Hamas e Jihad non sono terroristi, i siriani non sono occupanti la faziosità del quotidiano napoletano
Testata: Il Mattino Data: 11 marzo 2005 Pagina: 8 Autore: un giornalista - Michele Giorgio Titolo: «Palestina, Hamas verso la tregua - Migliaia di soldati siriani lasciano il Libano»
Da IL MATTINO di venerdì 11 marzo 2005 riportiamo il trafiletto "Palestina, Hamas verso la tregua". Si noti che Hamas e Jihad islamica sono indicate come "due gruppi armati", così, semplicemente, come possono esserlo le forze militari regolari.
Ecco l'articolo: Le fazioni palestinesi dovrebbero raggiungere un accordo globale su una tregua nei confronti di Israele al Cairo la settimana prossima: lo ha indicato il presidente palestinese Abu Mazen durante una visita nella Striscia di Gaza. «Non ci sono divergenze radicali, il dialogo del Cairo dovrebbe portare all'annuncio di un accordo», ha detto il rais ai cronisti. L'Egitto ha invitato il 15 marzo tutte le fazioni palestinesi, compresi Hamas e Jihad Islamica, i due gruppi armati che hanno preso le distanze dalla dichiarazione di cessazione delle ostilità pronunciata il mese scorso al vertice di Sharm al Sheikh da Abu Mazen e dal premier israeliano Ariel Sharon. Il quotidiano napoletano pubblica anche l'articolo di Michele Giorgio "Migliaia di soldati siriani lasciano il Libano". Giorgio è sicuro del ritiro siriano dal Libano e anche che elezioni anticipate porterebbero il paese al disastro. Lievemente attenuata, si ritrova in questo pezzo la stessa faziosità di quello che Giorgio ha scritto per IL MANIFESTO ( vedi "Reticenze e disnformazione su Hezbollah", Informazione Corretta 11-03-05)
Ecco il testo: Beirut. I soldati siriani lasciano il Libano ma a Beirut restano al potere gli esponenti politici legati a Damasco. Ieri il presidente Emile Lahud ha affidato l'incarico di formare il nuovo governo ad Omar Karame, 10 giorni dopo che quest'ultimo era stato costretto a dimettersi in seguito alle forti proteste dell'opposizione contraria alla presenza delle truppe siriane nel paese. Consapevole della precarietà della sua posizione, il premier incaricato ha invitato l'opposizione a partecipare a un governo di unità nazionale che, ha detto, è l'unica strada per salvare il paese dalla distruzione. «Il modo per affrontare tutte le difficoltà cui la nazione deve far fronte è un governo di unità nazionale», ha affermato durante la conferenza stampa tenuta al palazzo presidenziale di Baabda. I rappresentanti dell'opposizione hanno reagito con toni diversi alla notizia dell'incarico dato a Karame, astenendosi per il momento dal rispondere all'appello al governo di unità nazionale. Alcuni hanno condannato senza mezze parole la scelta di Lahud. «Per guidare il Libano ci vuole un uomo nuovo che sappia ridare piena indipendenza al nostro paese e assicuri alla giustizia i responsabili dell'assassinio di Rafik Hariri», ha dichiarato Ghnwa Jalul, una delle principali esponenti dell'opposizione. Altri invece hanno avuto toni meno agguerriti. Tra questi il leader druso Walid Jumblatt che ha fatto sapere che «bisogna dare una possibilità a Karame». Da parte sua Karame ha replicato alle critiche facendo intendere che potrebbe farsi da parte di fronte al rifiuto della sua proposta di governo di unità nazionale. «Se non riuscirò a riunire il paese - ha poi ammonito - è possibile un rinvio delle elezioni legislative». Un'eventualità che potrebbe provocare un incendio politico in Libano. Lo spostamento della data del voto verrebbe interpretato da gran parte del paese come un tentativo di impedire alla popolazione di esprimere la sua volontà. Le forze filo-siriane ora si sentono più forti dopo la manifestazione oceanica a favore della Siria e contro «le ingerenze straniere», organizzata dal movimento integralista Hezbollah, e in grado di resistere meglio alle pressioni interne ed internazionali. Damasco da parte sua gioca con abilità le sue carte e, lanciando segnali concilianti alla comunità internazionale, prosegue il ridispiegamento delle sue forze armate. Il ministro della difesa libanese Abdul Rahim Mrad ha detto che migliaia di soldati siriani stanno lasciando il Libano, in base al piano di ritiro in due fasi. «La prima potrebbe riguardare 6.000-7.000 soldati su 14.000. La maggior parte di quelli che si ritirano stanno andando in territorio siriano», ha detto. Secondo quanto hanno concordato lunedì scorso Assad e Lahud, le truppe siriane disposte nel nord del Libano e all'interno e attorno a Beirut si ritireranno ad est, nella Valle della Bekaa, vicino alla frontiera. Un convoglio di almeno 115 veicoli militari ieri ha varcato il confine dopo aver lasciato le postazioni nel nord del Libano mentre numerosi carri armati sono stati raggruppati all'aeroporto militare di Qoleiaat, nella parte settentrionale del paese. Invitiamo i lettori di Informazione Corretta a dare il proprio giudizio su quanto scritto dal quotidiano napoletano. Cliccando sul link sottostante si aprirà una e-mail pronta per essere compilata e spedita.