La bomba iraniana, gli scettici e gli entusiasti il quotidiano della Confindustria dubita che Teheran voglia le armi nucleari, quello comunista si proclama a favore
Testata:Il Sole 24 Ore - Il Manifesto Autore: Roberto Bongiorni - Slavoj Zizek Titolo: «Iran, l’ambigua corsa al nucleare - L'ayatollah atomico»
IL SOLE 24 ORE di domenica 27 marzo ’05 pubblica un articolo di Roberto Bongiorni sul programma nucleare iraniano: "Iran, l’ambigua corsa al nucleare". Bongiorni riporta le giustificazioni del progetto avanzate da Hossein Kazempour, governatore iraniano dell’Opec in Iran e consulente del Governo di Teheran. Incentrate sulla necessità di diversificare le fonti energetiche iraniane per poter destinare il petrolio all’esportazione, nonostante la crescita industriale. D’altro canto la recente scoperta di miniere d’uranio in territorio iraniano renderebbe conveniente la strada nucleare e intraprenderla non sarebbe che un esercizio del diritto di ogni paese a utilizzare le proprie risorse naturali. Vengono riportate anche le critiche mosse a questi ragionamenti dagli analisti americani e russi: il nucleare è una fonte energetica costosa, e l’intero progetto è antieconomico. Con investimenti analoghi nel settore petrolifero le esportazioni potrebbero aumentare senza bisogno di diversificazione, l’Iran non ha uranio a sufficienza per le sue ambizioni, tanto è vero che cerca di procurarselo all’estero.
Le ragioni dei critici appaiono decisive, ma, inspiegabilmente, Bongiorni conclude che i "ragionamenti propendono più a favore di Teheran". Tuttavia, ci informa, "una questione resta insoluta. Una volta in grado di produrre energia nucleare, l’Iran resisterà alla tentazione di dotarsi di una bomba"? Alcuni dati che potrebbero servire a risolvere la questione sono omessi da Bongiorni. Glieli ricordiamo noi: l’Iran è uno stato chi finanzia il terrorismo, in particolare quello del gruppo antisemita Hezbollah, il leader "spirituale" del regime , l’ayaytollah Khamenei, ha giurato che Israele sarà distrutto, e altrettanto ha fatto il "pragmatico" Rafsanjani. La questione sarà "insoluta", ma a noi pare che i "ragionamenti" facciano propendere per l’ipotesi il nucleare sia per l’Iran la via maestra verso la realizzazione dei suoi propositi genocidi.
Ai dubbi di Bongiorni fanno da contraltare le speranze di Slavoj Zizek, che nell'articolo "L'ayatollah atomico", pubblicato in prima pagina dal MANIFESTO di martedì 29 marzo 2005, spiega perchè la bomba atomica islamica sarebbe necessaria. L'assunto di Zizek è che il terrorismo non esiste, è solo il pretesto delle aggressioni imperiali americane.
Ricordare l'11 settembre, e i concreti sforzi delle organizzazioni terroristiche per procurarsi armi di distruzione di massa non sposterebbe Zizek di un millimetro: lui, raffinato filosofo, è troppo furbo per credere alla propaganda americana. Come pure per aderire a un'ingenua e "discutibile fede in una preesistente armonia tra la diffusione globale della democrazia occidentale multipartitica e gli interessi economici e geopolitici degli Usa" che porterebbe a pensare che uno dei motivi per cui l'Iran non deve avere armi nucleari risiede nello stesso regime di terrore instaurato dagli ayatollah ai danni del loro stesso popolo; regime che sarebbe rafforzato dal possesso di armi nucleari. Zizek, che ingenuo non è, pensa invece che "paesi come l'Iran dovrebbero possedere armi nucleari per contenere l'egemonia globale degli Stati uniti". Poichè la realtà Zizek se la costruisce a priori non si è ovviamente preso la briga di ascoltare il regime iraniano, quando proclama a chiare lettere la sua volontà di cancellare Israele dalla faccia della terra, cosa che ovviamente riuscirebbe molto meglio con un'arma nucleare piuttosto che senza.
