Se Israele si difende dal terrorismo, dà l'"assalto" alla tregua, "provoca" e "opprime" i palestinesi il quotidiano comunista continua a capovolgere la realtà
Testata: Il Manifesto Data: 05 maggio 2005 Pagina: 7 Autore: Michele Giorgio - Manlio Dinucci Titolo: «Israele all'assalto della tregua - Ora l'Italia sostiene l'oppressione dei palestinesi»
"Israele all'assalto della tregua": questo il titolo scelto dal MANIFESTO di giovedì 5 maggio 2005 per un articolo sulla sospensione del ritiro israeliano dalle città palestinesi ancora sotto il suo controllo, motivata dalla mancanza di progressi nella lotta al terrorismo da parte dell'Anp.
Il sottotitolo recita: "Sharon congela il ritiro dalle città palestinesi. Due giovani uccisi dai soldati a Ramallah", solo nel testo dell'articolo si apprende che i due stavano lanciando pietre. Non si legge da nessuna parte invece che erano insieme a circa 300 "manifestanti". Né che i soldati hanno inizialmente sparato proiettili di gomma e solo quando ha ritenuto che la vita dei suoi soldati fosse in pericolo il comandante della pattuglia israeliana ha ordinato di sparare in aria colpi di avvertimento con munizioni normali. I soldati hanno poi mirato alle gambe dei manifestanti. I due morti, secondo le fonti palestinesi, sono stati colpiti da proiettili di gomma nella parte superiore del corpo.L'esercito ha aperto un'inchiesta sull'accaduto. La morte dei due ragazzi infatti, è annunciata solo da fonti palestinesi. Che però per il MANIFESTO sono indiscutibili. Tutte queste notizie, assenti dalla cronaca del MANIFESTO, si trovano in quella del quotidiano israeliano di sinistra HAARETZ, on line a questo indirizzo:
Un riassunto dell'articolo recita: "In un clima di continue provocazioni da parte degli occupanti israeliani, 400mila abitanti della Cisgiordania andranno oggi alle urne per le elezioni amministrative. Hamas e Fatah provano a contarsi, in vista delle legislative". In realtà, come Informazione Corretta ha documentato nei giorni scorsi le continue "provocazioni" vengono dai terroristi, che continuano a organizzare attentati suicidi e a lanciare razzi qassam contro i civili israeliani.
Ecco l'articolo: Israele sospende il ritiro dalle città palestinesi. La decisione è stata ufficializzata ieri, con l'accoglimento da parte del gabinetto di sicurezza di una raccomandazione presentata dal ministro della difesa Shaul Mofaz. Nei mesi scorsi i soldati erano «usciti» solo da Gerico e da Tulkarem, due città dove da tempo non avevano una presenza stabile. La decisione di ieri sarebbe stata presa in risposta a un asserito mancato rispetto dell'impegno preso dall'Anp di disarmare i ricercati dell'Intifada. Se la diplomazia resta al palo, i bulldozer israeliani invece corrono veloci nei Territori occupati e non conosce soste la costruzione del «muro di separazione». Ieri, nel tentativo di impedire lo sradicamento di decine di ulivi nel villaggio di Bil'in (Ramallah) - dove sono in corso i lavori di un nuovo segmento del muro - un gruppo di pacifisti israeliani, «Anarchici contro la barriera», si sono legati con le catene agli alberi bloccando le ruspe. È andata molto peggio a due giovani palestinesi «colpevoli» di aver lanciato pietre contro i blindati israeliani a Beit Leqia (Ramallah): sono stati uccisi dai proiettili dei militari. Per Nabil Abu Rudeinah, consigliere del presidente Abu Mazen, «Israele sta facendo di tutto per far cadere la tregua raggiunta in febbraio a Sharm el Sheik». In questo clima, con i reparti corazzati israeliani che circondano ancora le città cisgiordane, oggi 400mila palestinesi andranno alle urne per scegliere i loro rappresentanti in 84 consigli municipali e distrettuali della Cisgiordania e della Striscia di Gaza: un test di grande importanza per Al-Fatah, il partito del presidente Abu Mazen, ma anche per Hamas, reduce da brillanti affermazioni ottenute nella prima fase delle amministrative (dicembre-gennaio) e che intende confermare la sua crescente popolarità. Andranno al voto comuni importanti come Qalqilia, Salfit, Betlemme, a località vicine a Gerusalemme est e decine di altri villaggi della Cisgiordania, nonché a otto centri di Gaza, tra cui Rafah e Beit Lahya. I candidati, presenti in liste civiche sostenute dai partiti, sono 2.519, di cui 399 donne. «Il risultato potrebbe essere decisivo per le sorti di Al-Fatah, che deve correggere gli errori fatti e avviare il rinnovamento interno, fondamentale per vincere le legislative di luglio», ha affermato l'analista Zakaria Al-Qaq. Hamas punta ad ottenere una buona affermazione in roccaforti storiche di Al-Fatah, come Betlemme o Qalqilya. Un eventuale successo degli islamisti potrebbe indurre Al-Fatah, e quindi l'Anp, a considerare un rinvio delle legislative in modo da impedire che Hamas prenda il controllo del Consiglio legislativo palestinese. Sono voci ben fondate visto che l'iter parlamentare della nuova legge elettorale si è di nuovo bloccato - proprio per l'ostruzionismo dei deputati di Al-Fatah - e se non si arriverà alla approvazione entro due-tre settimane, lo slittamento del voto sarà tecnicamente inevitabile. Nei giorni scorsi la commissione competente del Clp aveva approvato il testo della nuova legge elettorale che prevede, tra i suoi punti principali, l'introduzione di un sistema misto - 2/3 dei seggi da assegnare con il maggioritario e 1/3 con il proporzionale - e almeno il 20% dei seggi garantito alle donne che si candideranno. Quando mancava solo il «sì» definitivo dell'assemblea, si è fermato tutto e la possibilità di un rinvio del voto di luglio si è fatta concreta. La vecchia guardia di Al-Fatah continua a ripetere che votare dopo il ritiro israeliano da Gaza (tra luglio e agosto), farà gli interessi del partito che potrà darsi il merito di aver «costretto» Sharon a richiamare coloni e soldati. Una tesi che non convince i dirigenti più giovani che chiedono riforme interne concrete e non espedienti politici nella sfida elettorale e sociale in corso con Hamas. "Ora l'Italia sostiene l'oppressione dei palestinesi" è il fazioso titolo dellìarticolo di Manlio Dinucci sull'accordo di cooperazione militare e nella lotta al terrorismo tra Italia e Israele, approvato dal Parlamento.
