La salvezza dei dittatori è attaccare Israele, Gianni Minà lo spiega all'amico Fidel sul quotidiano comunista
Testata: Il Manifesto Data: 17 aprile 2005 Pagina: 7 Autore: Gianni Minà Titolo: «Le distrazioni dei media sulle censure dell'Onu a Israele»
IL MANIFESTO di domenica 17 aprile 2005 pubblica a pagina 7 un articolo di Gianni Minà, che istituisce un confronto tra la copertura mediatica della censura a Cuba da parte della Commisione dei diritti umani dell’Onu e la concomitante censura, o come preferisce Minà "pesantissima condanna" a Israele. Secondo il massimo apolegeta italiano della dittatura caraibica (dell’"isola della revolucion", come scrive lui senza pudore) i media italiani si occupano, figuriamoci, molto più di criticare Cuba che Israele.
E’ interessante analizzare da vicino le accuse rivolte a Israele dalla commisione Onu e le maggioranze che le hanno votate. "La prima risoluzione" scrive Minà "riguardante la violazione di diritti umani nei territori arabi occupati della Palestina, inclusa Gerusalemme Est ha avuto 39 voti a favore (quasi tutti del sud del mondo, africani, asiatici, in particolare arabi, e latinoamericani), 2 contrari (Stati Uniti e Australia) e 12 astenuti fra cui l’Italia, ma anche Germania, Gran Bretagna, Olanda e Canada. In particolare la condanna si concentra sulla costruzione del muro da parte di Israele e fa cenno all’annuncio dato da Tel Aviv il 25 marzo scorso del progetto di costruzione di altre 3500 unità abitative a Maale Adumim, ulteriore atto d’annessione da parte di Israele". Dunque la prima condanna viene pronunciata dall’Onu contro Israele, con l’entusiastico sostegno di dittature del terzo mondo tra le quali primeggiano quelle arabe, per la sua pretesa di proteggersi dal terrorismo con la barriera difensiva e per un progetto di ampliamento di un insediamento che riguarda semmai i diritti nazionali e territoriali configgenti di israeliani e palestinesi e non i diritti umani. La seconda, che ha avuto 29 voti favorevoli "sempre in prevalenza del sud del mondo" riguarda "l’uso della forza dell’esercito israeliano contro i civili palestinesi", vale adire una deliberata menzogna, giacché l’esercito israeliano non ha come obiettivo i civili palestinesi. La risoluzione è anche un esempio di cinico ribaltamento della realtà, dato che è il terrorismo palestinese a colpire intenzionalmente civili israeliani innocenti. L’ultima condanna riguarda la "persistente occupazione dei territori siriani del Golan", chiaramente una questione che non ha nulla a che vedere con i diritti umani.
L’articolo, però, non si fonda sulle cattive ragioni della condanna Onu a Israele. No, quel che Minà fa ha una portata molto più generale. Indica un metodo, una strategia di difesa valida per tutte le dittature che ancora resistono del mondo: quando vengono messe alle strette per i loro crimini possono sempre giocare la carta di un comodo capro espiatorio. Israele appunto. Del resto, proprio questo è stato per anni il mezzo attraverso cui i regimi arabi hanno difeso e consolidato il loro potere, canalizzando il malcontento creato dalla loro inefficienza, dal loro autoritarismo e dai loro crimini contro un nemico esterno dipinto come diabolico. E’ un trucco che, come dimostrano le lotte per la libertà e la democrazia che iniziano scuotere il Medio Oriente, non funzionerà ancora per molto in quella regione. Ma che qualcuno vorrebbe importare in Italia di seconda mano, a quanto pare.
Ecco l'articolo: La rituale censura a Cuba voluta dagli Stati Uniti in occasione della 61ma sessione della Commissione diritti umani dell’Onu ha aiutato la grande stampa occidentale a nascondere la pesante condanna inferta a Israele dallo stesso organismo delle Nazioni Unite. Il Corriere della Sera, per esempio, si è dimenticato di citarla, pubblicando solo la scarna notizia della votazione nella quale la risoluzione perorata dalla Casa Bianca contro Cuba e passata perchè le nazioni europee, per votarla, avevano ottenuto un testo più blando, ha avuto 21 voti a favore, 17 contro e 15 astenuti. La Repubblica invece ne ha dato notizia con poche righe sottratte all’atto d’accusa contro la revolucion, definendo ´censuraª quella che invece verso Israele Ë stata una pesantissima condanna in tutti e tre gli argomenti nei quali era stata suddivisa la risoluzione contro la politica del governo Sharon nei Territori occupati. Mi chiedo: secondo quale valutazione giornalistica un evento annunciato, unilaterale e discutibile che colpisce Cuba ha più rilevanza di una severa riprovazione comminata da una commissione dell’Onu a Israele per comportamenti recenti e inquietanti verso un’altra popolazione? Venerdì scorso, dopo il seminario organizzato alla Università Valdese dall’Associazione Italia-Cuba, sul piano reso noto dal Dipartimento di stato Usa per favorire un cambio politico ´rapido e drasticoª nell’isola della revolucion, mi sono intrattenuto con Bruce Jackson, docente di cultura americana all’università di Buffalo, che sul questo ha scritto un saggio. Ora sta facendo uno studio sui giornalisti uccisi in Iraq dalle ´forze di liberazioneª, ma da tempo lavora anche sulla deriva