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La Stampa Rassegna Stampa
14.04.2005 L'Iran al punto di non ritorno nella corsa all'arma atomica
la denuncia del premier israeliano Sharon

Testata: La Stampa
Data: 14 aprile 2005
Pagina: 13
Autore: Paolo Mastrolilli
Titolo: ««Iran al punto di non ritorno sul nucleare»»
LA STAMPA di giovedì 14 aprile 2005 pubblica un articolo di Paolo Mastrolilli sulle indiscrezioni del New York Times circa la discussione, durante il vertice tra Bush e Sharon, del pericolo atomico iraniano.

Ecco l'articolo:

Lunedì scorso, al pranzo con il presidente americano Bush nel suo ranch del Texas, il premier israeliano Sharon ha portato una cartellina con le foto delle strutture nucleari iraniane. Poi, mostrandole sulla tavola, ha aggiunto: «Sono molto vicini al punto di non ritorno».
La questione dei programmi atomici di Teheran è nell'agenda internazionale da mesi, ma Sharon ha approfittato del vertice con Bush per creare un senso di urgenza. I due, secondo fonti presenti all'incontro citate dai media americani, non hanno ancora discusso l'opzione militare, e il leader dello Stato ebraico ha detto che «una nostra azione unilaterale non è un’opzione». Sharon però ha avvertito che la mediazione europea sta fallendo e ha chiesto di portare subito il problema davanti al Consiglio di Sicurezza dell'Onu, per far approvare sanzioni contro il regime degli ayatollah. Il capo della Casa Bianca ha condiviso la preoccupazione del suo ospite, ma poi il portavoce Scott McClellan ha ribadito che «gli Stati Uniti continuano ad appoggiare gli sforzi diplomatici per risolvere la questione in maniera pacifica».
Le immagini dei siti nucleari sono state illustrate dal generale Yaakov Galant, consigliere militare di Sharon. Alcune erano foto satellitari, altre forse erano state scattate direttamente sul terreno dagli agenti segreti del Mossad. Secondo gli esperti di intelligence che le hanno viste, non contenevano grandi novità per la Cia: Washington era e resta convinta che Teheran stia sfruttando la copertura dei programmi atomici civili per costruire delle bombe. Il problema in discussione, invece, è quello dei tempi, e quindi delle possibili soluzioni. Il premier israeliano ha detto che «l'Iran è molto vicino al punto di non ritorno», intendendo il momento in cui avrà tutta la tecnologia necessaria per realizzare l'ordigno nucleare, e non la testata già pronta. Inoltre, secondo il nuovo presidente ucraino Viktor Yushchenko, i suoi predecessori avrebbero venduto alla Repubblica islamica dei missili capaci di trasportare testate atomiche.
Ma durante una testimonianza rilasciata il 16 febbraio scorso al Congresso, l'ammiraglio Lowell Jacoby, direttore della Defense Intelligence Agency americana, ha detto che «se non sarà fermata da un accordo di non proliferazione, Teheran probabilmente raggiungerà la capacità di produrre armi nucleari all'inizio del prossimo decennio». Una valutazione anche più prudente di quella fatta dal direttore dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica, Mohamed El Baradei, secondo cui nel caso peggiore l'Iran potrebbe avere la bomba tra due o tre anni.
Quanto ai missili, secondo Jacoby gli ayatollah sono già in grado di colpire Tel Aviv, e «per il 2015 potrebbero avere la capacità tecnica di costruire vettori balistici intercontinentali, anche se non è ancora sicuro che abbiamo deciso di realizzarli».
In sostanza, fra Stati Uniti e Israele ci sarebbe una differenza di qualche anno nella valutazione del pericolo, e questo spiegherebbe perché Washington sta dando ancora spazio di manovra agli europei. L'approccio però potrebbe cambiare in fretta, aprendo la strada alle sanzioni dell'Onu, se gli americani si convincessero che la trattativa sta fallendo.
L'ipotesi di un attacco autonomo israeliano, come quello lanciato nel 1981 contro il reattore iracheno di Osirak, non sarebbe stata discussa da Bush e Sharon. Ma nel gennaio scorso, durante un'intervista concessa per l'Inauguration, il vice presidente Cheney aveva avvertito: «Se gli israeliani si convinceranno che gli iraniani hanno una capacità nucleare significativa, potrebbero decidere di agire per primi, visto che la politica dichiarata di Teheran è quella di distruggerli».
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