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Il Mattino Rassegna Stampa
13.04.2005 Apologie di Hamas e condanne senza appello di Israele
campagne faziose sul quotidiano napoletano

Testata: Il Mattino
Data: 13 aprile 2005
Pagina: 10
Autore: un giornalista - Francesca Fraccaroli - Margery Friesner
Titolo: «Per Sharon e Abu Mazen 100 giorni cruciali - Gaza, ‘buoncostume’ uccide ragazza - Gli ebrei estremisti si preparano alla rivolta - Bush a Sharon: ora ferma gli insediamenti»
Due articoli da IL MATTINO di mercoledì 13 aprile 2005 : il primo si distingue per passaggi la cui terminologia è scorretta e ricostruzioni dei fatti in cui ci si appiattisce sulle posizioni palestinesi. Il lancio di razzi sugli insediamenti israeliani diventa una "risposta" palestinese all’uccisione dei tre ragazzi palestinesi. A tal proposito è bene ricordare che IL MATTINO quando riferisce di azioni antiterrorismo israeliane è solito parlare di "rappresaglie devastanti", "cruente". Il lancio di decine e decine di razzi sulla testa di civili è invece semplicemente una banale "risposta".

Ecco l'articolo "Per Sharon e Abu Mazen 100 giorni cruciali":

Tel Aviv. Il vertice texano fra George Bush e Ariel Sharon ha dato il via ai cruciali ultimi 100 giorni che separano il premier israeliano e il rais palestinese Abu Mazen dalle due scadenze interne più importanti per il futuro: lo storico ma contestato ritiro israeliano da Gaza, che inizierà il 20 luglio, e le elezioni politiche palestinesi, ad alto rischio per il rais, del 17 luglio. Nella prospettiva di questi due appuntamenti, da cui dipenderanno i tempi della ripresa delle trattative di pace, sembra collocarsi il messaggio che Sharon e il presidente americano hanno voluto fare uscire dal loro incontro di Crawford. Il capo del governo di Tel Aviv ha lanciato un segnale di fermezza verso la destra israeliana, quella che si oppone allo smantellamento delle colonie di Gaza, creando nel paese una atmosfera da vigilia di guerra civile, affermando che i grandi insediamenti urbani in Cisgiordania rimarranno parte dello Stato ebraico anche nell'accordo finale con i palestinesi. Bush, pur confermando nella sostanza l'appoggio a Sharon e ribadendo che le frontiere del 1949 potranno essere modificate - suscitando l'irritazione dell'Anp - ha lanciato anche messaggi ai palestinesi e al mondo arabo, criticando i progetti israeliani di espansione dell'insediamento di Maale Adumim e chiedendo a Sharon il pieno rispetto della Road Map. Ma tutti, americani, israeliani, palestinesi, sanno che la situazione reale sul terreno è ancora estremamente fragile, che le scintille che potrebbero riaprire una spirale di violenza sono ancora tante, e che la priorità è ora di superare i due grandi ostacoli di luglio riuscendo a mantenere e a consolidare l'attuale quasi-tregua di fatto. Il percorso più complicato è quello del presidente palestinese. La pioggia di colpi di mortaio sparati dai miliziani di Hamas negli ultimi giorni contro le colonie di Gaza in risposta all'uccisione di tre ragazzi palestinesi da parte dei soldati israeliani ha confermato che non controlla completamente i servizi di sicurezza dell'Anp. Questo fa pesare un pericolo costante sulla tregua con Israele. Il rais si trova oggi preso fra due fuochi, la spinta interna di Hamas e le pressioni di Israele, che gli chiede di disarmare i gruppi armati. Invece Sharon, che lunedì ha parlato di atmosfera da «guerra civile» in vista del ritiro da Gaza - con la rivolta dei coloni, e dei religiosi ultrà - rischia soprattutto problemi di ordine pubblico. La sua vita è minacciata da un possibile attentato degli ultrà e c'è il pericolo di scontri aperti che facciano scorrere «sangue ebreo».
L'altro articolo riguarda l'uccisione a Gaza daparte di Hamas di una ragazza palestinese Anche in questo caso si nota tutta la scorrettezza e la faziosità del quotidiano napoletano, che si premura di addolcire perfino i crimini atroci di Hamas commessi contro gli stessi palestinesi. Eppure siamo di fronte a un episodio davvero sconcertante: l’uccisione di una giovane ragazza palestinese, da parte di terroristi di Hamas, in quanto "colpevole" di passeggiare con il suo ragazzo per strada. Già dal titolo si intuisce la volontà di non rimarcare più di tanto la gravità del gesto: " Gaza, ‘buoncostume’ uccide ragazza". "Buoncostume"? La definizione farebbe ridere se non si trattasse di un crimine simile. Le parole "shock", "orrore" IL MATTINO le adopera solo per le azioni dell’esercito israeliano. In questo caso meglio essere più soft. E anche nell’occhiello ci si affanna a riportare le parole di Hamas, che si "scusa": si è trattato di un "errore". "Errore"? Una parola che non esiste per IL MATTINO nel caso dei militari israeliani. Solo nel sottotitolo viene spiegato parzialmente cosa davvero sia accaduto. Eppure, anche in questo caso, la parola "terroristi" resta un tabù: non si va oltre la definizione di "integralisti" per i responsabili dell’omicidio.

