Israele, la lotta al terrorismo e i valori americani: uno storico vede tra di essi un contrasto che non c'è sulle pagine culturali del quotidiano cattolico
Testata: Avvenire Data: 08 marzo 2005 Pagina: 31 Autore: Daniela Pizzagalli Titolo: «L’Occidente? È troppo diviso»
AVVENIRE di martedì 8 marzo 2005 pubblica un'intervista di Daniela Pizzagalli allo storico americano Anatol Lieven. Il quale si domanda: «Perché un paese al quale, dopo gli attacchi dell’11 settembre, si era offerta la possibilità di creare un’intesa fra tutti i più grandi Stati del pianeta - compresi quelli musulmani - contro il terrorismo rivoluzionario islamista, ha invece scelto di intraprendere una linea che ha diviso l’Occidente, alienato ulteriormente il mondo musulmano e ha esposto l’America stessa a un pericolo di gran lunga maggiore?». E si risponde: «Il fallimento deriva soprattutto da alcune peculiarità del nazionalismo americano. Il nazionalismo Usa ha due anime in conflitto: la prima è il credo americano, fatto di grandi principii democratici e civili, che svolgono fra l’altro una funzione speciale nel tenere insieme una nazione dalle caratteristiche così disparate; la faccia oscura è l’identificazione di questi principii come una cultura specificamente anglo-protestante e la conseguente paura della classe media americana di esserne spossessata, una paura che produce spinte al conservatorismo e al fondamentalismo religioso». Di questa "facccia oscura" del nazionalismo americano farebbe parte il sostegno a Israele. Infatti, per Lieven, «i motivi del quasi unanime appoggio dei politici americani a Israele, nonostante i comportamenti nei Territori Occupati siano incompatibili con i principii del credo americano, risiedono in parte nell’affinità tra la "teologia dei muscoli" della destra israeliana e la tradizione pionieristica statunitense».
Si tratta di tesi singolarmente strabiche: da un lato Lieven invoca, per combattere il terrorismo, l'alleanza con le dittature del mondo islamico, strategia più sicura e multilateralista del progetto neoconservatore di democratizzazione del Medio Oriente. Dall'altro sostiene che l'appoggio alla lotta della democrazia israeliana contro il terrorismo andrebbe contro i principi "democratici e civili" americani.
In realtà sono proprio i valori "democratici e civili" (che nella società americana non sono in genere in contrasto con quelli religiosi ) a determinare il sostegno degli Stati Uniti alla lotta di Israele per la propria esitenza e sicurezza. E all'aspirazione, sempre più evidente, dei popoli arabi e musulmani alla libertà.
Ecco l'articolo: «Non credo che il tragico incidente che ha provocato la morte di Nicola Calipari provocherà un cambiamento nei rapporti tra Italia e Usa: sarebbe sbagliato demonizzare solo i soldati americani come gente tracotante dallo sparo facile. La mia lunga esperienza di corrispondente di guerra mi ha insegnato che tutti i militari, quando sono sotto pressione in zona operativa, nel dubbio sparano, poi si informano. Detto questo, è anche vero che la retorica nazionalista americana tende a inculcare l’idea che i suoi soldati, in quanto portatori di un valore assoluto e incontrovertibile come la democrazia, non possono guardare tanto per il sottile sui mezzi per raggiungerla. C’è una certa ossessione sui principii, ma il rovescio della medaglia porta rigidità e violenza». Lo storico e giornalista Anatol Lieven, nato a Londra da padre tedesco originario della Lettonia e da madre irlandese, non si definisce inglese ma «suddito di Sua Maestà britannica», e ha girato mezzo mondo come corrispondente del Times, soffermandosi soprattutto in zone calde come il Pakistan e l’Afganistan; a causa di questa sua esperienza, dopo l’11 settembre 2001 è stato preso in forza dal "Carnegie Endowment for international peace" di Washington per approfondire gli studi sul terrorismo e sui modi di combatterlo. Lieven si domanda: «Perché un paese al quale, dopo gli attacchi dell’11 settembre, si era offerta la possibilità di creare un’intesa fra tutti i più grandi Stati del pianeta - compresi quelli musulmani - contro il terrorismo rivoluzionario islamista, ha invece scelto di intraprendere una linea che ha diviso l’Occidente, alienato ulteriormente il mondo musulmano e ha esposto l’America stessa a un pericolo di gran lunga maggiore?». Ecco la risposta che si dà: «Il fallimento deriva soprattutto da alcune peculiarità del nazionalismo americano». Lieven esprime seri timori sulla crescente polarizzazione della società americana, un tema sul quale ha deciso di scrivere un saggio, Giusto o sbagliato, è l’America ( Sperling & Kupfer, pp.325, euro 19,00) ora pubblicato in Gran Bretagna, Italia, Francia, Giappone e Corea ma non negli Usa, anche se nelle intenzioni dell’autore lo scopo del libro era di sensibilizzare gli americani su questa questione suscitando un ampio dibattito. «Il nazionalismo Usa ha due anime in conflitto: la prima è il credo americano, fatto di grandi principii democratici e civili, che svolgono fra l’altro una funzione speciale nel tenere insieme una nazione dalle caratteristiche così disparate; la faccia oscura è l’identificazione di questi principii come una cultura specificamente anglo-protestante e la conseguente paura della classe media americana di esserne spossessata, una paura che produce spinte al conservatorismo e al fondamentalismo religioso. La religiosità fondamentalista protestante è diventata parte integrante della radicalizzazione della destra americana, e a mio parere può contribuire a distanziare gli Stati Uniti da gran parte dell’Europa, il cui approccio religioso è più aperto e tollerante. Questa incrinatura è deplorevole, perché un Occidente unito costituisce una forza formidabile, in particolare per risolvere la questione mediorientale». Quindi il nazionalismo americano è un fattore d’impedimento anche a una soluzione al conflitto tra israeliani e palestinesi? «Il terrorismo - risponde Lieven -non potrà mai essere sconfitto senza la pace in Medio Oriente fra Israele e la Palestina. Disgraziatamente, come dimostrano le votazioni all’Onu, di tutte le scottanti questioni mondiali questa è probabilmente quella sulla quale gli Usa si trovano più isolati dal resto della comunità internazionale, e questo fatto ha alimentato lo spirito del nazionalismo americano, incoraggiando una percezione della comunità internazionale come irreparabilmente malevola, antisemita e antiamericana. I motivi del quasi unanime appoggio dei politici americani a Israele, nonostante i comportamenti nei Territori Occupati siano incompatibili con i principii del credo americano, risiedono in parte nell’affinità tra la "teologia dei muscoli" della destra israeliana e la tradizione pionieristica statunitense». Queste severe considerazioni non impediscono a Lieven di trovarsi molto bene a vivere in Usa: «E’ il posto più interessante che ci sia. I giochi del mondo si fanno là. Sono convinto che, anche se l’Unione Europea e gli Stati Uniti conosceranno una crescente diversità culturale, potranno comunque collaborare in base a un realismo pragmatico che tenga conto dei rispettivi interessi, come sta succedendo con la Cina». Invitiamo i lettori di Informazione Corretta ad inviare la propria opinione alla redazione di Avvenire. Cliccando sul link sottostante si aprirà una e-mail già pronta per essere compilata e spedita.