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Il Foglio Rassegna Stampa
08.04.2005 Un' esplosione dalle gravi implicazioni politiche al Cairo, il volto del nuovo Iraq
cronache e analisi sul Medio Oriente

Testata: Il Foglio
Data: 08 aprile 2005
Pagina: 1
Autore: un giornalista
Titolo: «Squarcio al Cairo - Nuovo Iraq»
Dal FOGLIO di venerdì 8 aprile 2005 un'analisi sull'attentato terroristico della sera del 7 aprile al Cairo:
L’esplosione di ieri sera al Cairo apre uno squarcio nel tessuto politico che il presidente egiziano, Hosni Mubarak, ha in questi anni tentato di costruire. Le versioni sullo scoppio sono diverse: c’è chi dice che un ordigno sia stato lanciato da un motorino, chi invece, come al Jazeera, sostiene che alcune persone ben organizzate abbiano lanciato alcune bombe a mano in mezzo alla folla. Quando il Foglio è andato in stampa, il bilancio era, secondo l’Agi: quattro morti, di cui un francese e un americano, e diciassette feriti, di cui un italiano, quattro francesi, tre americani, un turco e nove egiziani. Con tutta probabilità è un bollettino destinato a mutare, ma quel che conta è il dato politico, che, fin dalle prime ore, è risultato chiaro. Il Cairo è stato colpito nei pressi della moschea di al Azhar, vicino al grande bazaar di Khan al Khalili, una delle zone più frequentate dai turisti. Il controllo di questa
parte della città vecchia è capillare e molto stretto: il sistema di polizia voluto e messo in pratica da Mubarak è il fiore all’occhiello della sua politica, basata su una fiera lotta, pur in mezzo alle molte ambiguità, nei confronti del terrorismo. Per questo l’esplosione rappresenta un evento di gravità eccezionale, che fa ripensare alla strage al tempio di Luxor, nel 1997, l’ultimo grande attentato al cuore (al centro) dell’Egitto.
E un articolo sulla situazione politica irachena dopo la nomina di Talabani a presidente e di Jaafari a primo ministro del paese:
Baghdad. "Ricostruiremo un governo iracheno basato sui principi della democrazia e dei diritti umani", ha affermato ieri il neoeletto presidente del nuovo Iraq, il curdo Jalal Talabani. Il discorso di giuramento di Talabani è stato pronunciato davanti al nuovo Consiglio presidenziale iracheno, formato, oltre che dal leader curdo, dai due vicepresidenti: il sunnita Ghazi al Yawar, già capo dello Stato ad interim, e lo sciita Abdul Mahdi, promosso dalla sua posizione di ministro delle Finanze. La composizione dei vertici istituzionali dell’Iraq è la dimostrazione che il processo democratico nel paese, nonostante i continui e quotidiani attacchi terroristici, continua ad avanzare. Talabani, nel suo discorso di investitura, ha proposto un’amnistia ai terroristi iracheni per "offrire loro un’opportunità" di integrarsi nel nuovo Iraq. Ha inoltre fatto un appello "ai fratelli sunniti" perché decidano di partecipare attivamente al processo democratico in corso. Il canale al Iraqia è stato invece il primo ad annunciare la nomina dello sciita Ibrahim al Jaafari, leader del partito Dawa, a nuovo premier del paese. Jaafari ha promesso che presenterà il suo esecutivo nel giro di due settimane. Intanto, tra gli altri candidati alla carica di vicepremier ci sono l’attuale primo ministro ad interim, Iyyad Allawi, e il capo dell’Iraqi National Congress, Ahmed al Chalabi. Lo schema, anche nella formazione del governo, sarà sempre lo stesso: un equilibrio nelle nomine tra i tre principali gruppi etnico-religiosi del paese, cioè sunniti, sciiti e curdi. Per questo motivo, Chalabi, sciita come il premier, anche se laico, potrebbe essere il prescelto – fanno sapere a Baghdad – soltanto se i sunniti rifiuteranno per uno di loro l’incarico. La figura di Chalabi è stata inoltre, in queste ultime settimane, rivista al meglio anche negli Stati Uniti. Dopo le accuse di aver fornito informazioni falsate sulle armi di distruzioni di massa in possesso del dittatore Saddam, persino il liberal Los Angeles Times
ha cercato di riabilitarlo un po’. In una lunga intervista al quotidiano arabo-
londinese, al Sharq al Awsat, Jaafari sì è invece difeso dall’accusa di avere idee integraliste dal punto di vista religioso. "La maggior parte degli iracheni è di fede musulmana – ha detto Jaafari – pertanto è naturale
che le norme giuriche islamiche debbano essere tra le principali fonti della legislazione", ma non l’unica, dunque. Affermazione, questa, ripresa dallo stesso grande ayatollah Ali al Sistani, che ha più volte sottolineato che il nuovo Iraq non sarà un unico blocco monolitico sciita di stampo iraniano. Significative, infatti, sono state le sue parole: "Nel nuovo governo non ci saranno turbanti". Una forte provocazione nei confronti dell’Iran, dove domina il controllo dei clerici sulla vita politica e giuridica (wilayat al faqih) del paese. Nei prossimi giorni si dovranno assegnare i cinque ministeri considerati di maggior rilievo nel nuovo Iraq: Esteri, Difesa, Interno, Finanze e Petrolio. Sembrano già esserci forti tensioni tra il gruppo curdo e quello sciita, soprattutto sul dicastero per il greggio. A Baghdad si scommette che il ministero degli Affari esteri andrà a un curdo, come ora; quello della Difesa a un sunnita; l’Interno e le Finanze a due esponenti sciiti. Sul petrolio, tutto
da decidere.
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