Ecco il testo:

Gerusalemme. Squadre per il buoncostume formate da attivisti di Hamas avrebbero cominciato a operare nella striscia di Gaza, imponendo una rigida separazione dei sessi. Questo, almeno, è quanto sostiene il quotidiano Jerusalem Post riferendo che una di queste squadre ha ucciso nei giorni scorsi una giovane studentessa universitaria, rea di essere stata colta in pubblico assieme al fidanzato. Ma Hamas ha negato l'esistenza di queste squadre, pur riconoscendo che suoi attivisti - poi sconfessati dal movimento - hanno ucciso «per sbaglio» una giovane palestinese. Secondo quanto ha riferito il Jerusalem Post, la ventiduenne Yusra Al Azzami lo scorso venerdì stava passeggiando assieme al fidanzato sul lungomare di Gaza quando è stata vista da un gruppo di militanti islamici, che in apparenza si sono ritenuti investiti del potere di imporre il rispetto dei costumi islamici. La giovane, assieme alla sorella, è salita sull'auto del fidanzato che è partita per riportarla a casa. Cinque attivisti di Hamas hanno inseguito la coppia su un'altra automobile dalla quale sono partiti colpi d'arma da fuoco che hanno fulminato la giovane. Come se ciò non bastasse, secondo il giornale, gli sgherri si sono poi accaniti sul cadavere della donna, che giaceva in terra, colpendolo con bastoni e sbarre di ferro. La successiva inchiesta ha permesso alla polizia di identificare i cinque membri del gruppo, due dei quali sono stati arrestati mentre gli altri tre sono attivamente ricercati. Sami Abu Zuri, un portavoce di Hamas, ha detto ieri che il movimento riconosce che i responsabili dell'omicidio militavano nelle sue file, dalle quali, dopo il fatto, sono stati espulsi. Hamas ha detto che l'uccisione della giovane è stata uno «sbaglio tragico» del quale il movimento si assume la responsabilità e per il quale si scusa ed è pronto a indennizzare la famiglia. Secondo la versione di Hamas, un gruppo di militanti ha visto un'automobile con i vetri oscurati e ha sospettato che i passeggeri fossero agenti israeliani. La pubblica presa di posizione di Hamas, ribadita in un comunicato, è giunta dopo le aspre reazioni pubbliche che il fatto ha suscitato a Gaza, provocando anche una dura presa di posizione di diverse forze politiche. Hamas ha negato di aver formato squadre per il buoncostume. Osservatori indipendenti notano, del resto, che in vista delle elezioni palestinesi appare improbabile che Hamas prenda iniziative altamente impopolari agli occhi di una parte almeno della popolazione palestineese.
Martedì 12 aprile IL MATTINO, continuando una campagna che, lunedì 11 aveva prodotto titoli su possibili colpi di stato, sui "i rabbini ultrà" che "vogliono il re" e la "destra religiosa" che "chiede il sinedrio"; presenta un "reportage" tra gli "ebrei estremisti" che "si preparano alla rivolta", mentre la "destra oltranzista e ultrà religiosi minacciano di ricorrere a suicidi collettivi". Questi appena elencati non sono passaggi di articoli i cui titoli pongono l’attenzione su altri avvenimenti. No, qui si parla, come già detto, di titoli, sottotitoli, occhielli, o frasi poste in evidenza, insomma di tutti quegli elementi che anche il lettore più distratto non può fare ameno di leggere. In due giorni, dunque, ben tre articoli che non fanno altro che ripetere sempre questo stesso concetto e parallelamente il buio totale su quanto sta accadendo sull’altro versante, quello palestinese. Niente, per IL MATTINO non c’è nulla da scrivere, nulla da raccontare. Niente sulla debolezza di Abu Mazen e sullo strapotere dei gruppi terroristici che, tra le altre cose, hanno fatto registrare una serie di "successi": sparano, in puro stile mafioso, contro edifici dell’Autorità palestinese, uccidono uno dei capi della polizia a Gaza, e ieri hanno ammesso l’uccisione di una giovane donna; niente sull’incessante pioggia di colpi di mortaio sugli insediamenti israeliani (questa notizia è nascosta nel "reportage" di cui sopra, non merita un titolo o un piccolo articoletto); niente sull’arresto da parte dei soldati israeliani, di un uomo affiliato ai Tanzim che stava per compiere un attentato con l’appoggio degli Hezbollah; niente nemmeno sull’arresto di contrabbandieri d’armi al confine con l’Egitto. Il lettore che si troverà a sfogliare il quotidiano napoletano avrà le idee chiare, saprà perfettamente chi sono i buoni e chi i cattivi. E poi ci si meraviglia dei risultati di alcuni sondaggi!

