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Il Manifesto Rassegna Stampa
22.05.2005 Se sei imbarazzato su Cuba, cambia argomento e attacca Israele
manuale della disinformazione comunista

Testata: Il Manifesto
Data: 22 maggio 2005
Pagina: 8
Autore: Maurizio Matteuzzi
Titolo: «Se Fidel caccia i giornalisti in Bermuda»
Quando IL MANIFESTO non sa come difendere Cuba, tira in ballo Israele. Domenica 22 maggio 2005, così si conclude l'articolo di Maurizio Matteuzzi sull'arresto e l'espulsione di giornalisti italiani a Cuba:
Senz'altro Castro avrebbe fatto meglio a far entrare tutti, anche i giornalisti e gli eurodeputati che si presentavano in bermuda e sandali. Ma non é Bush né sono quei giornali e i loro illustri giornalisti a potersi indignare e dare lezioni di democrazia e diritti umani. non si ricorda tanta indignazione da parte loro per chi ha ordinato gli orrori dai Abu Ghraib, di Bagram e di Guantanamo; per chi ha coperto e protegge il terrorista assassino Posada Carrilles. Nè quando Israele caccia i giornalisti "non accreditati" e li tratta "ruvidamente" come è capitato al collega Battistini, di cui salutiamo con sincera gioia il ritorno a casa sano e salvo.
Per un certo periodo Israele ha condizionato la concessione di visti ai giornalisti ad accurati controlli dello Shin Beth, il servizio di sicurezza.
Questa decisione rispondeva ad esigenze di sicurezza, dato che si temeva che i visti fossero utilizzati anche da terroristi, ma rispondeva anche alla costante distorsione della realtà del conflitto operata dai media.
Ricordiamo, in merito, soltanto tre episodi: la falsificazione sulla vicenda di Mohammed El Dura, operata dai reporter e dagli operatori di France 2 (il bambino palestinese assurto a simbolo delle vittime della repressione israeliana non è sicuramente stato colpito dagli israeliani, i 27 minuti in più del filmato della sua morte, mai trasmessi, perché "troppo impressionanti" non esistono, e ci sono fondati sospetti che l'intera sequenza sia una messinscena), la falsificazione circa la battaglia di Jenin,, trasformata in un "massacro" dalla stampa internazionale, con tecniche di propaganda gobbelsiana, come documentato dal regista Pierre Rehov nel film "La strada per Jenin", e il caso Cristiano, il corrispondente Rai che scrisse una lettera a un giornale palestinese per garantire che lui non avrebbe mai reso pubblico il filmato dei linciaggio dei due israeliani a Rammallah, dato che aveva sempre lavorato in accordo con le regole dell'Anp. In quel caso, tra l'altro, emerse chiaramente la pratica dell'intimidazione dei giornalisti in uso dell'Anp: Cristiano, creduto responsabile della rottura dei "patti" censori, era stato malmenato.

In ogni caso, una sentenza della Corte suprema israeliana ha annullato il sistema dei controlli per i visti nel 2004.
Di fatto Israele garantisce un pieno accesso ai mezzi di informazione, a differenza di Cuba, dove la cappa di piombo della censura è totale, e va ben al di là dell'espulsione di un "giornalista in bermuda", come il quotidiano comunista definisce spregiativamente il "collega" Battistini.

Osserviamo anche che coloro che hanno "ordinato" abusi e torture ad Abu Ghraib e sono stati processati e condannati dalla autorità americane e altrettanto avverrà per Bagram. E non sono stati certo trattati bene dalla stampa.

Il doppio standard è piuttosto del MANIFESTO. E' a proposito di questo giornale che si potrebbe chiedere con quale diritto critichi Israele e gli Stati Uniti, vista la sua indulgenza nei confronti di Cuba e dell'Anp.

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