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La Stampa Rassegna Stampa
28.02.2005 Intervento militare degli Usa se l'Iran passasse l'atomica a Hezbollah
intervista a Thomas Donnelly, consigliere della Casa Bianca

Testata: La Stampa
Data: 28 febbraio 2005
Pagina: 7
Autore: Paolo Mastrolilli
Titolo: «Giusto punire Mosca sospendendola dal G8»
Su LA STAMPA di lunedì 28 febbraio 2005, Paolo Mastrolilli intervista il consigliere della Casa Bianca Thomas Donnelly sulla minaccia nucleare e terroristica iraniana e sulla pericolosa politica della Russia verso il regime degli ayatollah.
Ecco il pezzo:

La linea rossa invalicabile è la proliferazione: nel momento in cui avessimo la prova che l'Iran sta passando l'arma nucleare ad Hezbollah, o ad altri gruppi terroristici, dovremmo intervenire militarmente».
Lo scenario tratteggiato da Thomas Donnelly, studioso dell'American Enterprise Institute vicino all'amministrazione americana, prevede la forza come ultima risorsa, ma segue la linea del presidente Bush nel non toglierla dal tavolo.
Sul piano tecnico, quanto è pericoloso l'accordo sigliato da Mosca per fornire combustibile nucleare a Teheran?
«Molto. Se vuoi costruire l'atomica, oltre alla tecnologia per riprocessare i materiali devi avere il carburante. Non è un elemento sufficiente a realizzare la bomba, ma è necessario».
I russi sostengono che nel contratto ci sono delle garanzie di sicurezza, perché gli iraniani dovranno restituire il combustibile usato. Questo impedirebbe l'estrazione del plutonio, utilizzabile per la bomba. Non le pare abbastanza per prevenire problemi?
«No, perché controllare l'uso sarebbe comunque molto difficile. Il problema alla base dell'impostazione russa è il presupposto che il programma nucleare iraniano abbia scopi pacifici. Questo non ha senso. Teheran possiede petrolio, gas e molte altre risorse per produrre energia elettrica. Non ha bisogno di centrali atomiche, se non per obiettivi militari».
Quanto è lontana la Repubblica islamica dalla costruzione di un'arma nucleare?
«Circa due anni. Non è una valutazione esclusivamente americana, ma il consenso che esiste nella comunità dell'intelligence internazionale».
Cosa bisogna fare per prevenire questo pericolo?
«Io penso che possiamo isolare politicamente l'Iran, e contenerlo come facemmo con l'Unione Sovietica durante la guerra fredda. Se però avessimo la prova che sta passando la bomba atomica ai terroristi, saremmo costretti a intervenire militarmente. Questo vale tanto per gli Stati Uniti, quanto per l'Europa e Israele».
Procediamo per gradi: lei sostiene la mediazione condotta da Gran Bretagna, Francia e Germania?
«Sì. Dubito che produrrà risultati, ma è utile avere una strategia complementare tra Europa e America: voi tenete in mano la carota, noi il bastone».
Se la mediazione europea fallisse, lei sarebbe favorevole a portare la questione davanti al Consiglio di Sicurezza dell'Onu, per imporre sanzioni?
«Sì, ma anche qui temo che non faremmo molti progressi. Finché Russia e Cina avranno il veto in Consiglio, l'Iran non correrà grandi rischi al Palazzo di Vetro. E non sono sicuro neppure del comportamento della Francia».
Una volta fallita la mediazione europea e la carta dell'Onu, cosa bisognerebbe fare?
«Isolare l'Iran e trattarlo come l'Unione sovietica, affinché le pressioni esterne, i mutamenti democratici in corso nella regione, e la dissidenza interna producano il cambiamento di regime, che poi resta la politica degli Stati Uniti verso la Repubblica islamica».
Sta dicendo che se fra un anno e mezzo Teheran fosse ad un passo dall'atomica, lei non favorirebbe l'intervento militare per fermarla?
«Tutto dipende dalla situazione. Se l'Iran intende usare l'arma nucleare come un deterrente, possiamo neutralizzarla con gli strumenti politici del contenimento, che funzionarono molto bene con Mosca. Se invece intende passarla ai terroristi dobbiamo intervenire, perché non ci sono dubbi che Hezbollah userebbe l'atomica, nel momento stesso in cui la ricevesse».
I senatori McCain e Lieberman hanno proposto di punire la Russia, sospendendola dal G8. Lei è d'accordo?
«Sì, non solo per l'intesa nucleare con l'Iran, ma anche per la repressione interna delle libertà, la Cecenia, e le forniture militari alla Cina. Un membro responsabile della comunità internazionale democratica non può comportarsi così. Il presidente Bush è andato in Europa e ha avuto successo nel creare un fronte unito contro l'atomica iraniana, anche se i ruoli interpretati da Bruxelles e Washington sono diversi. Non possiamo permettere che la Russia faccia saltare l'intera strategia comune».
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