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La Stampa Rassegna Stampa
13.03.2005 L'Iran vuole la bomba
E l'Europa che fa ? Fiamma Nirenstein intervista Bernard Lewis

Testata: La Stampa
Data: 13 marzo 2005
Pagina: 6
Autore: Fiamma Nirenstein
Titolo: «Europei, non perdete l'onore sull'Iraq»
L'Iran vuole la bomba. Che fa l'Europa ? Fiamma Nirenstein intervista Bernard Lewis sulla STAMPA del 13-03-2005.
Ecco l'articolo

TEL AVIV- IL professor Bernard Lewis, che incontriamo nella sua casa di Tel Aviv dove passa due mesi l’anno proveniente dall’Università di Princeton, è certamente non solo il maggiore storico del Medio Oriente, ma anche il creatore dello sfondo storico e idoelogico su cui si è costruita la linea della democratizzazione del Medio Oriente. Nei giorni in cui nasce nell’area il «people power», come l’ha chiamato News Week, la sua attenzione è felicemente puntata sul tema che per lungo periodo è stata solo oggetto dei suoi libri.
Professor Lewis, in Iraq seguitano a scoppiare le bombe, ogni giorno decine di morti,i terroristi sembrano tenere di stretto assedio il processo di democratizzazione.
«Sinceramente, seguito ad essere sempre molto più umanamente e storicamente impressionato da quello che è successo il giorno delle votazioni e da tutto quello che sta accadendo in Medio Oriente. Vediamo l’Iraq: forse ancora non lo si è valutato fino in fondo. Milioni di persone che, non avendo mai visto prima un’elezione libera, in un paese tormentato dal terrorismo continuo, va ai seggi elettorali, si mette in fila con le famiglie, mettono il voto nell’urna, escono, si fermano a festeggiare...Un coraggio straordinario, non ho mai visto niente di simile in tutta la mia vita di storico del Medio Oriente. Per il voto! Incredibile...E poi, pur con contrasti prevedibili, quello che è accaduto nelle strade di Beirut sarebbe stato inconcepibile solo qualche mese fa. E vediamo manifestazioni anche a Damasco, e segnali svariati altrove. È un periodo che dire interessante è dir poco, ed è logico che ci sia una reazione malefica».
Ma quello che si vede è un autentico carnaio, è difficile pensare che tutto il Medio Oriente sia d’accordo per la democratizzazione.
«Difatti non lo è, la gente la vuole, non i dittatori. In generale ci sono due grandi paure. Una è quella di cui l’Europa ha fatto quasi un dogma, ovvero che la democratizzazione non possa riuscire. La secondo è che possa riuscire. Sarebbe un attentato mortale a persistenti tirannie che governano i Paesi mediorentali, che si sentono minacciate dalla nascita di una società libera e aperta in Iraq, o altrove. Per esempio, è un pericolo mortale per Siria e Iran».
Quindi, attribuisce il terrorismo a mani straniere?
«Sono vari gruppi con un interesse in comune: quelli che vogliono restaurare la tirannia di Saddam Hussein; quelli che vogliono preservare la tirannia in Siria, in Iran e altrove; e i fondamentalisti islamici. Talvolta si pensa che non possano cooperare, ma ricordiamoci che gli Alleati mantenero una stretta alleanza con l’URSS per diversi anni finchè distruggemmo l’Asse. Poi ricominciò la lotta fra le due parti. Loro pensano a una linea analoga: prima le democrazie; poi, scontro interno».
Ma nonostante il forte attacco lei pensa che la linea della democratazzazione di Bush marci vittoriosa? C’è un’autentica primavera mediorentale?
«Penso proprio di sì, ma nessuno può prevedere il futuro. Il corso della democrazia nel medio Oriente ha vinto qualche battaglia, non la guerra, le forze del terrore hanno molti alleati, potrebbero riuscire a rallentare il cammino. Ma oggi sappiamo che le popolazioni arabe vogliono la democrazia».
Professore, la democrazia irachena stenta molto a mostrare un volto intelleggibile, è lenta e combattuta, anche se proprio in questi giorni le parti cercano di trovare un accordo. La presenza americana è ingombrante; quanto tempo deve restare?
«Quanto occorre, nè un giono di più nè uno di meno per sgomberare la strada verso la libertà, non per donarla, perchè la libertà si costruisce da soli. Così è stato anche in Italia o in Gremania nel ’45. Ma la democrazia non si fa in un giorno. Pensi alla Francia ci sono state due monarchie, due imperi, due dittaure, il Direttorio di Vichy e due repubbliche...La maggior parte delle democrazie europee e giovane e tenero. Considerando il passato della regione, gli iracheni stanno procedendo eccezionalmente bene».
Non crede che l’onnipresenza americana crei una reazione furiosa nel mondo arabo contro l’Occidente, compresa l’Europa? L’America ha avuto l’attacco dell’11 di settembre, ma perchè l’Europa dovrebbe ingaggiarsi in modo tanto coinvolgente?
«Molti in Europa non attribuiscono grande importanza alla libertà e alla democrazia, e capisco il sentimento per cui combattere per la democrazia non è cosa fondamentale: ma non condivido. Sono nato in Inghilterra e vivo in America, ho un diverso approccio».
Cerchi di spiegare perchè è tanto importante.
«Le democrazie, per esempio, non fanno guerra ad altre democrazie. Non invadono altri Paesi come fece Saddam nel 1990 col Kuwait. Non avvelenano le menti dei loro popoli perchè siano portati a compiere cechi atti di aggressione annessionista. Non usano organizzazioni terroriste a scopo di destabilizzazione e di mantenimento del potere. Questo avvantaggia tutti quanti, ma in Europa si è riprodotta una psicologia di Monaco, quando Chamberlain pensava di aver stretto un accordo onorevole con Hitler in omaggio alla stabilità...Invece l’Europa perse la pace e l’onore. E potrebbe oggi perderlo ad esempio, sottovalutando il pericolo Iran».
Perchè, non potrebbe davvero essere che l’Iran produca nucleare per usi pacifici?
«No: l’Iran ha i più grandi depositi di petrolio del mondo. Vogliono la bomba: guardano alla Corea del Nord e pensano che l’Europa convincerà gli USA a conferire loro la stessa immunità. Secondo le migliori informazioni, stanno per raggiungere il loro scopo, e sarà un pericolo per tutti. È una tirannia che si mantiene al potere con la forza sul popolo iraniano.»
Quindi ha tutte le caratteristiche per diventare la prossima zona di guerra...
«Il popolo iraniano non ha bisogno di spedizioni militari esterne, ci sono indicazioni di una larga volontà popolare e del fatto che gli iraniani sono pronti. Soltanto, hanno paura di essere pugnalati alle spalle dai cosidetti combattenti per la libertà e i diritti umani in Occidente, e li capisco».
Lei pensa, mi sembra, che il maggior pericolo per la rivoluzione mediorentale in atto siamo noi, gli europei. O meglio, la sinistra europea.
«Penso che sia davvero ora di abbandonare questa terminolgia: era la disposizione dei posti alla prima Assemblea Nazionale Francese dopo la rivoluzione. Non sono leggi di natura. Il Partito Nazional Socialista era quello di Hitler e aveva una bandiera rossa. La destra moderata e la sinistra moderata hanno oggi molto più in comune della sinistra e della destra radicale. Molte delle cause della destra fascita sono diventate di quella che sono tentato di chiamare sinistra fascista. Quanto all’Europa: sta a lei decidere. Non c’è neutralità in questa guerra. Starete da una parte o dall’altra, la scelta è solo vostra».
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