Il terrorismo è una risposta all'antiterrorismo, attentati e violenze sono cancellati per ribaltare la realtà, il quotidiano comunista ne cancella una parte
Testata: Il Manifesto Data: 08 giugno 2005 Pagina: 10 Autore: Michele Giorgio Titolo: «Sei morti, la tregua vacilla»
IL MANIFESTO di mercoledì 8 giugno 2005 pubblica una cronaca di Michele Giorgio che riportiamo: Vacilla ma non crolla la tregua proclamata da partiti e movimenti palestinesi, nonostante i sei morti di ieri, tra cui un lavoratore asiatico. Tuttavia la giornata di sangue appena trascorsa - che ha visto il Jihad Islami sparare razzi Qassam contro colonia ebraica di Ganei Tal in risposta all'uccisione da parte di Israele di un suo leader militare a Qabatya (Jenin) Il terrorismo è una "risposta" all'antiterrorismo. Per rendere credibile questa mistificazione scompare l'attentato suicida in preparazione e i razzi qassam preparati dal "leader militare" per colpire Afula - potrebbe essere soltanto la prima fase di una escalation prevista dagli analisti delle due parti, prima dell'evacuazione degli insediamenti israeliani di Gaza ad agosto. Sarà determinante anche il fattore religioso, come hanno già dimostrato gli scontri di domenica nella Spianata di Al-Aqsa a Gerusalemme. Hanno destato peraltro forte sdegno tra i palestinesi musulmani le notizie provenienti dal carcere di Megiddo dove ieri i secondini israeliani avrebbero dissacrato tre copie del Corano, strappando alcune pagine. Lo hanno riferito alcuni detenuti palestinesi. La vicenda che ricorda quella di Guantanamo, ha avuto una immediata eco. Gli israeliani, secondo il portavoce di Hamas, «provano disdegno verso la nostra religione e la deridono, sia quando profanano la moschea al-Aqsa, sia quando dissacrano il santo Corano per mano dei loro soldati nelle prigioni. Azioni del genere non resteranno impunite».
IL MANIFESTO riporta dettagliatamente le dichiarazioni incendiarie di Hamas, ma non quelle di Israele, secondo le quali la "profanazione" sarebbe consistita nella caduta accidentale di alcune pagine non facenti parte del testo sacro Sei morti e oltre dieci feriti è stato il bilancio della giornata di ieri, tra le più insanguinate delle ultime settimane, che ha visto Israele riprendere le sue incursioni all'interno dei centri abitati palestinesi. A Kabatya i commandos israeliani hanno ucciso due persone: Marwah Abu Zeid Kmail, un leader locale della Jihad, e Nasser Zakarna, un civile rimasto coinvolto nell'agguato. Un "civile" che, riporta Haaretz, ha aperto il fuoco contro le truppe israeliane ! Kmail, circondato dai militari israeliani, ha rifiutato di arrendersi e ha combattuto fino a quando una ruspa lo ha ucciso abbattendo la casa dove si nascondeva. «Israele vuole a tutti i costi una escalation» ha commentato Mahmud al-Hindi del Jihad.
Qualche ora prima Hamas aveva risposto agli scontri alla Spianata delle Moschee di Gerusalemme lanciando alcuni razzi artigianali Qassam contro la cittadina israeliana di Sderot, dove hanno danneggiato un appartamento nel quale si trovavano due donne; entrambe sono state ricoverate in ospedale in stato di shock. Gli "scontri alla Spianata delle Moschee" cui Hamas ha "risposto" erano in realtà sorti da un'aggressione contro fedeli ebrei da parte di musulmani riuniti sulla spianata. Nel primo pomeriggio Hamas e il Jihad hanno colpito assieme le colonie di Gaza. Un razzo ha centrato le serre di Ganey Tal uccidendo tre manovali: due palestinesi e un cinese. Un altro palestinese, un ragazzo di 17 anni, è stato ucciso dai soldati a Rafah, nei pressi del confine tra Gaza ed Egitto. Per gli israeliani era un contrabbandiere di armi, la famiglia del giovane nega.
In questo clima passano in secondo piano la vicenda personale di Abu Mazen, le cui condizioni di salute destano preoccupazione. Poca attenzione è riservata anche alla rinascita del movimento contro il muro israeliano in Cisgiordania che vede insieme palestinesi, pacifisti israeliani e internazionali, tra cui i volontari del presidio dell'Assopace a Nablus. Uno di loro, Riccardo Carraro, ha riferito che sabato c'è stata una delle mobilitazioni più importanti di questi ultimi mesi a Marda, uno dei villaggi nei pressi della colonia ebraica di Ariel (sud-ovest di Nablus), minacciati direttamente dal muro. In quel tratto il tracciato della contestata barriera circonderà l'insediamento di Ariel (20.000 abitanti) e lo farà rientrare in quella ampia porzione di Cisgiordania che Israele si troverà a controllare una volta ultimato il muro. «E' stato un bagno di energia positiva - ha riferito Carraro - i nostri cartelli dicevano "costruite fiducia non muri", "sradicate i coloni non gli alberi"». Ecco uno slogan "pacifista" che "infonde energia positiva" e "costruisce fiducia non muri": "sradicate i coloni non gli alberi". Le manifestazioni successive non sono state altrettanto esaltanti per la risposta dell'esercito israeliano che ha fatto uso di lacrimogeni, proiettili di gomma e di un sistema sonoro con frequenze altissime per disperdere i manifestanti. Una nuova dimostrazione con la partecipazione di centinaia di attivisti israeliani, è prevista giovedì a Salfit, sempre nei pressi di Ariel. Invitiamo i lettori di Informazione Corretta ad inviare la propria opinione alla redazione del Manifesto. Cliccando sul link sottostante si aprirà una e-mail già pronta per essere compilata e spedita.