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La Stampa Rassegna Stampa
29.04.2004 La strategia mediorientale di Vladimir Putin
l'analisi di Fiamma Nirenstein, la cronaca di Aldo Baquis

Testata: La Stampa
Data: 29 aprile 2004
Pagina: 10
Autore: Fiamma Nirenstein - Aldo Baquis - la redazione
Titolo: «Una visita «storica» tra ricatti e sorrisi - Putin blocca la vendita di missili alla Siria - Sharnsky non c'era»
LA STAMPA di venerdì 29 aprile 2005 pubblica un 'analisi di Fiamma Nirenstein sulla visita del presidente russo Vladimir Putin in Israele.

Ecco l'articolo,"Una visita «storica» tra ricatti e sorrisi":

Era un ragazzo tranquillo, troppo tranquillo per essere così giovane». L’antica maestra di tedesco di Vladimir Putin, Mina Yuditskaya, felice e tuttavia pensosa su quel ragazzo, oggi quasi un nuovo zar di Russia che non vede da 32 anni, così esprime il suo sospetto sul presidente in visita in Israele, e si prepara alla cena di gala con un vestito nuovo. Visita felpata, a doppio taglio segreto, storica e pericolosa, sorridente e minacciosa. Nessuno lo sente così chiaramente come i russi d’Israele, quasi un quarto della popolazione del Paese, molti ex refusenik, immigrati alla caduta del comunismo. Con stupefatta ansia sono quelli che forse meglio di tutti capiscono bene il grande giuoco di Putin, la posta di questa visita. E gioiscono e si angosciano sospettosi.
La visita è in sé e per sé storica, e quindi un segnale positivo: un presidente russo da queste parti non si era mai visto; si era visto, dopo un primo momento di consenso nel ‘48 all’ONU, solo il totale fiancheggiamento dei Paesi Arabi tipico della Guerra Fredda, accompagnato, specie dal ‘67, da teorie che perdurano fino ad oggi su Israele come longa manus americana imperialista. Si era visto il sostegno sovietico senza mezzi termini di tutti i nazionalismi panarabisti e socialisti, e la vendita di armi (semigratuita) a Egitto, Siria, a tutti gruppi terroristi in guerra con Israele. Dunque un segnale di distensione mondiale di per sé, segnale all’America e all’Europa, che Putin abbia visitato nottetempo il muro del pianto, abbia detto «toda rabba»(grazie mille) e shalom, mentre Sharon, russo di origine, gli parlava invece in russo. Del resto i rapporti fra Russia e Israele sono ottimi sia nel campo dell’intelligence sul terrorismo che in quello economico. E poi, ci sono troppi russi qui perché Putin possa giocare sulla loro pelle, specie in tempi di accanito antisemitismo in Russia.
Ma il presidente russo non viene adesso per caso: sbarca in Medio Oriente, percorrendo la strada Egitto-Israele-Palestinesi, in pieno rivolgimento democratico ispirato, a volte con le buone a volte con le armi, dagli USA. Putin dà chiari segnali di avere mangiato la foglia: se resta fuori adesso, proprio alla vigilia del consolidamento democratico in Iraq, delle elezioni in Egitto e di un possibile ritorno a una road map israelo-palestinese dopo lo sgombero da Gaza, rischia di non tornare in giuoco. E ha già dichiarato che «l’assenza della Russia dal Medio Oriente sarebbe una jattura per il mondo». Quindi, ecco l’impronta dell’orso: visita in Israele baldanzosamente, pronto però a recedere dall’annuncio di un’eventuale conferenza internazionale a Mosca sul Medio Oriente, buttata là come un segnale di concorrenza agli Usa parlando con Mubarak, e subito rimangiata in segno di buona volontà. E’ di buon carattere, non vuole fare dispetti: non è gradita, non la nomina più.
Conferma invece la sua determinazione sul cuore del problema: l’aiuto sia all’Iran per il nucleare che alla Siria per l’aggiornamento del suo esercito con la vendita d’armi, cioè rivendica di fatto una totale autonomia di giudizio su quelli che gli Usa definiscono Stati dell’«asse del male». Però vuole essere partner internazionale gentile, e quindi assicura che la Russia si impegnerà persino nel Consiglio di sicurezza dell’ONU se l’Iran dovesse sgarrare dall’uso non bellico del nucleare; e alla Siria, dice, venderà solo missili a breve raggio che guai dovessero passare («ma, per carità, non c’è pericolo», dice Putin l’ingenuo) agli hezbollah. Insomma, ha fatto con Israele un poderoso doppio giuoco dedicato a nuora perché suocera, ovvero gli USA, intenda: siamo amici, non vogliamo restare fuori dal giro mediorientale che è il più caldo, ricordatevi che qui noi abbiamo amici più vecchi di voi che erano vassalli di un impero e possono divenirlo di nuovo, dato che ormai per la Russia è tempo di recuperare un grande ruolo mondiale.
Ecco invece la cronaca di Aldo Baquis, che ha un titolo, "Putin blocca la vendita di missili alla Siria", impreciso.
Putin ha infatti solo assicurato che la Russia non venderà alla Siria i missili Iskander, confermando invece la vendita dei Sa-18.