Censurata anche la notizia che un drone spia degli Hezbollah ha invaso la spazio aereo israeliano. Ulteriore conferma che tutte le notizie che non servono a demonizzare Israele vanno taciute.

Nell’articolo, di Francesca Fraccaroli, ci sono i soliti slogan propagandistici, e un'ipotesi, attribuita a imprecisati "bene informati" di una futura "intifada ebraica". Perchè intanto non preoccuparsi di più dell'"intifada" terrorista palestinese e delle sue vittime?
Ecco il testo:

Gaza. I coloni israeliani di Gaza rimangono sul piede di guerra. La rabbia è salita dopo le decine di tiri di mortaio da parte dei palestinsi sui loro insediamenti. Si sono registrati danni solo materiali, ma la tensione è stata alta per tutto il week-end. Nel contempo per dar forza alla loro ferma volontà di «resistere all'ingiusto piano di Sharon» di evacuare le colonie sono scese in campo organizzazioni di estrema destra pronte ad organizzare manifestazioni nei luoghi sacri di Gerusalemme e lungo le autostrade del Paese. Il deterioramento della situazione fa il gioco dei coloni più oltranzisti che non fanno mistero di voler preparare la «resistenza» contro il ritiro da Gaza previsto a partire dal 20 luglio. Sono arrivati persino a minacciare «suicidi collettivi». Intenzioni violente che contrastano con la dolcezza della campagna verdeggiante che costeggia la strada che porta al blocco degli insediamenti di Gush Katif. Il paesaggio ricorda l'Europa e invece siamo nella Striscia di Gaza. A poca distanza si scorgono le case di Khan Younis, l'una sopra l'altra, dove vivono oltre 300 mila palestinesi. La vita del centro abitato arabo, negli anni dell'intifada, è fortemente condizionato dalla presenza dei coloni che hanno il diritto di precedenza. La strada costruita appositamente per loro taglia in due la principale via di comunicazione tra il nord e il sud di Gaza e spesso i palestinesi sono costretti ad aspettare per ore in coda per consentire il passaggio, talvolta, ad una sola auto dei coloni. Per accedere all'area degli insediamenti è necessario procurarsi un permesso speciale o possedere un accredito stampa da mostrare ai militari che presidiano il posto di blocco di Kissufim. In prossimità del mare il verde della vegetazione diventa sabbia dorata. Tra le dune spuntano le serre, dove si coltivano fiori ed ortaggi. Arrivando a Newe Deqalim, la più importante delle colonie ebraiche di Gaza, si incontrano poche automobili e, di tanto in tanto, giovani autostoppisti, quasi tutti con il mitra sulle spalle. Debi Rosen, ci