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La Repubblica Rassegna Stampa
24.05.2005 Preferite un fanatico puro o uno "pragmatico"?
elezioni truffa in Iran

Testata: La Repubblica
Data: 24 maggio 2005
Pagina: 21
Autore: Vanna Vannucini
Titolo: «Iran, il pugno di ferro degli ayatollah i riformisti cacciati dalle elezioni»
LA REPUBBLICA di martedì 24 maggio 2005 pubblica un buon articolo di Vanna Vannucini sull'estromissione dei candidati riformisti dalle elezioni presidenziali iraniane.

Osserviamo che Rafsanjani non è così enigmatico come risulta dall'articolo.Nel 2000 discusse la possibilità di un conflitto nucleare in Medio Oriente, che, con la morte di sei milioni di israeliani e di un massimo di 15 milioni di musulmani assicurerebbe la vittoria dell'islam. E sarebbe perciò un opzione razionale.

Un'indicazione abbastanza precisa della qualità del suo "pragmatismo". Ecco il testo:

Il copione era già stato recitato con successo l´anno scorso, in occasione delle elezioni legislative, ed è stato ripetuto ieri per le presidenziali. L´onnipotente Consiglio dei Guardiani, che un anno fa cancellò dalle liste più di 2.000 candidati riformisti, ieri ha ammesso solo sei di oltre mille candidati a succedere al presidente Khatami. Escludendo, ovviamente senza dare spiegazioni, tutti coloro che potrebbero avere qualche ragione per riformare il sistema teocratico iraniano: le donne, i giovani e i due principali esponenti del Fronte di Partecipazione (il partito nato per sostenere le riforme di Khatami), Mustafa Moin e di Mohsen Mehr Alizadeh.
Il secondo atto del copione prevedeva che il leader Khamenei, suprema istanza religiosa della Repubblica islamica, si dimostrasse sensibile alle proteste dei riformatori e invitasse il Consiglio dei Guardiani a rivedere le sue decisioni. Così è avvenuto. Khamenei, secondo quanto ha riferito la Tv di Stato, ha inviato una lettera al Consiglio per invitarlo a riconsiderare la candidatura dei due candidati del Fronte di Partecipazione. Naturalmente nessuno crede che i 12 membri del Consiglio, nominati per metà dallo stesso Leader e per metà dal capo del potere giudiziario (lui stesso nominato dal Leader), abbiano agito senza il previo consenso del Rahbar («la nostra Guida», questo il titolo di Khamenei).
L´anno scorso furono riammesse poche decine di candidati ed è probabile che lo stesso accada oggi. Ma anche se il Consiglio riammettesse Mustafa Moin, il regime ha potuto rassicurarsi che nemmeno un riformatore come lui, che promette di liberare i prigionieri politici e di impegnarsi per metter fine all´abuso dei diritti umani, suscita più quegli entusiasmi che portarono a sorpresa alla presidenza di Khatami nel 1997. Allora il Consiglio del Guardiani aveva sottovalutato Khatami e aveva ammesso la sua candidatura. Negli otto anni successivi il Consiglio ha sistematicamente demolito l´edificio che i riformatori cercavano di costruire, e quando Khatami nel 2003 presentò due progetti di legge che avrebbero limitato il potere dei Guardiani, e di conseguenza quello del Leader, segnò la sua definitiva liquidazione: da allora gli è stato consentito solo di inaugurare qualche raffineria e di recitare la parte del presidente di fronte ai capi di Stato stranieri.
Questa volta non ci saranno sorprese. La rappresentazione è avvenuta nella totale assenza di pubblico. Qualche protesta, limitata ad alcune decine di studenti, per la cancellazioni di mille candidati. Critiche sono arrivate solo dall´estero, dagli Stati Uniti, dove Condoleezza Rice si è detta «profondamente turbata» per le cancellazioni. Gli elettori iraniani, che si sono appassionati alla politica finché hanno creduto che lo Stato islamico fosse riformabile, ormai hanno voltato le spalle al regime e alle sue messe in scena. L´invito a boicottare le elezioni, lanciato ieri dai riformatori, non potrebbe perciò cadere su un terreno più favorevole. Il regime teme i seggi elettorali vuoti perché ha bisogno di dimostrare all´esterno una certa misura di legittimazione. Ma come si è visto alle elezioni un anno fa, ha non pochi mezzi per obbligare almeno una parte della popolazione ad andare a votare. Per fare un solo esempio, l´anno scorso i dipendenti pubblici furono minacciati di perdere l´impiego se non dimostravano di essere andati alle urne.
I candidati rimasti appartengono tutti al campo ultraconservatore assolutamente leale a Khamenei. Sono l´ex capo della polizia Qalibaf, l´ex capo delle Guardie rivoluzionarie Resai, l´ex capo della Tv Ali Larijani e il sindaco di Teheran Ahmadinejad, oltre all´ex presidente del parlamento Mehdi Karrubi (che si autoascrive al campo riformatore senza mai esserlo stato). Ma chi secondo tutte le previsioni vincerà la contesa sarà Ali Akbar Hashemi Rafsanjani, che era stato per otto anni il predecessore di Khatami e aveva mantenuto un posto di potere come presidente di un Consiglio che dirime le differenze tra parlamento e organi religiosi non eletti. Rafsanjani è un uomo per tutte le stagioni, interessato a mantenere il suo potere e le sue immense ricchezze, e troppo spregiudicato per non essere temuto dal suo rivale Khamenei. Il Leader ha più simpatia per il conservatorismo degli altri candidati che per il pragmatismo di Rafsanjani, ma Rafsanjani ha una qualità che gli altri non hanno: viene considerato l´uomo più adatto a dissuadere gli americani, ai quali da tempo propone un «grand bargain», dall´intervenire in Iran.
Rafsanjani promette agli iraniani riforme sociali ed economiche, secondo un «modello cinese». Ma che cosa si proponga veramente è difficile dire: nessuno ha mai potuto guardare nelle sue carte.
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