Il terrorismo di Hamas e l'alleanza tra Russia e Siria pericoli vecchi e nuovi in Medio Oriente
Testata: La Stampa Data: 26 aprile 2005 Pagina: 8 Autore: Aldo Baquis - un giornalista Titolo: «Abu Mazen: dopo il voto Hamas deve disarmare - Putin da oggi in Medio Oriente per rilanciare il ruolo di Mosca»
LA STAMPA di martedì 26 aprile 2005 pubblica a pagina 8 l'articolo di Aldo Baquis "Abu Mazen: dopo il voto Hamas deve disarmare", che riportiamo:
Impegnato in una difficile riforma dei servizi di sicurezza, il presidente palestinese Abu Mazen si è ieri recato a Gaza sostenendo un severo confronto politico con gli integralisti di Hamas. Sul tavolo ci sono questioni scottanti: la richiesta dell'Anp che Hamas deponga le armi dopo le elezioni politiche di luglio, la volontà di Hamas di partecipare all’amministrazione della Striscia e dei beni abbandonati da Israele, la questione del ritorno a Gaza di dirigenti islamici della diaspora, fra cui Khaled Mashal e Mussa Abu Marzuk. Su quest'ultimo punto Anp e Hamas sostanzialmente concordano: Israele non deve più avere potere di veto sullo spostamento dei palestinesi. A ritiro concluso - questa è la posizione dell'Anp - i valichi di ingresso dovranno passare in mani palestinesi, così come le acque territoriali e lo spazio aereo. Inoltre sarà necessario un corridoio terrestre con la striscia di Gaza. Per Israele, che da quattro anni lotta sistematicamente contro il contrabbando di armi dal Sinai e dal mare verso Gaza, queste richieste rappresentano un incubo. Ancora in questi giorni le autorità israeliane sono state costrette a chiudere tutti i valichi in quanto all'intelligence risulta che (tregua, o non tregua) cinquanta attentati siano in fase avanzata di realizzazione. Non è però escluso che in una fase iniziale i valichi possano essere affidati a una terza forza: ad esempio, a militari della Nuova Zelanda. Sulla neutralizzazione dei gruppi armati dell’Intifada Abu Mazen ha cercato ieri di mostrare polso. Dopo le elezioni del 17 luglio si aspetta «che una milizia che si trasforma in un partito si renda conto di non aver più necessità delle armi». Il suo obiettivo è: «Una sola Autorità, una sola legge, un solo braccio armato legale». Parole che hanno infastidito Hamas. Sami Abu Zuhri, un portavoce, ha subito replicato che in quattro anni di scontri con l'esercito israeliano «I gruppi della resistenza armata hanno saputo fare meglio delle forze regolari dell'Anp». Il momento di deporre le armi, ha aggiunto, verrà solo «quando l’occupazione di tutte le terre palestinesi sarà cancellata». Infine, ha sottolineato, anche al-Fatah dispone di milizie armate (le Brigate dei martiri di al-Aqsa, le Brigate del Ritorno, le Brigate Abu Rish e altre formazioni minori) e Abu Mazen «non può sperare di disarmare Hamas se non disarma al-Fatah». Ma la questione del ritiro ha innescato ai vertici palestinesi un conflitto ancora più sordo: quello della spartizione delle colonie e delle basi israeliane che si estendono su un terreno pari al 13 per cento della Striscia. Hamas ha proposto che la gestione, a ritiro concluso, sia affidata a un Comitato in rappresentanza dei gruppi che hanno preso parte alla lotta armata. Anche perché nell'Anp - fa notare - corruzione e nepotismo sono fenomeni comuni e quei beni sarebbero presto dilapidati. Ma su questo punto Dahlan è stato inamovibile: sarà l'Anp, da sola, a gestire Gaza dopo il ritiro. Ogni soluzione diversa, a suo parere, indebolirebbe il popolo palestinese. Sempre da pagina 8 l'articolo: "Putin da oggi in Medio Oriente per rilanciare il ruolo di Mosca":
Egitto, Israele, Territori palestinesi: il presidente russo Vladimir Putin avvia oggi una visita di tre giorni in Medio Oriente, deciso a riaffermare il ruolo russo nella regione e a mettere in atto un tentativo di rilanciare le alleanze «naturali» nella regione, affiancandole a un avvicinamento a Israele nel nome della guerra al terrorismo. È il primo capo di stato russo - epoca sovietica compresa - in visita ufficiale in Israele. Una missione definita «storica» da molti commentatori e illustrata con forti accenti anche dal consigliere diplomatico del Cremlino, Serghiei Prikhodko. «Progettata da tempo», secondo il consigliere, la visita era stata più volte differita per l'inquieta situazione della regione mediorientale. Sono previste tappe in Egitto (dove l'ultimo leader supremo di Mosca era stato 40 anni fa, ancora in piena epoca sovietica e nasseriana), in Israele e nei territori palestinesi: Putin avrà in particolare colloqui con il presidente egiziano Hosni Mubarak, il premier israeliano Ariel Sharon, il presidente palestinese Abu Mazen e con il segretario generale della Lega Araba, Amr Moussa. Molto attesi sono gli incontri che Putin avrà nello Stato ebraico, un Paese con cui la Russia postcomunista, superati gli atteggiamenti ideologicamente e politicamente ostili della vecchia Urss, ha intensificato enormemente i rapporti negli ultimi 15 anni: anche sullo sfondo di un forte interscambio migratorio caratterizzato ormai da un continuo andirivieni e dal crescente flusso di rientro in Russia di ebrei di radici russe emigrati in precedenza in Israele. Con una buona dose di ambiguità: la settimana scorsa ha confermato di persona l'accordo per la vendita di missili anti-aerei alla Siria. Membro del Quartetto per il Medio Oriente e tradizionale interlocutore dei palestinesi, la Russia riconosce con questa visita che Israele è un interlocutore imprescindibile ma vi affianca una visita nei Territori palestinesi, che molti leader occidentali evitano di accodare a colloqui ufficiali a Gerusalemme. Invitiamo i lettori di Informazione Corretta ad inviare il proprio parere alla redazione de La Stampa. Cliccando sul link sottostante si aprirà una e-mail già pronta per essere compilata e spedita.