Ecco l'articolo: Le armi nucleari nelle mani di chi oggi governa l'Iran rappresentano veramente una minaccia per la pace e la sicurezza internazionali? Per rispondere a questa domanda, dobbiamo collocarla nel suo contesto politico e ideologico. Ogni struttura di potere riposa necessariamente su una minaccia sottostante, implicita: quali che siano le regole democratiche e le limitazioni giuridiche ufficiali, alla fine possiamo fare di te ciò che vogliamo... Nel XX secolo la natura di questo legame tra il potere e la minaccia invisibile che lo sostiene si trasforma: non è più la struttura di potere esistente in sé a dover fare affidamento sulla dimensione fantasmatica della minaccia potenziale- invisibile per garantirsi il controllo sui suoi sudditi. Il luogo della minaccia è esternalizzato, spostato all'esterno, sul nemico: è la minaccia invisibile (e proprio per questo onnipotente e onnipresente) del nemico a legittimare lo stato di emergenza permanente del potere esistente. Questa minaccia invisibile del nemico legittima la logica dell'attacco preventivo: proprio perché la minaccia è virtuale,non ci si può permettere di aspettare che si concretizzi; bisogna colpire per primi, prima che sia troppo tardi... In altre parole, l'onnipresente minaccia invisibile del terrore legittima le misure difensive fin troppo visibili - che naturalmente rappresentano la vera minaccia alla democrazia e ai diritti umani. Il potere classico funzionava in quanto minaccia che non si concretizzava mai, in quanto restava un minaccioso indicare. Questo meccanismo ha raggiunto il suo apice nella guerra fredda, con la minaccia della reciproca distruzione nucleare che doveva restare una minaccia. Con la guerra al terrore, la minaccia invisibile determina l'incessante concretizzarsi non di se stessa, ma dei provvedimenti contro di essa.L'attacco nucleare doveva restare una minaccia, mentre la minaccia dell'attacco terroristico innesca una serie infinita di attacchi preventivi contro i potenziali terroristi... Stiamo così passando dalla logica della distruzione reciprocamente assicurata (Mad - Mutually Assured Destruction) alla guerra al terrore in cui un solo pazzo gestisce l'intero show e può così agire la sua paranoia. Il potere che si presenta come costantemente sotto minaccia, in pericolo mortale e dunque meramente teso a difendersi, è il tipo di potere più pericoloso, il modello stesso del ressentiment nietzschiano e dell'ipocrisia moralistica. Non è stato proprio Nietzsche a fornire più di un secolo fa, nel suo Aurora, la migliore analisi delle false premesse morali dell'attuale «guerra al terrore»? «Nessun governo ammette più di mantenere un esercito per soddisfare occasionalmente il proprio desiderio di conquista. Piuttosto, l'esercito dovrebbe servire alla difesa, e si invoca la moralità che approva l'autodifesa».
Ma questo presuppone la nostra moralità e l'immoralità del nostro vicino; il vicino deve essere pensato come desideroso di attaccare e conquistare, se il nostro stato deve dotarsi dei mezzi di autodifesa. Inoltre, le ragioni per cui sosteniamo di avere bisogno di un esercito implicano che il nostro vicino - il quale nega il suo desiderio di conquista proprio come fa il nostro stato e, dal canto suo, mantiene anch'egli un esercito solo per ragioni di autodifesa - sia un criminale ipocrita e astuto che non vuole altro, se non sopraffare una vittima inoffensiva e goffa senza che vi sia alcun conflitto. Così tutti gli stati sono ora schierati l'uno contro l'altro: essi presuppongono le cattive intenzioni del loro vicino e le proprie buone intenzioni. Ma questo presupposto è disumano, è cattivo come la guerra e anche peggio. Al fondo, è esso stesso la causa delle guerre.
Il perdurare della «guerra al terrore» non è allora la prova che il Terrore è «il fuori costitutivo della democrazia, il suo Altro antagonistico, il punto in cui l'agonismo democratico delle opzioni plurali si trasforma in antagonismo che riposa sulla logica dell'equivalenza («davanti alla minaccia terroristica siamo tutti uniti»)? Ancor più esattamente, la differenza tra la «guerra al terrore» e i precedenti conflitti mondiali del XX secolo come la guerra fredda è che mentre nei casiprecedenti il nemico era chiaramente identificato con l'impero comunista realmente esistente, la minaccia terroristica è in sé spettrale, non ha un centro visibile. È un po' come la descrizione del personaggio di Linda Fiorentino in L'ultima seduzione: «Quasi tutti hanno un lato oscuro... lei non aveva nient'altro». Quasi tutti i regimi hanno un lato oscuro, spettrale e oppressivo... la minaccia terroristica non ha nient'altro. Il risultato paradossale di questa definizione del nemico come spettrale è, di riflesso, un inatteso capovolgimento: in questo mondo senza un nemico chiaramente identificato sono gli stessi Usa, quelli che dovrebbero proteggerci dalla minaccia, a emergere come il nemico principale... come in Assassinio sull'Orient-Express di Agatha Christie in cui, dato che l'intero gruppo dei sospetti è l'assassino, la vittima stessa (un perfido milionario) dev'essere il criminale.
