Oriana Fallaci processata per un reato d'opinione il commento di Vittorio Feltri
Testata: Libero Data: 25 maggio 2005 Pagina: 1 Autore: Vittorio Feltri Titolo: «Vogliono la Fallaci in galera»
LIBERO di venerdì 25 maggio 2005 pubblica in prima pagina un articolo di Vittorio Feltri sul rinvio a giudizio din Oriana Fallaci per "vilipendio alla religione islamica".
Ecco l'articolo: Altro che senatrice a vita. Un giudice di Bergamo manda a processo la scrittrice per il contenuto del libro «La forza della ragione». Il reato? Vilipendio della religione islamica. Certo che il nostro Paese... Noi di Libero, confortati dall'autorevole parere di insigni colleghi (direttori di importanti quotidiani), organizzammo una campagna in favore di Oriana Fallaci, suggerendo a Carlo Azeglio Ciampi, presidente della Repubblica, di nominarla senatore a vita. La Costituzione prevede infatti, per chi abbia onorato l'Italia attraverso l'opera dell'ingegno, simile onor ificenza. Ma non è questa la sede adatta a una disquisizione su chi meriti effettivamente di entrare in Senato. Preme piuttosto ricordare che i nostri lettori, invitati da questa redazione a esprimere un giudizio, risposero entusiasticamente: vogliamo Oriana a Palazzo Madama. Furono settantamila e passa le firme a sostegno dell'iniziativa. Un lungo elenco di nomi e cognomi a testimonianza della stima di cui gode la Fallaci, alla quale si riconosce di interpretare il pensiero di una quota maggioritaria di connazionali. Mi sembra che fin qui ci sia poco da discutere. Piaccia o no, la scrittrice, tradotta in ogni continente, compresa l'Asia (Cina inclusa), è un monumento alla letteratura, fenomeno internazionale di cui tenere conto. E questo lo sanno anche i suoi detrattori più o meno in buona fede; sanno che è una donna eccezionale. Ciò premesso, veniamo alla notizia. Altro che senatore a vita. C'è qualcuno che vuole Oriana non a Palazzo Madama ma a San Vittore; non inserita nelle istituzioni da istituzione, bensì associata alle patrie galere. Paradossale ma, ahimé, vero. Succede che il Gip del Tribunale di Bergamo, Armando Grassi, l'abbia rinviata a giudizio in ordine al "reato di cui all'art. 406 in relazione all'art. 403 del Codice penale". Cosa vuol dire. Traduco in un italiano comprensibile anche nei comuni inferiori a duemila abitanti. La Fallaci, nel suo libro (successo clamoroso) "La forza della ragione", avrebbe vilipeso la religione islamica e offeso coloro i quali in essa credono. Sia fatta la volontà di Allah. E del popolo italiano. Roba da perdere i sensi. Pubblichiamo integralmente le osservazioni del Gip: tre cartelle fitte fitte da leggersi - ve lo raccomandiamo - d'un fiato. In fondo alle quali si precisa: "entro dieci giorni il Pubblico ministero formuli la imputazione eccetera eccetera..." . Conviene riassumere. Adel Smith, vi dice niente questo nome? Trattasi di un tipetto convertitosi all'Islam noto per aver brigato al fine di ottenere la rimozione da una scuola (frequentata dai suoi figli) del crocefisso, simbolo del cristianesimo. La faccenda diede la stura a polemiche, articoli di giornale, trasmissioni radiofoniche e televisive. Nei luoghi pubblici è lecito o non è lecito esporre Gesù inchiodato allo strumento di tortura? È legittimo o no che la religione più diffusa nel Paese goda della facoltà di esibire in certi edifici i propri emblemi più significativi? Rammento una scazzottata fra l'editorialista del Giornale, Pelanda, e Smith, anzi, un suo guardaspalle. Un match appassionante conclusosi con un ko tecnico inflitto all'aggressivo (e sprovveduto) Pelanda, buona penna e mediocre guantone. Torniamo a Smith. Costui denunzia e querela la Fallaci per il libro "La forza della ragione" nel quale, egli sottolinea, Oriana avrebbe vilipeso e offeso e via andare. La pratica finisce sui tavoli della Procura di Bergamo perché il saggio è stato stampato, nel capoluogo orobico, dall'Istituto Arti Grafiche per conto della Rizzoli. Le regole sono queste. Il foro competente per questioni del genere è quello della città in cui la pubblicazione ha visto la luce. Dettagli. Il fascicolo viene esaminato da un Pm indigeno piuttosto evoluto: Mariacristina Rota. La quale compulsa il testo, soppesa le parole di Smith, insomma fa il suo dovere e conclude: d'accordo, i toni della scrittrice sono forti, però l'invettiva è un genere letterario diffuso; inoltre va considerato che il libro è uscito l'indomani dell'attentato alle torri gemelle, quindi in un momento di emotività intensa eccetera, e si comprende la passionalità dell'autrice e via discorrendo. Un discorso ragionevole. Ragionevole? Uncorno! Alla dottoressa Rota che archivia la querela, replica il Gip con quattro cartelle che accompagnano il rinvio a giudizio di Oriana. A Bergamo, sede del Tribunale che ha deciso di processare la Fallaci, c'è un detto popolare inelegante ma efficace: tàce cò, tate crape ovvero tante teste, tanti cervelli, ciascuno dei quali funziona a modo suo. Il cervello di Armando Grasso evidentemente ritiene che le opinioni dell'autrice rizzoliana sconfinino in un (probabile) reato. Reato d'opinione. Che è quanto di più odioso possa esistere in un Paese democratico. Processare la gente non per quello che ha fatto ma per quello che ha pensato: scandaloso. Sarebbe tuttavia ingiusto prendersela con il signor Gip, che ha dalla sua la legge. Difatti il codice italiano contempla ancora il vilipendio. Ergo non ha torto Grasso. Ha torto semmai chi non è stato capace di riformare il codice e non ha depennato i reati d'opinione. Rimproverare il Gip sarebbe facile,ma stupido: è il legislatore ritardatario e stolto che va messo sotto accusa. Come mai non ha provveduto a eliminare una norma così obsoleta da consentire la punizione di chi manifesti liberamente il proprio pensiero? D'altronde l'Italia nel campo della libertà di stampa (nella graduatoria globale) è all'incirca al settantesimo posto, a livello boliviano. Quindi l'incriminazione di Oriana, se da un canto suscita orrore, non deve suscitare stupore perché rientra nella schifezza illiberale e antidemocratica presente (e potente) nel nostro ordinamento terzomondiale. Da queste parti accade che Oriana Fallaci venga processata come una qualsiasi malvivente per aver scritto quanto molti condividono, e che nessuno protesti. Ciò non significherebbe nulla se la Costituzione non garantisse ai cittadini libertà di pensiero nel rispetto della legge. Peccato che la legge risalga al ventennio fascista e non sia ancora stata revisionata. Perché? Fa comodo al potere politico perseguire chiunque esca dalle righe. Oriana è uscita dalle righe? Si valuterà. Intanto basta un giudice a intimidire non solo lei ma tutta una categoria. La nostra. Che quando dice la verità rischia di commettere un reato. Quindi preferisce tacere. Meno male che la Fallaci non tace mai. 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