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Il Manifesto Rassegna Stampa
28.02.2005 L'attentato a Tel Aviv? Come se non ci fosse stato
per il quotidiano comunista

Testata: Il Manifesto
Data: 28 febbraio 2005
Pagina: 6
Autore: S.D.R.
Titolo: «Sharon interrompe il "dialogo" con Abu Mazen»
IL MANIFESTO di lunedì 28 febbraio 2005 pubblica un articolo di S.D.R. sulle reazioni israeliane all'attentato di Tel Aviv.
Il pezzo, a parte un breve cenno iniziale, sembra diemnticar5e del tutto che vi sia stato un attentato.
Sharon, scrive S.D.R., ha usato toni e parole del "solito, vecchio premier israeliano come tutti sono abituati a conoscerlo", (...) neanche un accento diverso, degno del «cambiamento» della situazione da tutti celebrato".
Per S.D.R. i morti e i feriti della strage suicida non rappresentano un fatto significativo, che impone a Sharon, come lo imporrebbe a qualsiasi premier israeliano, una ferma presa di posizione. No, semplicemente "Sharon è sempre lo stesso", le aperture che gli erano state attribuite si rivelano false ingannevoli. Questo perché risponde, soltanto politicamente e non militarmente, a un attentato suicida.
Non sarebbe più logico dire che è l'Anp ad aver fatto promesse che non ha mantenuto?
Sarebbe più logico che accusare Israele, certo, ma va sottolineato che quest'ultima non lo fa.
Secondo il consigliere del ministro della Difesa, Amos Ghilad, l'Anp di Abu Mazen è "come una delicata piantina che va accudita perché metta radici esi rafforzi".
Di queste dichiarazioni non c'è traccia nell'articolo di S. D. R., certo perché incompatibili con l'immaggine di un Israele che stava solo aspettando l'occasione di tornare a usare la forza militare contro i palestinesi.
Nel pezzo si trova invece una difesa della Siria "destinata oggi a fare il cattivo di turno, qualunque cosa accada nell'area mediorientale".
Come se la Jihad islamica non fosse realmente ospitata a Damasco...
Si osservi anche che la frase che abbiamo riportato, sostituendo a "Siria", "Israele" costituisce una precisa descrizione dell'"informazione" mediorientale del quotidiano comunista...

Ecco l'articolo:

«Non vi saranno progressi diplomatici, ripeto, nessun progresso diplomatico, finché i palestinesi non agiranno vigorosamente per spazzare via i gruppi terroristici e le loro infrastrutture sul territorio dell'Anp». Così ha parlato ieri Ariel Sharon nella prima riunione di gabinetto dopo l'attentato suicida che venerdì notte a Tel Aviv ha ucciso quattro persone e ne ha ferite almeno 50. Toni e parole del solito, vecchio premier israeliano come tutti sono abituati a conoscerlo. Neanche un accento diverso, degno del «cambiamento» della situazione da tutti celebrato: Israele si appresta ad «alzare il livello delle operazioni contro il terrore» e nel frattempo, dopo che è stato congelato di fatto il passaggio al controllo dell'Anp delle principali città della Cisgiordania, il governo israeliano annuncia l'intenzione di rivedere anche l'impegno a liberare nei prossimi mesi altri 400 detenuti palestinesi (la settimana scorsa ne avevano lasciati andare 500). Il vice ministro della difesa israeliano, Zeev Boim, più esplicito del premier, ha evocato esplicitamente la riesumazione degli attacchi ad personam contro i vertici della Jihad islamica e ha definito «certamente possibile» un attacco militare di Israele contro la Siria, accusata di convolgimento nell'attentato(più tardi il vice premier Shimon Peres ha dichiarato che il capitolo siriano è stato preso in mano dagli Usa e l'iniziativa è ora a Washington). Secondo un vecchio copione, la situazione diventa un «test» per il presidente dell'Anp. Abu Mazen deve dimostrare di essere degno interlocutore e colpire duro la Jihad islamica nei territori anche se i vertici dell'organizzazione a Gaza negano ogni responsabilità nell'attentato. Una rivendicazione è venuta dalla Jihad islamica in Libano, riecheggiata da quella siriana e dai militanti in Cisgiordania. Il che segnalerebbe quantomeno una spaccatura dell'organizzazione nei territori palestinesi. Una lista di miltanti sospettati di essere coinvolti nell'attentato è stata fatta pervenire ad Abu Mazen da Israele, che si aspetta ovviamente arresti immediati, senza neppure verifica delle prove. In seguito all'attacco, comunque, la forze di sicurezza palestinesi hanno arrestato cinque residenti di villaggi a nord di Tul Karem. Abu Mazen ha condannato duramente l'attentato accusando «terze parti» di «sabotare la tregua e il processo politico in corso». L'Anp ha anche deciso che l' accusa avanzata d'ora in poi contro i terroristi non sarà più «danneggiamento dell'interesse nazionale» ma «essere al servizio degli interessi di un paese straniero».

Quanto alla Siria, destinata oggi a fare il cattivo di turno, qualunque cosa accada nell'area mediorientale, ha respinto le accuse di Israele. Il ministro degli esteri di Damasco ha dichiarato ieri che il suo paese sostiene la costituzione di uno stato palestinese e dunque favorisce la costruzione del dialogo con Israele. Partecipare a un attentato suicida contraddirebbe la sua politica.

Altro effetto collaterale degli eventi, il rinvio al 15 marzo dell'incontro fra Anp e dirigenti di diverse organizzazioni militanti che avrebbe dovuto tenersi il 5 marzo al Cairo. Tema in discussione: conferma della tregua con Israele e riforme palestinesi.

Sullo sfondo, la Conferenza di Londra sulle riforme istituzionali palestinesi che si apre martedì, e verso la quale Israele ostenta indifferenza.
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