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Il Foglio Rassegna Stampa
20.05.2005 Sermone antisemita alla televisione palestinese
è anche indice del caos politico nell'Anp

Testata: Il Foglio
Data: 20 maggio 2005
Pagina: 3
Autore: un giornalista
Titolo: «"Ebrei come l'Aids", un sermone dell'Anp imbarazza l'Anp»
IL FOGLIO di venerdì 20 maggio 2005 pubblica a pagina 3 un articolo sull'ultimo sermone antisemita trasmesso dalla televisione dell'Autorità nazionale palestinese, con un'analisi del suo significato politico.

Ecco il testo:

Ramallah. "Con la costruzione dello Stato d’Israele, l’intera nazione islamica era perduta, perché Israele è il cancro che si espande attraverso il corpo della nazione islamica, e perché gli ebrei sono il virus che assomiglia all’Aids del quale l’intero mondo sta soffrendo", con queste parole ha aperto il sermone del 13 maggio, sull’emittente dell’Anp, lo sceicco Ibrahim Mudeiris
da Gaza. Il ministro dell’Informazione palestinese, Nabil Sha’ath, ha detto, durante una conferenza stampa, di aver chiesto al ministero del Waqf e degli Affari religiosi di sospendere Mudeiris, "di indagarlo e di evitare che possa leggere nuovamente i sermoni del venerdì". "Ascolta il Profeta Mohammed, che ti racconta la fine malvagia che spetta agli ebrei. Le pietre e gli alberi vorranno che i musulmani finiscano ogni ebreo", conclude Mudeiris. Non è la prima volta che il canale palestinese trasmette dalle moschee nei territori messaggi d’incitamento all’odio, sebbene, durante la campagna per le presidenziali, la situazione sembrava aver assunto toni più pacifici. Il sermone del 3 dicembre 2004, alla presenza del rais Abu Mazen, letto dallo sceicco Muhammed Gamal Abu al Hunud, aveva infatti parlato di "riconoscere
l’altro", di rispettarlo e di essere tolleranti. Lo stesso Mudeiris, noto per i suoi sermoni contro Israele, aveva detto che era giunto il momento per "il grande jihad", ovvero quello dell’elevazione spirituale, in contrapposizione
col "piccolo jihad", inteso come guerra santa, per poi tornare recentemente
a dire che la tregua con Israele è soltanto un riposo dei combattenti e che nemmeno il Profeta Mohammed aveva combattuto due battaglie in un solo anno.
Un modo per capire la vera linea politica di un paese arabo è monitorare i libri di testo, i mass media e i sermoni delle moschee. Gli imam, infatti, pronunciano un discorso che è stato in precedenza letto dal ministero del Culto religioso, così avviene in Arabia Saudita come nell’Anp. In questo momento, lo sceicco Ikrimeh Sabri è a capo degli ulema e dei clerici musulmani. Una scelta poco felice per Israele, dato che Sabri ha elogiato più volte il "martirio" dei
palestinesi contro gli ebrei. Ai tempi di Yasser Arafat, i sermoni erano un continuo incitamento all’odio verso lo Stato ebraico. Esisteva però una maggiore rotazione dei predicatori. Lo sceicco Ahmad Abu Halabya, ai tempi del summit di Sharm el Sheik con l’ex premier Ehud Barak, diceva dal pulpito: "Un ebreo è un ebreo, che sia del (partito, ndr) laburista o del Likud". Youssef Abu Sneinah era invece tra gli imam più moderati, con un tono di voce pacato, ma appare sempre più di rado. Negli ultimi tempi, infatti, da quando Abu Mazen
è al potere, Mudeiris ha preso il sopravvento. "Il fatto che questo predicatore non sia stato ancora licenziato significa due cose – dice al Foglio Yigal Carmon, presidente del Middle East Media Research Institute, che negli ultimi anni monitora i sermoni palestinesi – Abu Mazen non ha né il controllo della televisione (e nemmeno vuole averlo: l’ha ceduto al ministero dell’Informazione,
ndr) né ha il potere di prendere decisioni contro l’incitamento all’odio. Il presidente palestinese parla contro il terrorismo, ma non ha il potere di imporre la sua autorità. All’inizio si era visto un cambiamento nei toni delle moschee. Il rais era più rispettato all’avvio del suo mandato. Ora la situazione è più caotica". Nei territori, infatti, si parla di "falatan", di
"fauda", ovvero di confusione generale. Abu Mazen, pertanto, ha preferito partire per un viaggio di venti giorni per mete esotiche, come il Brasile e il Cile. Per la commemorazione nazionale del Nakba (la catastrofe), il rais, che ha ribadito il diritto al ritorno dei rifugiati (forse nel cuore di Israele?), si trovava in Giappone e non a Ramallah, a differenza di Arafat che mai si sarebbe assentato durante quel giorno.
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