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La Stampa Rassegna Stampa
14.03.2005 Abu Mazen negozia con Hamas
la cronaca di Aldo Baquis

Testata: La Stampa
Data: 14 marzo 2005
Pagina: 10
Autore: Aldo Baquis - la redazione
Titolo: «Abu Mazen: in settimana al Cairo annuncerò la tregua - Annan, iniziato il tour in Israele»
LA STAMPA di lunedì 14 marzo 2005 pubblica una cronaca di Aldo Baquis, "Abu Mazen: in settimana al Cairo annuncerò la tregua".
Le dichiarazioni di Hamas, relative a "ripetute aggressioni da parte di Israele" non sono commentate dal giornalista. Sarebbe invece stato opportuno ricordare il fatto oggettivo che è Hamas ad aggredire Israele con il terrorismo.
Per il resto l'articolo è corretto. Si segnala in particolare il fatto che viene data la notizia dello scontro tra studenti di Hamas e di al Fatah nel campo di Hebron, ignorata da altri quotidiani.
Scorretti, invece, l'occhiello (dove il terrorismo è definito "lotta armata") e il sottotitolo, una semplice trascrizione delle tesi di Hamas ("Hamas prende le distanze: le aggressioni continuano e non ci permettono di andare al summit egiziano").

Ad accompagnare il servizio una foto che non c'entra nulla, ma che serve a confermare stereotipi: una manifestazione di donne arabe fronteggiate da soldati israeliani con la didascalia: "La protesta delle donne contro la costruzione del muro in Cisgiordania"

Ecco il testo dell'articolo:

Alla vigilia della partenza per il Cairo - dove spera di proclamare questa settimana assieme con tutte le fazioni politiche palestinesi un formale cessate il fuoco con Israele - il presidente palestinese Abu Mazen si è ieri rivolto direttamente agli israeliani con una lunga intervista alla loro televisione statale e ha confermato loro che secondo i palestinesi la violenza non ha alcuno scopo.
«L'unica via è quella delle trattative» ha ribadito Abu Mazen, che si è detto anche convinto che i gruppi palestinesi più radicali siano destinati ad abbandonare la lotta armata e ad assumere la forma di partiti politici. Il presidente commentava in particolare la decisione di Hamas di partecipare alle elezioni politiche palestinesi del prossimo luglio.
L'intervista è stata rilasciata mentre a Gerusalemme il premier Ariel Sharon era impegnato ad esaminare un ponderoso rapporto sulla costruzione in Cisgiordania di oltre 100 avamposti non autorizzati, realizzata nel corso degli anni dal movimento dei coloni in stretta cooperazione con alti funzionari statali e con responsabili militari.
Rivolto in particolare ai dirigenti di Washington, Sharon ha ribadito in forma generale l'impegno del suo governo di rimuovere quegli avamposti, in cui vivono diverse centinaia di coloni. Ma in termini pratici, le ruspe dei demolitori per ora resteranno ferme perché Israele ritiene di dover dare la precedenza al più ambizioso ritiro da Gaza (previsto per luglio) che comporta lo sgombero di ottomila coloni. Un’operazione che richiederà la mobilitazione delle forze armate, il richiamo dei riservisti e un aiuto massiccio da parte della polizia israeliana. In questo momento - ha lasciato intendere il premier - non ci sono forze disponibile per giocare a rimpiattino in Cisgiordania con alcune centinaia di coloni.
Abu Mazen ha mostrato un approccio pragmatico. Gli accordi di Oslo (del 1993, fra Israele e Olp) non sono affatti deceduti, ha affermato. I palestinesi sono intenzionati a procedere nella realizzazione del Tracciato di pace e, nei limiti delle loro possibilità, lottano attivamente contro la violenza. Ma Israele - ha aggiunto - deve fare passi significativi per convincere la popolazione palestinese che davvero si sia voltata pagina, rispetto agli anni del confronto apero con Arafat. Nel breve termine è a suo parere necessaria la liberazione di migliaia di detenuti e l'arresto dei lavori di costruzione del Muro di separazione in Cisgiordania. Occorre adesso procedere nella realizzazione del Tracciato di pace ed avviare fin d'ora trattative israelo-palestinesi per una soluzione definitiva del conflitto. I palestinesi - ha ribadito - non sono infatti interessati ad uno stato provvisorio. Sulla questione più delicata - quella dei profughi - è possibile trovare un’intesa giusta che tenga conto sia dei sentimenti dei palestinesi sia delle esigenze di sicurezza di Israele.
Ma se negli uffici di Abu Mazen regnava ieri un clima disteso, ben diversa è la situazione nei Territori dove da due giorni centinaia di manovali inscenano dimostrazioni per il grave stato di indigenza in cui si trovano dopo anni di disoccupazione. Tafferugli sono inoltre avvenuti nel campus universitario di Hebron (Cisgiordania) dove, spranghe alla mano, si sono confrontati centinaia di studenti di Hamas e di al-Fatah, alla vigilia di un test elettorale: nove i feriti. Tensione viene segnalata anche nel campus di Gaza, dove il rettore ha rassegnato le dimissioni in seguito ad incidenti avvenuti una settimana fa.
E ancora da Gaza ieri Hamas ha reso noto che i suoi delegati dei Territori non si recheranno affatto al Cairo perché Israele non ha concesso i permessi di viaggio all’intera delegazione. Anche sulla proclamazione della tregua (che Abu Mazen si prefigge) Hamas afferma di avere riserve «dovute alla ripetute aggressioni da parte di Israele».
Una situazione dunque incandescente, che non sfugge ad Abu Mazen. Agli israeliani ha detto che l'Anp fa tutto il possibile per impedire nuovi attentati. Ma se per sfortuna dovessero accadere egualmente lo sbaglio peggiore sarebbe, a suo avviso, bloccare le relazioni fra le due parti. Perché questo è appunto l'obiettivo politico che si prefiggono gli oppositori della tregua.
Riportiamo anche il trafiletto (un lancio AGI) "Annan, iniziato il tour in Israele":
GERUSALEMME. Il segretario generale delle Nazioni Unite Kofi Annan è arrivato ieri in Israele dove ha subito cominciato i colloqui con il primo ministro Ariel Sharon, il cui governo aveva appena approvato la decisione di demolire e sgomberare 24 avanposti allestiti illegalmente dai coloni ebrei in Cisgiordania. Oggi Annan ha in programma colloqui con il presidente palestinese Abu Mazen, a Ramallah. Per i prossimi tre giorni sono attesi a Gerusalemme una trentina di primi ministri, ministri degli Esteri e dignitari governativi provenienti da tutto il mondo, per la cerimonia inaugurale del nuovo museo dell’Olocausto.
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