Nell'articolo, anche una lista dei "reprobi" di centrosinistra che hanno fatto in modo, sostiene il quotidiano comunista, di non partecipare alla votazione, e dei "meritevoli" che hanno argomentato contro l'accordo.
Ecco il testo: Appena un quarto d'ora: questo è il tempo che la camera ha impiegato l'altroieri per approvare il disegno di legge n. 5592 per la ratifica ed esecuzione del Memorandum d'intesa italo-israeliano in materia di cooperazione nel settore militare e della difesa. Un quarto d'ora per rendere esecutivo quello che i ministri degli esteri, Gianfranco Fini, e della difesa, Antonio Martino, hanno definito «un preciso impegno politico assunto dal governo italiano in materia di cooperazione con lo stato d'Israele nel campo della difesa»: un accordo quadro quinquennale (che però può essere rinnovato automaticamente) che comprende l'interscambio di materiale di armamento, l'organizzazione delle forze armate, la formazione e l'addestramento del personale militare, la ricerca e sviluppo in campo militare. Un quarto d'ora per far sì che alte tecnologie italiane possano essere segretamente utilizzate per potenziare le forze nucleari di Israele (che non aderisce al Trattato di non-proliferazione) e per rendere ancora più letali le armi usate dall'esercito israeliano nei territori palestinesi occupati dal 1967; per vanificare la legge 185 sul controllo del commercio di armi, dato che non sarà possibile controllare la natura e destinazione degli armamenti prodotti ed esportati nel quadro dell'accordo.
Il disegno di legge è passato con 178 favorevoli, 139 contrari e quattro astenuti. L'opposizione ha compiuto un passo avanti rispetto al senato, dove il memorandum d'intesa era stato approvato il 2 febbraio con 170 favorevoli, 18 contrari e quattro astenuti. Ciò grazie al fatto che i gruppi Democratici di sinistra-L'Ulivo e Margherita-DL-L'Ulivo si erano schierati con il centro-destra. Alla camera hanno invece votato contro, insieme a Rifondazione comunista, Comunisti italiani e Verdi (già oppostisi in senato). Le argomentazioni contrarie sono state esposte da Ramon Mantovani (Rc), Laura Cima (Verdi-L'Unione), Sergio Mattarella (Margherita DL-L'Ulivo), Valdo Spini (Democratici di sinistra-L'Ulivo). In rappresentanza del governo di centro-destra ha parlato Margherita Boniver, sottosegretario di stato per gli affari esteri. Dato lo sfavorevole rapporto numerico, l'opposizione si è vista respingere perfino un ordine del giorno che impegnava il governo a presentare una relazione annuale sulle attività progettate e realizzate nel quadro dell'accordo.
Nonostante ciò, va sottolineato, è stato lanciato un significativo segnale politico al governo Berlusconi. Non si può però dire che il centro-sinistra abbia imboccato in politica estera una via realmente alternativa rispetto a quella del centro-destra. È vero che il gruppo Democratici di sinistra-L'Ulivo ha ribaltato in questo caso la posizione assunta al senato. Ma è anche vero che autorevoli esponenti del gruppo hanno fatto in modo di non votare: tra questi Luciano Violante (presidente, ufficialmente assente perché «in missione»), Famiano Crucianelli, Marco Minniti, Umberto Ranieri, Livia Turco, Piero Fassino.
Forse il segretario nazionale dei Ds, Piero Fassino, aveva cose più importanti da fare. Ma può darsi anche che si sia volutamente sottratto al voto in previsione dell'annunciato viaggio in Israele insieme a Prodi e Veltroni, durante il quale dovrebbe incontrare il primo ministro Ariel Sharon. Se questi gli chiederà come ha votato sull'accordo militare Italia-Israele, potrà sempre dire: io non c'ero. Invitiamo i lettori di Informazione Corretta ad inviare la propria opinione alla redazione del Manifesto. Cliccando sul link sottostante si aprirà una e-mail già pronta per essere compilata e spedita.