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La Repubblica Rassegna Stampa
15.03.2005 Sharon l'"intransigente" vuole che i terroristi siano disarmati
ma le sue ragioni non vengono spiegate

Testata: La Repubblica
Data: 15 marzo 2005
Pagina: 21
Autore: un giornalista
Titolo: «Sharon: una tregua non basta i palestinesi rinuncino al terrore»
LA REPUBBLICA di martedì 15 marzo 2005 pubblica una cronaca dei colloqui tra il premier israeliano Ariel Sharon e il segretario delle Nazioni Unite Kofi Annan.
"Intransigente", volta a "svuotare in anticipo gli eventuali risultati del vertice del Cairo" (tra Abu Mazen e i gruppi terroristici palestinesi): così viene definita la posizione espressa da Sharon, per il quale "la tregua non è la soluzione finché i gruppi armati non rinunceranno al terrorismo".
Con ciò, Sharon non ha affatto rifiutato, come invece ipotizza Repubblica, i negoziati con Abu Mazen, e infatti "il dialogo tra israele e Anp prosegue: il ministro della Difesa israeliano Mofaz ha incontrato quello degli Interni palestinese Youssef: i due hanno concordato che gli israeliani passeranno il controllo di Gerico ai palestinesi da domani, mentre Tulkarem verrà lasciata dagli israeliani all´inizio della prossima settimana".
E, in realtà, non è chiaro come la richiesta che i gruppi terroristici rinuncino in modo definitivo al terrorismo e depongano le armi possa apparire "intransigente". Soprattutto se si tiene conto dell'uso che Hamas fa dei periodi di tregua, dichiarati o meno che siano .
Scrive a questo proposito Aldo Baquis su LA STAMPA del 15 marzo: "All'intelligence militare risulta che Hamas utilizzi l'attuale periodo di calma per mettere a punto attentati contro obiettivi israeliani imprecisati: forse colonie, forse basi militari. In Cisgiordania inoltre i militanti sono impegnati, secondo l'intelligence, a cercare di produrre razzi Qassam con cui bombardare le retrovie israeliane".

Perchè queste informazioni non compaiono nella cronaca di REPUBBLICA ?

Ecco l'articolo:

GERUSALEMME - C´è ancora molta distanza fra i piani di pace di Sharon e quelli di Mahmud Abbas (o Abu Mazen). Il presidente dell´Autorità Palestinese è convinto che, una volta ottenuta una dichiarazione formale di tregua dai gruppi radicali (con i quali s´incontrerà oggi al Cairo) potrà cominciare un negoziato a tutto campo con il governo israeliano. Ma Sharon non è dello stesso avviso, e gli ha risposto indirettamente dicendo al segretario dell´Onu Kofi Annan, di ritorno in Israele e nei Territori palestinesi dopo quattro anni, che non ci potrà essere alcun progresso negoziale se le stesse formazioni radicali non saranno prima completamente disarmate.
Più tardi Sharon è tornato sul tema, in modo ancora più intransigente, quasi a voler svuotare in anticipo gli eventuali risultati del vertice del Cairo. «La tregua non è la soluzione - ha detto il premier - finché i gruppi armati non rinunceranno al terrorismo». Nel frattempo però il dialogo tra israele e Anp prosegue: il ministro della Difesa israeliano Mofaz ha incontrato quello degli Interni palestinese Youssef: i due hanno concordato che gli israeliani passeranno il controllo di Gerico ai palestinesi da domani, mentre Tulkarem verrà lasciata dagli israeliani all´inizio della prossima settimana.
Del ritiro israeliano hanno discusso nel loro incontro Sharon e Kofi Annan. Il segretario generale dell´Onu oggi guiderà la folta rappresentanza straniera, composta da sette capi di Stato, sei primi ministri e decine di personalità, invitata dalle autorità israeliane a partecipare all´inaugurazione del nuovo Museo dell´Olocausto. La missione del segretario delle Nazioni Unite era ispirata al tentativo di mantenere un profilo equidistante. Ma le aspettative si sono rovesciate: se a Gerusalemme l´incontro con Sharon è filato via senza intoppi, a Ramallah il segretario dell´Onu è stato contestato da alcune centinaia di palestinesi che gli rimproveravano di non aver incluso nel suo itinerario una visita al muro di separazione costruito, secondo la Corte di Giustizia dell´Aja, in violazione delle leggi internazionali. Annan, che era a colloquio con Abu Mazen alla Muqata, è stato costretto ad uscire da una porta secondaria.
In passato i governi israeliani, specialmente quelli di destra, così come una larga parte dell´opinione pubblica, non hanno mai risparmiato critiche all´Assemblea generale dell´Onu, considerata come una fucina di umori anti-israeliani e di provvedimenti pregiudizialmente a favore dei palestinesi. Di contro, i palestinesi hanno sempre visto nell´Onu, e nelle varie agenzie che si occupano degli effetti più drammatici del conflitto, dei protettori affidabili.
La visita di Kofi Annan ha anche il senso di un riavvicinamento, il tentativo di ritrovare quel vocabolario comune che ha nella difesa dei diritti fondamentali e nella ripulsa della violenza e del fanatismo i suoi principi irrinunciabili.
Nei confronti di tutti e due i suoi interlocutori Kofi Annan s´è presentato come il paladino della Road Map, «un membro del quartetto» ha detto, un primus inter pares, dunque, che ha a cuore tanto la sicurezza dello Stato d´Israele quanto la riuscita del percorso ideato da Bush al culmine del quale i palestinesi dovrebbero avere il loro stato. «Che non dovrebbe essere troppo lontano», ha detto.
Ieri intanto 250 liceali, prossimi all´arruolamento, hanno mandato una lettera aperta al quotidiano Haaretz per segnalare che non intendono prestare il servizio militare, e che soprattutto non vogliono operare nei Territori palestinesi. Gli studenti non vogliono partecipare ad una politica di «occupazione e oppressione» e preferiscono contribuire al bene sociale con altri mezzi «che non prevedano il fare del male ad altri esseri umani», hanno scritto.
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