delle strutture di intelligence e poliziesche degli Stati Uniti che hanno portato a far scomparire quasi tremila cittadini per le leggi anti-terrorismo varate dopo lí11 settembre 2001. Di questo scabroso argomento hanno parlato, negli ultimi due anni, il ministro della giustizia Ashcroft (´Su molti di questi prigionieri non abbiamo prove,ma per la sicurezza del paese li continuiamo a tenere segregatiª), e perfino Bush con freddo cinismo (´Molti di loro non ci possono più nuocereª). Eppure Bruce Jackson mi raccontava di essere stato investito quella mattina da un giornalista italiano con una domanda singolare: ´Lei afferma che ora nel suo paese ci sono 3000 desaparecidos. Mi dia le proveª. Bruce era rimasto allibito: ´Ho dovuto rispondergli che le prove le sto cercando pure io da studioso universitario, come ho scritto su Latinoamerica, ma che era lui che avrebbe dovuto da tempo indagare e chiedere al governo Usa ragione di quelle decisioni ed esternazioni. Il tuo collega però mi ha risposto che allora l’intervista con me non gli interessavaª. Un comportamento bizzarro, figlio di un clima di assoluto asservimento al governo di Washington che fa apparire fastidioso chiunque metta in discussione le ´impreseª del governo di Bush jr. Un clima figlio anche di una spudorata ipocrisia che ha spinto l’Italia di Berlusconi (con l’aiuto dei Ds) insieme alla Spagna di Aznar a farsi promotrice, due anni fa, delle sanzioni dopo le fucilazioni a Cuba per tre dei sequestratori del ferry boat di Regla, ignorando la strategia della tensione messa in atto all’epoca contro l’isola dal Dipartimento di Stato Usa. Qualche mese fa il realismo politico della nuova Spagna di Zapatero, che rifiutava questa doppia morale verso Cuba, ha convinto anche l’Italia a congelare le sanzioni (anche culturali) verso l’isola, ma non le ha fornito il coraggio di andare oltre la richiesta di un testo blando di censura (l’invito all’Avana di accettare la visita dell’inviata Onu, la giurista francese Christine Chanet). E’ lo stesso atteggiamento di altri paesi dell’Unione Europea ostaggio di questa ipocrisia, mentre un raggruppamento di paesi africani ed asiatici - Egitto, Eritrea, Sud Africa, India, con Cina e Russia - votano contro il richiamo a Cuba, e Argentina, Brasile, Ecuador, Paraguay, Repubblica Dominicana e perfino il Per¢ del presidente molto ´americanoª Toledo, a conferma di un nuovo vento politico latinoamericano, si astiene, pur avendo un contenzioso economico e politico non indifferente con gli Stati Uniti. Particolari però non-interessanti per le pagine degli esteri di molti media del nostro paese, cosÏ come la pesante condanna di Israele. La prima risoluzione (E/Cn.4/2005/L.2/Rev.1) riguardante la violazione dei diritti umani nei territori arabi occupati della Palestina, inclusa Gerusalemme Est ha avuto 39 voti a favore (quasi tutti paesi del sud del mondo, africani, asiatici, in particolare arabi, e latinoamericani), 2 contrari (Stati Uniti e Australia) e 12 astenuti fra cui l’Italia, ma anche Germania, Gran Bretagna, Olanda e Canada. In particolare la condanna si concentra sulla costruzione del muro da parte di Israele e fa cenno all’annuncio dato da Tel Aviv il 25 marzo del progetto di costruzione di altre 3500 unità abitative a Maale Adumim, ulteriore atto d’annessione da parte di Israele. La seconda risoluzione (E/Cn.4/2005/L.4), ancora più delicata, si riferisce alle effettive violazioni personali dei diritti umani verso la popolazione palestinesi nei Territori occupati. La Commissione ha condannato l’uso della forza dell’esercito israeliano contro civili palestinesi, che ha causato ingenti perdite di vite umane, numerosi feriti e distruzioni massive di case, proprietà e infrastrutture vitali. Questa volta i voti a favore della risoluzione sono stati 29, sempre in prevalenza di paesi del sud del mondo, quelli contrari 10 (fra questi l’Italia e molti paesi europei). 14 le astensioni. L’ultima condanna per Israele Ë venuta con il provvedimento (E/Cn.4/2005/L.15) per la persistente occupazione dei territori siriani del Golan, che fa riferimento alla risoluzione 497 dell’Assemblea Generale del Consiglio di Sicurezza dell’Onu, votata nel 1981 e mai rispettata dai governi che si sono succeduti a Tel Aviv. Quella risoluzione dichiarava nulla e senza validità giuridica internazionale l’occupazione di questo territorio e diffidava Israele dal ´mutare il carattere fisico, la composizione demografica, la struttura istituzionale e lo stato legale del Golan siriano occupatoª e gli intimava di far tornare i profughi dispersi. Ora la Commissione Onu chiede a Israele di desistere dall’imporre l’identità israeliana ai cittadini di quelle terre occupate, dalle misure repressive e da tutte le altre pratiche illegali segnalate da uno speciale Comitato di investigazione. Come sono potute sfuggire queste notizie alla grande stampa e ai network del mondo che si autodefinisce democratico? Invitiamo i lettori di Informazione Corretta ad inviare la propria opinione alla redazione del Manifesto e a Gianni Minà. Cliccando sul link sottostante si aprirà una e-mail già pronta per essere compilata e spedita.