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La Stampa Rassegna Stampa
23.03.2005 Medio Oriente: se le democrazie arabe non combattono l'antisemitismo mettono a rischio se stesse
l'analisi di Fiamma Nirenstein

Testata: La Stampa
Data: 23 marzo 2005
Pagina: 27
Autore: Fiamma Nirenstein
Titolo: «Antisemitismo il vizio non muore»
LA STAMPA di mercoledì 23 marzo 2005 pubblica un articolo di Fiamma Nirenstein sull'antisemitismo che perdura nel mondo arabo, anche dove più forte è il processo di democratizzazione.
Ma proprio l'antisemitismo e l'odio per Israele sono la "benzina ideologica delle dittature dell'area" e, dunque, un grave rischio per le "democrazie in evoluzione" del Medio Oriente.

Ecco l'articolo:

Cadono le muraglie, i dittatori vengono deposti o muoiono, le folle invadono le piazze alla ricerca della libertà, ma c'è un vecchio vizio che non muore e che erode dall'interno ogni processo democratico.
Tre episodi. Il Libano, cui tutti guardiamo sperando di vederlo presto libero come merita, si è ritirato dalla gara canora dell'eurovisione che avrà luogo il 19 e il 20 maggio a Kiev, in Ucraina, a causa della partecipazione di Israele. Il capo di Telelibano Ibrahim Khouri ha confermato la decisione di ritirarsi e si è giustificato dicendo che il Libano era ignaro della partecipazione di Israele quando ha accettato di partecipare. Altrimenti non l'avrebbe mai fatto, dal momento che la legge libanese proibisce di trasmettere la canzone israeliana; invece il regolamento dell'Eurovisione prevede (legge ovviamente mai contestata dagli israeliani) di trasmettere tutte le canzoni in gara.
Secondo episodio: la Lega Araba che apre i suoi lavori oggi ad Algeri ha duramente respinto la proposta di re Abdullah di Giordania di aprire a Israele normalizzando i rapporti diplomatici: era un'idea rivoluzionaria e certo molto rassicurante per un Israele alla ricerca della pace ancorché traumatizzata dal terrorismo. Sharon ad esempio ha ricevuto una vera spinta in avanti dal ritorno in Israele degli ambasciatori giordano Maarouf Bahit ed egiziano Muhamed Assem Ibrahim avvenuto in questi giorni. Il re di Giordania ha ricevuto rimproveri e pressioni di ogni tipo, specie dalla Siria e dal duro, obsoleto segretario Amr Mussa per aver finalmente indicato il quartetto Iran, Siria, Iraq terrorista e Hezbollah come il vero pericolo per il mondo islamico. Ma Israele è più comodo e nutriente, e così Abdullah, il più rivoluzionario fra i rais arabi, non è andato ad Algeri, coperto di scandalo per aver suggerito di riconoscere che Israele esiste.
Infine, ma ancora peggio: Mithal Alusi uno degli eroici leader dell'opposizione interna a Saddam Hussein per trent'anni, visitò Israele il 12 dicembre 2004. Un segnale di amicizia dopo tanti missili di Saddam su Tel Aviv e i 25 mila dollari del rais per terrorista suicida. Il governo di Ayad Allawi, evidentemente rivoluzionario ma non nel campo delle relazioni con Israele, lo dichiarò, per questo, ricercato dalla polizia; poi ritirò il mandato di cattura lasciando però che Alusi divenisse vittima di una caccia alle streghe: crebbero le minacce all'uomo che aveva osato visitare Israele. Poi l'8 del mese scorso in un agguato le pallottole dei «resistenti» hanno ucciso i suoi due figli, Ayman di 30 anni che lascia tre bambini, e Jamal di 22.
La verità è che anche il terremoto della democratizzazione conserva nel profondo dell'humus antisemita la tentazione razzista contro Israele che è la benzina ideologica delle dittature dell'area. Prima le democrazie in evoluzione se ne renderanno conto, meglio strapperanno una delle radici essenziali delle forze della reazione autoritaria e terrorista.
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