Il presidente Vladimir Putin - che ieri ha cominciato la prima visita di un capo del Cremlino a Gerusalemme - ha assicurato i dirigenti israeliani che fintanto che sarà lui alla guida della Russia non consentirà mai che armi russe minaccino lo Stato ebraico. «Per quanto concerne la lotta al terrorismo, siamo alleati strategici», ha rilevato Putin. «E poi il 25 per cento degli israeliani hanno radici russe», ha aggiunto dopo che lo stesso premier Ariel Sharon gli aveva dato il benvenuto in russo, la lingua appresa in casa dai genitori: «Non ho certo intenzione di esporvi a pericoli».
Certamente consapevole dell’esistenza di problemi gravi nelle relazioni fra i due Paesi - in particolare per i contatti militari di Mosca con Siria ed Iran - Putin è ricorso in abbodanza al proprio charme. Non è bastato a convincere gli israeliani ad accettare il suo progetto per una Conferenza di pace in autunno a Mosca - vista la opposizione israeliana, si svolgerà forse solo a livello di esperti - ma ha consentito di svolgere la intera visita in un clima caloroso. Già all’arrivo, nella serata di giovedì, Putin ha visitato il Muro del Pianto di Gerusalemme e il Santo Sepolcro, dova ha ribadito che la Russia mantiene un vivo interesse per i Luoghi Santi di Gerusalemme. Ieri ha anche dedicato due ore ad una visita al nuovo Museo dell’Olocausto Yad va-Shem di Gerusalemme.
«Ho accompagnato decine di importanti ospiti stranieri, nessuno mi è mai apparso talmente emozionato quanto lui», ha constatato un dirigente di Yad va-Shem, l’ex presidente della Knesset Shevach Weiss. In particolare Putin è rimasto di pietra di fronte alle commoventi immagini dei soldati della Armata Rossa, ripresi mentre liberano gli internati dei lager nazisti di Auschwitz-Birkenau, in Polonia. Qualcuno afferma di averlo visto farsi il segno della croce. In precedenza Sharon gli aveva detto: «Il popolo ebraico in Israele e nel mondo non dimenticherà mai i sacrifici e gli sforzi compiuti dal popolo e dalle forze armate russe per liberare i campi di sterminio».
Ma quando israeliani e russi hanno cominciato a parlare di traffici di armi, parte del calore si è dissipato. Israele ha obiettato sia all’assistenza scientifica russa ai progetti nucleari in Iran («Un Iran con potenziale bellico nucleare spaventerebbe anche noi», ha replicato il presidente) e per le forniture di armi alla Siria. Sulla vendita di razzi Iskander, che hanno una gittata di 300 chilometri, Putin ha detto di aver posto un veto assoluto. Ha invece autorizzato la vendita a Damasco dei razzi Sa-18 «perché hanno un carattere difensivo».
A questo punto Putin ha anche rilevato piccato che complessivamente le vendite di armi verso il Medio Oriente assommano a 9 miliardi di dollari. I soli Stati Uniti si staccano da soli una fetta di quasi 7 miliardi, mentre le vendite russe sono di circa mezzo miliardo. «Allora perché la inquietudine degli israeliani si concentra sui missili alla Siria?», ha chiesto.
Altri dissensi sono stati rilevati per la fornitura di mezzi blindati all’Autorità nazionale palestinese. Sharon ha subito posto un veto, visto che a suo parere gli agenti di Abu Mazen non hanno nemmeno iniziato a smantellare i gruppi armati della intifada. Il premier israeliano ha invece espresso un nulla osta per la fornitura ad Abu Mazen di due moderni elicotteri civili, che gli faciliteranno gli spostamenti in Cisgiordania e verso Gaza.
Nell’incontro con il presidente Moshe Katzav, Putin ha sottoscritto un documento in cui Israele e Russia si impegnano a coordinare gli sforzi per la lotta al terrorismo e per combattere l’antisemitismo. Il presidente russo, in ripetute occasioni, ha ribadito il proprio impegno personale su questo fronte. «Provo profondo dolore per le vittime della Shoah», ha scritto nel libro degli ospiti di Yad va-Shem: «Una tragedia del genere non dovrà mai più ripetersi. Proviamo gratitudine verso quanti preservano la memoria dell’Olocausto, affinché le generazioni future non dimentichino».
Oggi a Ramallah Putin renderà omaggio alla tomba di Yasser Arafat, per poi incontrare il presidente Abu Mazen, considerato un tradizionale amico della Russia. In Israele il presidente russo ha lasciato numerose attestazioni di buona volontà. Ma se l’obiettivo della visita era di garantire alla Russia un ruolo di attore di primo piano in Medio Oriente, non è sicuro che la tappa di Gerusalemme abbia sortito gli effetti sperati.
Infine, un trafiletto sull'assenza di Natan Sharansky al ricevimento ufficiale in onore di Vladimir Putin.

Ecco l'articolo:

Il ministro israeliano Nathan Sharansky, ex dissidente sovietico, ha disertato il ricevimento ufficiale in onore di Vladimir Putin. Sarà invece impegnato in un «weekend di solidarietà» con i coloni di Gaza, ma il quotidiano Ha’aretz fa capire che il vero motivo dell’assenza sia la posizione critica che il ministro ha verso il presidente russo. Sharansky, che era stato in carcere in Urss per aver rivendicato il diritto degli ebrei a emigrare in Israele, ha elencato la Russia tra i tre Paesi dove è in corso una ripresa di antisemitismo
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