Strage di ulema sunniti a Baghdad l'analisi di Carlo Panella
Testata: Il Foglio Data: 20 maggio 2005 Pagina: 1 Autore: Carlo Panella Titolo: «Le stragi di ulema»
IL FOGLIO di venerdì 20 maggio 2005 pubblica in prima e quarta pagina un articolo di Carlo Panella sulla strage di religiosi a Baghdad.
Ecco il testo: Roma. Ha contorni ancora oscuri la mattanza di religiosi che si sta consumando da alcuni giorni a Baghdad; sono soltanto chiare le dimensioni (decine di ulema uccisi; ieri è stato colpito a Sadr city l’ayatollah Tahar al Allaf, rappresentante del grande ayatollah Ali al Sistani a Baghdad), il salto "tecnico" di una ecatombe compiuta non più da attentatori suicidi, ma da sicari che uccidono individualmente, spesso con un colpo alla nuca, prigionieri bendati e legati, stile "squadroni della morte", e infine il fatto che la quasi totalità delle vittime sono ulema sunniti. Il fenomeno è tanto esteso che perfino l’imam bandito Moqtada al Sadr ha lanciato un inusuale appello alla moderazione ai suoi miliziani, con l’invito esplicito a "cessare le vendette". Proprio questa inedita posizione dell’estremista sciita, costretto da mesi al silenzio dopo la sonora sconfitta subita a Najaf, offre una chiave di lettura dell’accaduto. Nelle scorse settimane infatti sono state non meno di 400 le vittime civili sciite di attentati suicidi, soprattutto nelle città in cui sciiti e sunniti convivono. Con tutta evidenza si è trattato del tentativo di innescare una guerra civile interreligiosa compiuto dall’ala dura del terrorismo iracheno, legata ad al Zarqawi e ad al Qaida, di forte matrice wahabita. I wahabiti, infatti, da secoli considerano gli sciiti apostati e idolatri, a causa del loro culto per gli imam, che derogherebbe dal rigido monoteismo islamico. La tradizionale e storica convivenza pacifica tra sciiti e sunniti dopo il nono secolo è stata infranta a partire del 1800 proprio da stragi di wahabiti giunti dall’Arabia, che nel 1802 hanno addirittura distrutto per furore iconoclastico il mausoleo sciita dell’imam Hussein a Kerbala. Questa sanguinaria tradizione wahabita è riemersa recentemente nell’Afghanistan dei Talebani wahabiti e in un Iraq in cui non meno di 2.000 sono i terroristi arruolati nella wahabita Arabia Saudita, di cui non meno di 460 si sono fatti esplodere in attentati stragisti. Il regno saudita-wahabita continua infatti a coltivare l’odio settario per gli sciiti sauditi, ristretti in una penosa condizione di esclusione sociale. In questo bacino saudita di intolleranza religiosa, al Qaida ha pescato a piene mani e oggi al Zarqawi ripercorre la stessa strategia di stragi sciite che negli anni ’90 i wahabiti Talebani e Osama bin Laden hanno praticato in Afghanistan, sterminando 10.000 sciiti Hazara. Dopo le sconfitte subite in autunno a Fallujah e nelle scorse settimane ad Al Qaim (cittadina-covo al confine con la Siria), perso il controllo dei principali santuari urbani, dopo che alcuni importanti clan sunniti hanno preso le armi contro di loro, i terroristi wahabiti, hanno tentato in aprile di rilanciare la loro strategia di guerra civile, innescando l’odio interreligioso con attentati particolarmente odiosi, come quello che ha fatto un centinaio di vittime durante un funerale a Mosul. Con tutta probabilità le esecuzioni mirate di questi giorni sono dunque la risposta di estremisti sciiti. Una risposta che non contrappone strage di sunniti a strage di sciiti, ma che colpisce quegli ulema sunniti, considerati ispiratori delle stragi wahabite. Una risposta mirata, ma tanto estesa da spingere appunto Moqtada Sadr a chiedere ai propri miliziani di cessare le attività delle loro vendicative "squadre della morte". Il portavoce del Comitato degli Ulema sunniti di Baghdad, Hareth Dari, ha addossato la responsabilità di questa catena di omicidi alle "milizie Badr", ex braccio armato del partito sciita Sciri, e agli organi di sicurezza del governo. Ma è probabile che le smentite dello stesso Sciri e del ministro dell’Interno, lo sciita Bayan Bager Soulagh, e di quello della Difesa, il sunnita Saaddun al Dulaimi, siano veritiere e che gli "squadroni della morte" siano un fenomeno autonomo e marginale dell’ala più estremista del mondo sciita. Durante la visita lampo a Baghdad, del 15 maggio, di Condoleezza Rice è stato evidente l’accordo tra il governo di Ibrahim Jaafari (di cui lo Sciri è asse portante) e il segretario di Stato americano sulla necessità di aperture politiche e di sostanza nei confronti dei sunniti. Secondo indiscrezioni, Rice avrebbe addirittura chiesto a Jaafari, che però avrebbe rifiutato, di rinviare il processo contro Saddam Hussein "per non infiammare ulteriormente la situazione". Lo stesso Sistani ha lanciato più appelli per "la fratellanza fra sciiti e sunniti", sostenendo che è necessario "inserire i fratelli sunniti nel processo di redazione della Costituzione". E ieri ha ricevuto a Najaf il ministro degli Esteri iraniano Kamal Kharrazi. La visita segnala una svolta: Teheran sa che Sistani non intende importare in Iraq il modello di Repubblica islamica iraniano, ma oggi, dopo aver tentato più volte di ucciderlo – come hanno denunciato i più stretti collaboratori di Sistani – è costretto a riconoscerne autorità e prestigio. Invitiamo i lettori di Informazione Corretta ad inviare la propria opinione alla redazione de Il Foglio. Cliccando sul link sottostante si aprirà una e-mail già pronta per essere compilata e spedita.