attende nel suo ufficio presso il Consiglio amministrativo. Trasferitasi da Gerusalemme una ventina di anni fa, Debi è la portavoce dei coloni israeliani a Gaza. La conversazione verte sulla decisione del governo Sharon di evacuare i 21 insediamenti ebraici della Striscia e altri quattro nel nord della Cisgiordania. «Noi non crediamo che il premier andrà fino in fondo, la nostra vita scorre come sempre», dice la portavoce ostentando sicurezza. «Tanti governi hanno minacciato la stessa cosa, ma i primi ministri vanno e vengono e noi invece siamo sempre qui». Passando per viali su cui si affacciano le villette dai tetti rossi, si riscontra una tranquillità inattesa tra persone che nel giro di qualche mese dovrebbero essere costrette a lasciare tutto e a trasferirsi altrove. Avi, proprietario di una azienda agricola, è convinto che nulla potrà rimuovere gli ebrei «dalla terra che gli ha assegnato Dio». Come molti dei suoi concittadini, ha votato alle passate elezioni, per Sharon l'uomo politico che è stato in passato il principale fautore della colonizzazione dei Territori palestinesi. «Ha tradito la nostra fiducia. Ora invece sta facendo il gioco degli arabi dando a loro parti di Eretz Israel (la biblica terra di Israele, ndr)». Il colono sorride sarcastico quando gli ricordiamo che Sharon è convinto che il sacrificio delle colonie di Gaza darà in cambio ad Israele enormi vantaggi diplomatici e sopratutto ampie porzioni di Cisgiordania palestinese. Sua moglie Rachel aggiunge che tra i coloni il senso di smarrimento è forte perchè «i primi ministri ci hanno inviato qui a creare una barriera di difesa del Paese ed ora ci cacciano». La coppia si dice certa che «il ritiro da Gaza sarà solo l'inizio, Sharon darà molto di più agli arabi». La prospettiva dello sgombero non ha fatto desistere i coloni dal costruire nuove abitazioni. Nella sola Newe Deqalim sono state edificate venti nuove case, con il finanziamento dello Stato. Nessuno sa cosa accadrà il 20 luglio, ma tutti escludono l'uso della violenza contro i soldati che verranno a sgomberare le 21 colonie». Eppure i ben informati dicono che i coloni potrebbero provocare la Terza Intifada, non più palestinese ma ebraica.
Anche l’articolo di Margery Friesner sull’incontro tra Bush e Sharon, "Bush a Sharon: ora ferma gli insediamenti"
manipola la realtà dei fatti trascurando alcune importanti dichiarazioni, come quella con cui Bush ha ribadito l’impossibilità di attenersi strettamente alle linee armistiziali del lontano 1949.
Ecco il testo:

