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Avvenire Rassegna Stampa
17.03.2005 Un libro che, insieme all'Occidente, mette Israele e il sionismo sul banco degli imputati
e una recensione che non lo dice

Testata: Avvenire
Data: 17 marzo 2005
Pagina: 29
Autore: Daniela Pizzagalli
Titolo: «Medio Oriente senza arbitri?»
AVVENIRE di venerdì 17 marzo 2005 pubblica una recensione di Daniela Pizzagalli al libro di Viviane Forrester nel nuovo libro Il crimine dell'Occidente. Alle radici del conflitto arabo-israeliano (Ponte alle Grazie, pagine 198, euro 13,00).
Al contrario di quanto risulta dalla recensione le tesi della Forrester non si risolvono nell'attribuire all'Occidente, anzichè a uno o a entrambi i contendenti, la responsabilità del conflitto israelo-palestinese.
Per capire il vero significato del libro bisogna integrare questo schematico sunto.
Per la Forrester, anzitutto, la responsabilità dell'Occidente nel conflitto risiede, oltre che nell'antisemitismo e nella Shoah, nell'appoggio alla nascita dello Stato di Israele, vista come espropriazione coloniale degli abitanti arabi della Palestina.
Il sionismo, d'altro canto, da un lato aderisce all'ideologia coloniale e razzista dell'Occidente, dall'altro rapppresenta una defezione dalla lotta contro il razzismo, identificata con la lotta per l'assimilazione nelle società europee laiche, che gli ebrei erano "tenuti" a condurre.
Nessun cenno viene fatto, nel libro, all'antisemitismo arabo, nè ai legami tra nazionalismo palestinese e nazismo.

Il quadro proposto dalla Forrester è dunque certamante unilaterale e anche piuttosto famigliare: chi conosce le tesi antisioniste di Edward Said, per il quale il sionismo è la sintesi del "paradigma" razzista e antisemita occidentale, non avrà difficoltà a riconoscerne una riproposizione, attenuata nei toni, ma sostanzialmente invariata, nel libro della Forrester.
Non più raccomandabile, per una comprensione imparziale del conflitto israelo-palestinese, dei libri dell'illustre propagandista della Columbia University.

«I palestinesi e gli israeliani sanno fino a che punto sono vittime non gli uni degli altri, ma gli uni e gli altri di una Storia europea dichiarata passata ma rimasta in sospeso e riattivata incessantemente nella loro storia attuale?», si domanda Viviane Forrester nel nuovo libro Il crimine dell'Occidente. Alle radici del conflitto arabo-israeliano (Ponte alle Grazie, pagine198, euro 13,00). Nel 1997 il suo best seller L'orrore economico ha fatto di lei un'icona dei no global, ma Viviane Forrester tiene a ribadire la sua piena adesione al sistema occidentale, che ha creato la democrazia e nonostante gli errori di percorso può garantire l'equilibrio mondiale. Anche in questo nuovo libro, che vuol mettere in luce, con documenti inediti, il grave "crimine dell'Occidente", cioè il razzismo e in particolare l'antisemitismo, non proclama una crociata, ma fornisce un punto di partenza per poter superare gli errori del passato mediante un nuovo approccio alla questione israelo-palestinese.
«Bisogna passare da un approccio passionale a un approccio puramente politico. Questi due popoli devono comprendere che sono avversari ma non sono nemici atavici: infatti non sono stati gli arabi, ma i romani ad aver scacciato gli ebrei dalla Palestina. Ed è necessario prendere coscienza del fatto che lo Stato d'Israele, che peraltro io non contesto affatto, fu creato dall'Occidente a proprio vantaggio, perchè colse l'occasione di liberarsi la coscienza dall'orrore dell'Olocausto e contemporaneamente di stornare dai propri territori degli immigrati indesiderabili, prendendo piede tramite loro in Medio Oriente».
Il libro della Forrester, essa stessa di origine ebraica, è frutto di anni di ricerche d'archivio, e dimostra le responsabilità di tutto il mondo occidentale riguardo alla persecuzione ebraica. «Hitler all'inizio era debole, lui stesso ammise che si sarebbe fermato se avesse incontrato opposizione, invece, come dimostra l'acquiescenza mostrata nel 1938 alla Conferenza di Monaco, furono tutti d'accordo nel lasciargli mano libera con gli ebrei, tant'è vero che nella contemporanea Conferenza di Evian nessun paese, tranne Olanda e Danimarca, accettò di allargare le proprie quote d'immigrazione in favore degli ebrei perseguitati dal nazismo. Questa preclusione restò valida fino alla fine della guerra, anche quando furono svelati gli orrori dei campi di sterminio. Ecco perché tutti accolsero con sollievo, nel 1948, la creazione dello Stato d'Israele. La Palestina allora era sotto il protettorato britannico, ed è curioso notare che quando già il colonialismo era in liquidazione ovunque, fu con un'imposizione del tutto coloniale che si sovrapposero due popoli sulla stessa terra. L'Occidente sperava così di liberarsi dalle ossessioni della propria storia, trapiantandole in un nuovo contesto. In realtà il razzismo e la discriminazione sono sempre in agguato. Vediamo Putin fare gesti simbolici come accendere le candele a Gerusalemme, ma è un vero scandalo, perché in realtà in Cecenia si sta consumando un nuovo olocausto, e il mondo glielo lascia fare».
Secondo la Forrester, una vera soluzione del conflitto arabo-israeliano non potrà venire che da un confronto a due, senza accettare mediazioni interessate: «M'indigno quando vedo i rappresentanti israeliani e palestinesi convocati dal presidente americano di turno che li costringe a sorridere e a darsi la mano per favorire la sua campagna elettorale. Dovrebbero affrontarsi faccia a faccia, magari insultandosi, ma decisi ad arrivare a una soluzione politica, dimostrando di essere due popoli adulti, che non hanno bisogno di tutela, soprattutto non da parte di chi li ha messi in una situazione insostenibile. Invece di contestare l'esistenza dell'altro, dovrebbero dimostrare di credere alla propria. Per correre il rischio della pace sarà necessario rinunciare da entrambe le parti alla ripetizione dei torti.
Adesso sembra impossibile, ma se pensiamo ai cambiamenti epocali indotti da persone come Nelson Mandela o Gorbaciov, non dobbiamo perdere la speranza. Martin Luther King diceva di avere un sogno, e si è avverato: io sogno di vedere risolta la questione palestinese attraverso un nuovo tipo di mentalità. Israeliani e arabi devono comprendere e valorizzare quello che li unisce, piuttosto che quello che li divide, ad esempio l'amore per la stessa terra. In nome di quell'amore condiviso potranno accettare di crescere insieme, piuttosto che fondare il proprio futuro sull'annientamento dell'altro».
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