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Il Foglio Rassegna Stampa
07.06.2005 Tutte le differenze tra Guantanamo e un gulag
ignorate da Amnesty, che però ammette di aver lanciato accuse senza sapere di cosa parlava

Testata: Il Foglio
Data: 07 giugno 2005
Pagina: 3
Autore: un giornalista
Titolo: «Contrordine,Amnesty non sa nulla degli abusi a Guantanamo»
IL FOGLIO di martedì 7 giugno 2005 pubblica un articolo sulla ritrattazione di Amnesty International: le accuse su Guantanamo erano infondate.

Ecco il testo:

New York. Improvvisamente la polemica
sulle torture fisiche nei confronti dei detenuti
arabi e afghani rinchiusi a Guantanamo
s’è trasformata in un incredibile dibattito
sulle torture al Corano. Si è passati, insomma,
dalle persone ai libri. Di torture fisiche
ai prigionieri di Camp Delta infatti non parla
più nessuno, neanche il direttore di Amnesty
International. William Shultz è lo stesso
che soltanto una settimana fa aveva definito
Guantanamo "il gulag dei nostri tempi",
ma domenica mattina ha fatto una rocambolesca
retromarcia negli studi di Fox News. Il
capo di Amnesty, finanziatore della campagna
presidenziale di John Kerry e di quella
senatoriale di Ted Kennedy, ha confessato di
non saperne nulla, di non essere certo delle
accuse contenute nel rapporto: "I don’t
know for sure", ha detto di fronte all’incredulo
conduttore del talk show televisivo. Ma
come? E la storia del "gulag dei nostri giorni"
che ha fatto il giro del mondo? Niente,
pare che Amnesty dicesse tanto per dire.
Shultz ha ritrattato anche le precise accuse
rivolte a Donald Rumsfeld, il quale nel rapporto
era definito "l’architetto delle torture".
Anche in questo caso, il capo di Amnesty
ha ammesso di non avere assolutamente
idea, "I have no idea", del ruolo attivo del
Pentagono, e si è limitato a dire che sarebbe
affascinante scoprirlo, "it would be fascinating
to find out". Il simpatico Shultz ha anche
pronunciato questa frase rivelatoria:
"Non penso che sarei qui in tv, ospite di questo
programma se Amnesty non avesse detto
ciò che ha detto e il presidente Bush e i suoi
non avessero risposto come hanno fatto. Se
fossi venuto da voi due settimane fa a dirvi
che volevo venire sulla Fox per parlare delle
politiche americane di detenzione a
Guantanamo e altrove, sospetto che non mi
avreste invitato".
Eppure il New York Times ha reiterato la
richiesta di chiudere Guantanamo, mentre il
Washington Post ha ridicolizzato le accuse
di Amnesty. Il Wall Street Journal ha ribadito che le accuse sul Corano sono soltanto un
pretesto: in realtà è una campagna contro
Bush che non si fermerebbe nemmeno se la
Casa Bianca decidesse di chiudere il campo
di prigionia. Il settimanale liberal New Republic
ha fatto di più: ha ricordato gli abusi
psicologici e giuridici sui detenuti, ma ha
provato a mettere le cose al loro posto, a
chiamarle col proprio nome. Nei Gulag sovietici
i prigionieri sono stati circa venti milioni,
mentre a Guantanamo sono transitate
soltanto 750 persone (oggi sono 520). Nei Gulag
finivano gli oppositori del regime, chi nascondeva
il grano e finanche gli allevatori
colpevoli di possedere troppe mucche. E poi gli ebrei in quanto ebrei e i finlandesi in
quanto finlandesi. Con loro anche chi credeva
in Dio, chi apparteneva alla classe media,
chi aveva avuto contatti con stranieri,
chi raccontava barzellette su Stalin. A Guantanamo
sono entrati soltanto i talebani e i
militanti islamici catturati in battaglia in Afghanistan.
Nei Gulag non c’era alcuna parvenza
di legittimità giuridica, i processi
quando si facevano duravano pochi minuti,
mentre a Guantanamo i prigionieri devono
essere informati del loro status giuridico, come
ha stabilito l’anno scorso una sentenza
della Corte suprema. Circa 150 prigionieri
hanno deciso di contestare la detenzione e
ricevono le visite degli avvocati, anche se lamentano
di avere garanzie inadeguate. La
Croce Rossa non ha mai visitato i Gulag, al
contrario di Guantanamo dove va regolarmente
fin dall’apertura. Nei Gulag sono morti
tra i due e i tre milioni di prigionieri, a
Guantanamo nemmeno uno. I prigionieri dei
sovietici vivevano in baracche sovraffollate,
senza acqua, senza riscaldamento e non avevano
i vestiti per difendersi dal freddo. A
Guantanamo, i prigionieri meno pericolosi
vivono in grandi camerate con dieci letti,
possono giocare a calcio e a pallavolo, vivono
all’aperto nove ore al giorno e dispongono
di una mini biblioteca con testi in arabo
(vanno molto forte i gialli di Agatha Christie).
I detenuti "meno cooperativi" vivono,
mangiano e dormono in celle individuali più
piccole e usufruiscono dell’ora d’aria e della
doccia soltanto due volte la settimana.
Nei Gulag era vietato professare la propria
religione, a Guantanamo ogni prigioniero di-
spone di una copia del Corano (in totale sono
1.600) e di tutto il tempo necessario per
pregare. Sul pavimento di ogni cella, una
freccia indica la direzione della Mecca. I pasti
sono preparati secondo le prescrizioni
islamiche.
In questo contesto che più politicamente
corretto non si potrebbe sono arrivate le polemiche
sugli abusi sul Corano. Newsweek
ha svelato che il libro sacro è stato gettato in
un gabinetto, ma non era vero. La rivista ha
riconosciuto l’errore e chiesto scusa. Il prigioniero
che aveva lanciato l’accusa ha ritrattato.
Si è scoperto piuttosto che era stato
un detenuto islamico a gettare alcune pagine
del Corano nel water, allo scopo di scatenare
una rivolta tra i detenuti. Ci sono stati
altri 14 casi di abusi sul Corano, tutti a opera
dei prigionieri (pagine strappate e, in un caso,
due di loro hanno urinato sulla copia di
un terzo detenuto accusato di non essere un
"uomo"). In tre anni a Guantanamo ci sono
stati circa 28 mila interrogatori e centinaia di
guardie si sono alternate, ma gli abusi lamentati
dai prigionieri sono soltanto cinque,
alcuni dei quali non intenzionali. Un detenuto
ha accusato una guardia di aver dato un
calcio al Corano. La guardia è stata licenziata.
Altri due casi riguardano una copia bagnata
da un gavettone e un insulto scritto sulla
prima pagina. La guardia del gavettone è
stata cacciata, mentre l’autore della scritta
non è stato individuato. Il caso più grave non
è stato volontario: un militare ha fatto pipì
davanti a un ventilatore e alcune goccie di
urina sono finite su un detenuto e sul suo Corano.
Il prigioniero ha subito ricevuto il cambio
dei vestiti e una nuova copia del Corano.
La guardia è stata punita.
Si può credere o meno alle ricostruzioni
del Pentagono, ma sulla base di queste, che
poi sono le uniche a disposizione, gli articoli
dei giornali dovrebbero essere di segno opposto
a quelli che abbiamo letto in questi
giorni, e magari essere titolati così: "A Guantanamo
il Corano c’è, ed è rispettato".
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