Washington. Amici come sempre, pur restando in disaccordo: il presidente americano George W. Bush e il primo ministro israeliano Ariel Sharon hanno rispettato le previsioni della vigilia, ribadendo ieri la reciproca fede nella Road Map e concordando di rinviare la questione più spinosa: il piano per ingrandire con oltre 3.500 nuove case la città-colonia di Maale Adumim in Cisgiordania. Bush, nel vertice al suo ranch di Crawford nel Texas, ha chiesto a Sharon, in privato e in pubblico, di non procedere all'ampliamento del mega insediamento. «Ho chiesto al primo ministro di non intraprendere alcuna attività - ha detto ai giornalisti al termine dell'incontro - che violi la Road Map o che pregiudichi l'esito dei negoziati per l'assetto definitivo». Anche sugli insediamenti illegali Bush è stato chiaro: Israele deve smantellare tutte le colonie illegali nei Territori palestinesi e deve «soddisfare i suoi obblighi derivanti dalla Road Map per quanto riguarda gli insediamenti in Cisgiordania». Su Gaza, il presidente americano ha dato a Sharon quello che cercava: l'appoggio americano al piano per l'evacuazione della striscia di Gaza. In mattinata, il leader israeliano aveva parlato, in un'intervista alla Nbc, di un «clima di guerra civile in Israele tra fautori e oppositori del ritiro». Adesso spera che l’appoggio pubblico di Bush dovrebbe aiutarlo a superare ogni resistenza al suo piano. Sugli insediamenti illegali Sharon è venuto incontro alle richieste del presidente americano: «Desidero ribadire - ha detto - che Israele è una società che vive secondo la legge... perciò rispetteremo l'impegno preso a rimuovere le colonie non autorizzate». Sul Maale Adumim, invece, Sharon è stato decisamente molto meno compiacente. Pur affermando che «Israele manterrà tutti i suoi obblighi derivanti dalla Road Map», il primo ministro ha invece insistito che «i più importanti centri abitati da israeliani in Samaria e Giudea (come il governo di Tel Aviv chiama la Cisgiordania) faranno parte dello Stato d'Israele, con tutte le conseguenze del caso. Certo, siamo molto interessati a garantire che Maale Adumim sia contiguo con Gerusalemme. Ma ritengo che sia troppo presto, che ci vorranno molti anni per fare tutto quello che va fatto. E ritengo che ci saranno molte occasioni per venire e continuare le conversazioni con gli Stati Uniti», ha detto Sharon. Se fosse portato a termine, l'ampliamento di Maale Adumim metterebbe la colonia in contatto diretto con Gerusalemme, bloccando l'accesso alla città per i palestinesi che vivono nella zona. L’Anp contano di fare di Gerusalemme est la capitale del futuro stato indipendente. A Crawford, il paesino più vicino al ranch di Bush dove è avvenuto l'incontro, per dare il benvenuto a Sharon alcune imprese hanno mostrato la bandiera israeliana, Ma altri, per protesta contro la visita, hanno sbandierato quella palestinese. Sharon ha infine ringraziato Bush per «l'ospitalità generosa» accordatagli. Tuttavia, il leader israeliano non ha pernottato nel ranch di proprietà del presidente, ma ha preferito l’Hotel Hilton di Waco. Immediata la reazione delll’Autorità nazionale palestinese che condanna le dichiarazioni di Sharon: «Israele ancora «cerca scuse per cercare di evitare il rispetto del piano di pace per il Medio Oriente della roadmap - ha detto il portavoce Nabil Abu Rudeineh - Non è possibile legittimare nessuna attività per gli insediamenti o presenza di coloni. I colloqui sullo status finale tra Israele ed palestinesi devono inziare senza precondizioni». Il prossimo appuntamento mediorientale di Bush è in programma per il 25 aprile, quando il principe ereditario saudita Abdullah gli farà visita nel ranch. A maggio il presidente palestinese Abu Mazen (Mahmud Abbas) dovrebbe essere ricevuto alla Casa Bianca.
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