Questo background ci consente di proporre una risposta alla nostra domanda iniziale: sì, il nucleare all'Iran - e Noriega e Saddam all'Aja. È fondamentale cogliere il nesso tra queste domande: perché Timothy Garton Ash, Michael Ignatieff & Co., altrimenti pieni di elogi per il Tribunale dell'Aja, tacciono sull'idea di consegnare al Tribunale dell'Aja Noriega e Saddam? Perché Milosevic e non Noriega? Perché contro Noriega non c'è stato nemmeno un processo pubblico? Forse perché egli avrebbe svelato il suo passato con la Cia, e avrebbe rivelato come gli Usa gli hanno condonato la sua partecipazione all'omicidio di Omar Torrijos Herrera? Analogamente, il regime di Saddam è stato un abominevole stato autoritario colpevole di molti crimini, soprattutto verso la sua stessa gente. Va però osservato il fatto strano ma cruciale che i rappresentanti Usa, nell'enumerare i misfatti di Saddam, hanno sistematicamente omesso quello che senza dubbio è stato il suo crimine più grande (in termini di sofferenze umane e di violazione della giustizia internazionale): l'aggressione all'Iran. Perché? Perché in quella aggressione gli Usa e la maggior parte degli stati stranieri hanno aiutato l'Iraq attivamente... Non solo: gli Usa ora hanno intenzione di portare avanti l'opera di Saddam, facendo cadere il governo iraniano.
Quanto all'Iran e al nucleare, il fatto sorprendente è che la logica della distruzione reciprocamente assicurata è operativa ancora oggi: perché la tensione tra l'India e il Pakistan non è esplosa in una guerra? Perché entrambe le parti sono potenze nucleari. Perché gli stati arabi non hanno rischiato un altro attacco a Israele? Perché Israele è una potenza nucleare... Perché allora questa logica della distruzione reciprocamente assicurata non dovrebbe funzionare nel caso dell'Iran? La contro-argomentazione standard è questa: perché in Iran sono al potere dei fondamentalisti islamici che potrebbero essere tentati di compiere un attacco nucleare contro Israele...Il regime iraniano è veramente così «irrazionale»? Il Pakistan, con le sue armi nucleari e i suoi legami con al-Qaeda, non costituisce una minaccia moltomaggiore? Inoltre, vent'anni fa, l'Iran è stato brutalmente attaccato dall'Iraq, perciò ha tutto il diritto di sentirsi minacciato!
L'ultima carta giocata dai liberals occidentali è questa: ma il nucleare non sostiene le forze antidemocratiche in Iran? Il possesso di armi nucleari non impedirà una rivoluzione democratica in Iran? Quest'argomentazione ha guadagnato nuovo vigore nelle ultime settimane, con le elezioni in Iraq e in Palestina: non aveva forse ragione Paul Wolfowitz, dopo tutto? Non esiste la possibilità che la democrazia (occidentale) possa funzionare e radicarsi in Medio Oriente, e che questo processo inatteso modifichi le coordinate dell'intera crisi mediorientale? La causa ultima della irrisolvibilità del conflitto in Medio Oriente non è il fatto che i regimi arabi antidemocratici hanno bisogno di Israele in quanto figura del Nemico, per legittimare la loro azione di governo? Di conseguenza, Bush non sta semplicemente portando a termine il lavoro di Reagan? Così come Reagan era «ingenuamente» convinto che la democrazia avrebbe minato il comunismo, che il comunismo sarebbe crollato e che i fatti avrebbero dato torto a tutti gli specialisti con il loro scetticismo, i fatti potrebbero dare ragione a Bush nella sua «ingenua» crociata per la democratizzazione dei paesi musulmani? Qui ci avviciniamo al nocciolo della questione: una lettura così ottimistica riposa su una discutibile fede in un preesistente armonia tra la diffusione globale della democrazia occidentale multipartitica e gli interessi economici e geopolitici degli Usa. Proprio in quanto questa armonia non può in alcun modo essere data per scontata, paesi come l'Iran dovrebbero possedere armi nucleari per contenere l'egemonia globale degli Stati uniti. Invitiamo i lettori di Informazione Corretta ad inviare il proprio parere alla redazione de Il Sole 24 Ore e Il Manifesto. Cliccando sul link sottostante si aprirà una e-mail già pronta per essere compilata e spedita.