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L'Opinione Rassegna Stampa
12.04.2005 Troppe bandiere palestinesi il 25 aprile
un appello chiede una reazione decisa

Testata: L'Opinione
Data: 12 aprile 2005
Pagina: 1
Autore: Stefano Magni
Titolo: «La comunità ebraica contro la sinistra»
L'OPINIONE di martedì 12 aprile 2005 pubblica un articolo di Stefano Magni che riportiamo:
Il 25 aprile sono sempre di più le bandiere palestinesi che soffocano le poche bandiere israeliane. Eppure il nascente Stato di Israele (allora ancora "focolare nazionale" non ancora riconosciuto) partecipò alla campagna di liberazione dell’Italia con la Brigata Ebraica, mentre i Palestinesi, negli stessi anni della II Guerra Mondiale, erano alleati dei Nazisti. Yasha Reibman (portavoce della comunità ebraica milanese), Davide Romano (segretario nazionale dell’Associazione Amici di Israele), David Parenzo (giornalista televisivo), Riccardo Pacifici (portavoce della Comunità Ebraica di Roma) e Andrée Ruth Shammah (direttore del Teatro Franco Parenti di Milano), in questi giorni hanno lanciato un appello all’Ucei, l’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, perché incomincino a reagire a questa continua distorsione della storia: "Ai sopravvissuti alla Shoà negli incontri nei licei" – si legge nel testo dell’appello – "viene puntualmente chiesto, nella più assoluta indifferenza - e talora con la complicità - della maggior parte dei professori, il perché dei comportamenti ‘nazisti’ di Israele. Il 25 aprile è ormai abitudine a Milano che le organizzazioni ebraiche e la Comunità partecipino al corteo dietro allo striscione della Brigata Ebraica e con molte bandiere israeliane al seguito. Ma per farlo devono usufruire della scorta delle forze dell’ordine. Tale situazione è inaccettabile". "Proseguendo su questa strada il 25 aprile non sarà più il mio giorno della liberazione" – ci spiega Yasha Reibman – "Eppure dovrebbe anche essere il mio giorno della liberazione, perché segna la fine dell’occupazione nazi-fascista". Il portavoce della Comunità Ebraica milanese spiega che non si tratta solo di una questione di bandiere, ma di un fenomeno grave: "Già è grave la diffusione di notizie false, come quando si paragona il terrorismo alla Resistenza, Abu Ghraib ad Auschwitz o si parla di ‘sterminio di Jenin’. Ma ancor più grave è che, così facendo, si solletica un antisemitismo che sopravvive, sottotraccia, in tutta Europa: se l’Ebreo è un nazista, si pensa, allora è legittimo sparargli, bruciargli le Sinagoghe… dalle parole ai fatti, il passo è molto breve". Ma da dove arriva questo nuovo negazionismo storico? "Credo che il senso di colpa per quello che è avvenuto in Europa nella II Guerra Mondiale non sia mai stato superato" – risponde Yasha Reibman – "Se sostieni che le vittime di ieri sono i persecutori di oggi, in un certo senso, ti liberi del senso di colpa. Se non si distingue più tra vittime e colpevoli, dire che tutti sono colpevoli equivale a dire che nessuno lo è". Ma non solo: "Sempre più falsi storici prodotti dai nazisti" – aggiunge Davide Romano – "vengono riciclati dalla propaganda araba e ci ritornano in Europa ripuliti della sigla originaria solo perché sono passati dal mondo arabo, riproposti con un nuova etichetta così che qualcuno ci creda ancora". Il percorso di riciclaggio è anche abbastanza evidente. Secondo Davide Romano: "Mi viene da pensare ai molti incontri che vengono fatti, anche in buona fede, tra gli esponenti no-global ed esponenti del mondo arabo. In questi incontri si parla, legittimamente, di uguaglianza e di giustizia sociale, ma quando si tocca il tema di Israele, quel minimo di guardia che i no-global dovrebbero tenere alta, si abbassa e lascia passare tutti gli slogan antisemiti fabbricati dalla propaganda araba".
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