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Fiamma Nirenstein ci parla della guerra antisemita contro l'Occidente

Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein". 
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)

Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine. 



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Corriere della Sera Rassegna Stampa
28.02.2005 Sharon è troppo aggressivo
una cronaca scorretta di Giuliano Gallo

Testata: Corriere della Sera
Data: 28 febbraio 2005
Pagina: 8
Autore: Giuliano Gallo
Titolo: «Israele ai palestinesi:arrestate quei terroristi»
Ariel Sharon, dopo la strage di Tel Aviv "torna all'aggressività che gli è più congeniale" e, chiedendo ad Abu Mazen l'arresto di 15 esponenti della Jihad islamica che accusa di essere coinvolti nell'attentato mette " il leader palestinese con le spalle al muro".
Si riproduce così il "dilemma che Yasser Arafat si era sempre rifiutato di affrontare, cioè come fermare la violenza senza provocare una lacerazione all'interno dell'universo palestinese".
Circa le accuse alla Siria: "Damasco contrattacca con una durezza ancora maggiore". E le accuse del regime siriano a Israele, che si organizzerebbe gli attentati da sola, chiudono, nonostante la loro infondatezza, la cronaca di Giuliano Gallo, sul CORRIERE DELLA SERA di lunedì 28 febbraio 2005.

A noi sembra che, anzichè discettare della congenialità a Sharon dell'aggressività o del dialogo, bisognerebbe riconoscere che i pericoli per la sicurezza degli israeliani rimangono, e che il governo è ovviamente costretto a prenderne atto e ad agire di conseguenza.
Ci sembra inoltre che scrivere ancora del "dilemma" di Arafat sia un modo di falsificare la storia. Arafat sosteneva, incoraggiava e organizzava il terrore, non affrontò alcun dilemma, perchè seppe sempre molto bene cosa fare.

Ecco l'articolo:

« Non ci sarà alcun progresso politico fintanto che l'Anp non agirà energicamente contro le infrastrutture del terrorismo » . La luna di miele è finita, Ariel Sharon torna all'aggressività che gli è più congeniale. E spedisce a Mahmoud Abbas un messaggio molto duro e molto chiaro: « Esorto l'Anp ad avviare un'azione vigorosa contro questo orribile crimine.
Questo è il loro banco di prova. Noi intanto abbiamo intensificato le nostre operazioni contro i terroristi » . Un messaggio accompagnato da gesti che lo rendono se possibile ancora più esplicito: nelle ultime ore il governo ha deciso l'interruzione « sine die » del ritiro dell'esercito dalle cinque città che erano state « promesse » ai palestinesi, e minaccia di ripristinare la terrificante tattica degli omicidi mirati ( che Israele si era impegnata a sospendere), ma ventila anche la possibilità di sospendere il rilascio dei prigionieri, e infine annuncia che la tregua con la Jihad islamica è « da considerarsi finita » .
E ai militanti della Jihad verrà impedito di andare al Cairo il 5 marzo prossimo, per la prevista riunione con i vertici dell'Anp. La riunione è stata quindi annullata dal governo palestinese. In pratica il vertice di Sharm el Sheikh viene per il momento congelato. Ma la mossa politicamente più decisa è un'altra: il ministro della Difesa israeliano Shaul Mofaz ha consegnato all'autorità palestinese una lista di 15 militanti ricercati, e chiede a Mahmoud Abbas di darsi da fare per arrestarli. Immediatamente. In pratica significa mettere il leader palestinese con le spalle al muro: se quei 15 non verranno arrestati, tutti i timidi progressi delle ultime settimane rischiano di svanire per sempre.
Lo stesso dilemma che Yasser Arafat si era sempre rifiutato di affrontare, cioè come fermare la violenza senza provocare una lacerazione all'interno dell'universo palestinese, è ora sul tavolo del suo successore. E la sabbia nella clessidra continua a scorrere veloce: la Jihad minaccia nuovi attentati, Israele non esclude di poter colpire i santuari del terrorismo in Siria, la polizia è tornata allo stato di massima allerta. Certo, Mahmoud Abbas sembra in buona fede, quando parla di voler sradicare il terrorismo: subito dopo la strage di Tel Aviv ha ammonito i capi dei suoi servizi di sicurezza, avvertendoli che rischiavano il posto se non si fossero dati da fare in tempi brevissimi.
« Il presidente è in difficoltà — ammette uno dei suoi uomini più fidati — perché vuole davvero mettere fine agli attentati, ma sa anche che attaccare frontalmente i movimenti islamici potrebbe provocare una guerra civile a Gaza e in Cisgiordania » .
Sul lato israeliano del confine sono rimasti in pochi a concedere al presidente palestinese un credito illimitato.
Uno di questi è Amos Gilad, portavoce del ministro della Difesa Shaul Mofaz: « Abbas è una piantina delicata, che deve essere accudita perché si irrobustisca. Rispetto alla presidenza di Arafat c'è una bella differenza: Arafat incoraggiava i terroristi, Abbas li vuole combattere » . Quindi, dice Guilad, « dobbiamo dargli credito, lasciargli l'occasione di fare la sua politica » .
Secondo il ministero della Difesa israeliano non c'è « nessun dubbio » che l'attentato di Tel Aviv sia opera della Jihad, « che ha ricevuto ordini da Damasco » . Il vice premier Shimon Peres punta il dito contro lo stesso presidente siriano Bashar Assad: responsabile della strage perché l'ordine è venuto dal suo Paese. « Deve decidere a quale mondo appartenere — ha detto il leader laburista — , al mondo del terrorismo o al mondo che combatte il terrorismo » . Israele lascia chiaramente intendere di essere disposto anche a un'azione sul territorio siriano.
Ma Damasco contrattacca con una durezza ancora maggiore: « La velocità con la quale Mofaz ci ha accusato — dice al Cairo il ministro degli Esteri siriano Faruq El Sharaa — mostra che conosce l'autore di questa operazione, e sa che si trova in Israele » .
La stessa equivalenza di credibilità assegnata dall'articolo alle accuse israeliane e a quelle siriane si ritrova nella sintesi delle prese di posizione dei due paesi, in due fascette laterali che incorniciano la cronaca di Gallo.
Ne riportiamo il testo:

Israele
Sappiamo che l'ordine per la strage è stato dato da elementi della Jihad islamica a Damasco, ciò nulla toglie alle responsabilità dell'Anp Il presidente Abbas è una delicata piantina che deve essere accudita affinché si irrobustisca e sviluppi salde radici Il presidente siriano Assad è responsabile, deve decidere a quale mondo appartiene: a quello del terrorismo o a quello che combatte il terrorismo

Siria.L'accusa israeliana non si basa su prove e non può neanche basarsi sulla fantasia, visto che la Siria ha teso la mano per la pace Damasco ha sostenuto gli sforzi di Abbas per la pace e per la creazione di uno Stato palestinese e intende continuare così Ci sono mani israeliane dietro all'attentato di Tel Aviv, che hanno lo scopo di distruggere l'unità nazionale palestinese
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