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Avvenire Rassegna Stampa
24.03.2005 La Lega araba non è pronta per la democrazia, nè per il riconoscimento di Israele
le occasioni mancate del vertice di Algeri

Testata: Avvenire
Data: 24 marzo 2005
Pagina: 2
Autore: Fulvio Scaglione
Titolo: «Un convitato di pietra al tavolo della Lega Araba»
AVVENIRE di giovedì 24 marzo 2005 pubblica un editoriale condivisbile e accurato di Fulvio Scaglione sul vertice della Lega araba.

Ecco il testo:

Il diciassettesimo vertice della Lega Araba si è concluso ad Algeri dopo un dibattito che ha avuto anche diversi spunti positivi (la condanna del terrorismo, l'auspicio di una pace giusta e duratura tra Israele e i palestinesi) ma che ha prodotto un documento finale deludente. Non tanto per le cose che dice - alcune politicamente superate (che senso ha chiedere adesso, con il ritiro israeliano da Gaza e il dialogo tra Sharon e Abu Mazen in pieno svolgimento, un ritiro di Israele dai "territori occupati" totale e preventivo a qualunque trattativa?), altre nel lungo periodo inevitabili (la formazione di uno Stato palestinese) - ma perché è la mera ripetizione del piano di pace di ispirazione saudita che fu per la prima volta formulato a Beirut nel 2002. È chiaro che con il Medio oriente in pieno movimento, dall'Iraq alla Palestina, dall'Egitto al Libano, una simile scelta finisce necessariamente per condannare la Lega Araba a una marginalità che non onora la sua lunga storia (60 anni tondi, compiuti proprio ad Algeri), danneggia i 22 Paesi che la compongono e certo non aiuta le cause che essa pur tenta di difendere.
Tale staticità collettiva ed esterna, d'altra parte, è l'evidente riflesso della staticità interna che affligge quei Paesi, governati da re, tiranni e regimi di varia natura ma quasi tutti piagati da un'evidente mancanza di democrazia. Questione ineludibile, questa, e non solo per ragioni morali, giacché la storia del mondo moderno dimostra che la democrazia garantisce travagli e fatiche ma anche benessere e progresso, cose che quasi mai riesce invece alle dittature. E bene ha fatto il vice premier Marco Follini, che rappresentava il governo italiano ad Algeri, a ricordare che "la democrazia non si può certamente imporre ma… in ogni caso l'appuntamento con la democrazia non può essere eluso". Il fatto stesso che l'assemblea di Algeri sia stata dominata, almeno dal punto di vista mediatico, da un vecchio e furbo autocrate come il colonnello Gheddafi, dovr ebbe far riflettere i responsabili della Lega: si può pensarne ciò che si vuole, certo non che sia un buon viatico di progresso e di apertura al futuro.
E invece proprio in Medio Oriente i segnali non mancano. La Lega ha commemorato, con Rafik Hariri, anche Yasser Arafat. Ma proprio le elezioni che si sono svolte tra i palestinesi dopo la sua morte sono state un modello di mobilitazione politica e insieme di adesione ai meccanismi della democrazia. Anche in Iraq si è svolta da poco un'elezione. E con tutti i più o meno ragionevoli dubbi che si possono avere su quel voto, una cosa è innegabile: otto milioni di iracheni hanno sfidato la crudeltà dei terroristi e l'incapacità dei liberatori a garantire quella sicurezza che avevano promesso, pur di recarsi ai seggi elettorali. Pare qui il caso di dire: i governati sono pronti, quando lo saranno i governanti?
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