, ma ora è isolato come il rais. "Non possiamo discutere con i membri di Hamas sulle loro armi, se prima non negoziamo su quelle di Fatah", ha dichiarato Youssef. Le riforme portate a termine nei Territori sono infatti ancora parziali. Il successo più grande è stato l’unificazione dell’apparato delle forze di sicurezza, criticata da alcuni membri di Fatah. Mohammed Yaghi, sulle pagine del quotidiano palestinese al Ayaam, scrive che l’Anp sta provando a riportare l’ordine con i mezzi a sua disposizione, ma è incapace di completare la sua missione per la mancanza di controllo del territorio e per la debolezza delle istituzioni. Ieri, la Corte suprema israeliana ha rifiutato il ricorso di alcuni settler, che dichiaravano anticostituzionale la legge approvata dalla Knesset per l’avvio del ritiro. Abu Mazen invece si è recato a Gaza per incontrare le varie fazioni armate, che hanno manifestato la loro intenzione di rispettare la debole tregua con lo Stato ebraico. Il rais ha garantito loro un ruolo nella preparazione del ritiro israeliano. Il piano di disimpegno è infatti alle porte. L’IDF prevede che il dopo Gaza sarà caratterizzato da scontri. In un periodo tra le due settimane e i sei mesi, se la situazione continuerà a essere come si sta delineando – sostengono alcuni ufficiali – Israele sarà costretto a tornare a Gaza. Ma stavolta senza insediamenti. Invitiamo i lettori di Informazione Corretta ad inviare la propria opinione alla redazione de Il Foglio. Cliccando sul link sottostante si aprirà una e-mail già pronta per essere compilata e spedita.