sabato 23 novembre 2024
CHI SIAMO SUGGERIMENTI IMMAGINI RASSEGNA STAMPA RUBRICHE STORIA
I numeri telefonici delle redazioni
dei principali telegiornali italiani.
Stampa articolo
Ingrandisci articolo
Clicca su e-mail per inviare a chi vuoi la pagina che hai appena letto
Caro/a abbonato/a,
CLICCA QUI per vedere
la HOME PAGE

vai alla pagina twitter
CLICCA QUI per vedere il VIDEO

Lo dice anche il principe saudita Bin Salman: Khamenei è il nuovo Hitler


Clicca qui






Avvenire Rassegna Stampa
23.03.2005 Diffondere la libertà economica e politica: un nuovo obiettivo per la Banca Mondiale
intervista a Norman Podhoretz sulla candidatura di Paul Wolfowitz

Testata: Avvenire
Data: 23 marzo 2005
Pagina: 6
Autore: Alberto Simoni
Titolo: «Alberto Simoni»
AVVENIRE di mercoledì 23 marzo 2005 pubblica un'intervista di Alberto Simoni a Norman Podhoretz sulla candidatura di Paul Wolfowitz.
Oltre a delineare la politica che l'attuale numero due del Pentagono presumibilmente adotterà come presidente della Banca, l'intervista sfata alcuni luoghi comuni: l'unilateralismo di Bush, la coincidenza delle posizioni dei neoconservatori americani con quelle della destra israeliana ostile alla nascita di uno Stato palestinese (della quale sarebbero anzi gli emissari a Washington, secondo le "teorie del complotto" più estreme).

Ecco il testo:

«Una scelta perfetta». Norman Podhoretz, intellettuale di punta della cosiddetta galassia neoconservatrice e per trent'anni direttore di Commentary, evita giri di parole. «Conosco Paul Wolfowitz da moltissimo tempo. È una persona integerrima, colta e preparata. E rappresenta una combinazione insolita per chi lavora nel Foreign Service. Infatti alla preparazione tecnica unisce le doti tipiche di un intellettuale», dice al telefono da New York ad Avvenire .
Si è fatto un'idea del perché Bush abbia voluto il suo ex consigliere per la politica estera alla guida di un organismo internazionale?
È stato nominato per diverse ragioni. Prima di tutto il presidente voleva qualcuno che portasse avanti da un altro punto di vista la strategia di diffusione della democrazia, soprattutto in Medio Oriente. E Wolfowitz, che di questa visione è uno degli artefici, sostiene, come Bush, che la libertà economica va di pari passo con la politica e le riforme. Anche nel mondo arabo e musulmano. Che Wolfowitz conosce molto bene per essere stato ambasciatore in Indonesia nella seconda metà degli anni '80.
Wolfowitz quindi, «longa manus» di Washington?
Non direi, gestirà un organismo indipendente. Che deve essere riformato. E questo è l'altro motivo che ha spinto Bush a scegliere Wolfowitz. Il presidente considera le istituzioni internazionali - Onu, Banca mondiale e Fondo monetario - strutture obsolete, poiché create negli anni della Guerra fredda, e inadatte al nuovo scenario mondiale. Se la Banca mondiale vuole sopravvivere ha bisogno di riformare non solo la sua filosofia ma anche l'atteggiamento pratico.
In concreto che cambiamenti dovrebbe apportare Wolfowitz?
Oggi gli aiuti, i soldi, finiscono direttamente nelle casse dei governi che gestiscono poi grandi progetti, che spesso finiscono in fiaschi. Il nuovo approccio prevede invece che il sostegno vada direttamente alle imprese. Uno sviluppo dal basso, anziché governato dal centro, come nei modelli socialisti.
In Europa la nomina del vice di Rumsfeld è stata accolta con una certa freddezza. A lui s'imputa la responsabilità della guerra in Iraq e molti lo considerano un "unilateralista"....
È il solito ritornello. Wolfowitz è un professionista, un diplomatico che ha sempre affrontato le sfide. L'errore è sempre lo stesso: considerare Bush un "unilateralista". Ma prima della guerra in Iraq chi spese tempo per portare la discussione all'Onu? E ancora, la «coalizione dei volenterosi» non è abbastanza ampia? Il fatto è che Francia e Germania parlano di multilateralismo solo quando anch'esse abbracciano un progetto o una decisione. Altrimenti criticano. Comunque, tornando a Wolfowitz, questa controversia del presunto unilateralismo non sta in piedi. Chi lo conosce - e non parlo di me, ma di politici e diplomatici a livello mondiale - lo descrive come un interlocutore attento e rispettoso, per nulla prevaricatore. Un fine diplomatico. Che certo sa anche essere risoluto.
Come sull'Iraq. Già nel 1997 sosteneva la necessità di cacciare il rais...
Aveva ragione e ha convinto molti. Ma non era il solo a sostenere nel post 11 settembre che quella mossa era ormai inevitabile.
Wolfowitz è considerato anche troppo filo-israeliano. È vero?
Altra bugia. Tiene alla sicurezza di Israele ma non è il falco che si crede. Anzi, su questo "issue", è una colomba. Fu tra i primi a ritenere fondamentale la creazione di uno Stato palestinese mentre altri - e io fra quelli - lo ritenevamo una scelta prematura.
I maligni dicono che la nomina alla Banca mondiale sia stata una «bocciatura», un allontanamento dalle sfere del potere Usa. Lei cosa dice?
Mi vien da ridere. Wolfowitz è stato promosso e di questo, lo so per certo, è felicissimo.
Invitiamo i lettori di Informazione Corretta ad inviare la propria opinione alla redazione di Avvenire. Cliccando sul link sottostante si aprirà una e-mail già pronta per essere compilata e spedita.

lettere@avvenire.it

Condividi sui social network:



Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui

www.jerusalemonline.com
SCRIVI A IC RISPONDE DEBORAH FAIT