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Il Mattino Rassegna Stampa
22.02.2005 Michele Giorgio rispolvera il "kamikaze ebreo"
e minimizza i fatti del giorno

Testata: Il Mattino
Data: 22 febbraio 2005
Pagina: 4
Autore: Michele Giorgio - la redazione
Titolo: «Israele libera 500 prigionieri palestinesi - Pronti ad attaccare centrali nucleari in Iran»
Ma la notizia dei timori per il "kamikaze ebreo" non risale ad oltre una settimana fa? Michele Giorgio sul MATTINO di martedì 22 febbraio 2005 la ripesca pur di descrivere una situazione "burrascosa" sul versante israeliano, e questo nonostante l'ennesima vittoria politica di Sharon. Menzione anche per la "potente", demoniaca "lobby dei coloni". Le centinaia di detenuti palestinesi liberati da Israele? Poca roba, lo dicono i palestinesi e per Giorgio hanno sempre ragione. Nella foto che accompagna l'articolo si vede una donna, "scarcerata dagli israeliani", che abbraccia il suo bimbo. Lo scopo è quello di impietosire il lettore, facendogli credere che questa immagine di inoffensività e di amore materno rappresenti al meglio i detenuti palestinesi rinchiusi nelle carceri israeliane. Dimenticando terroristi e assassini.

Ecco l'articolo:

Gerusalemme. Tempesta in casa palestinese, burrasca in quella israeliana. Ariel Sharon, che domenica era riuscito a ottenere il via libera del governo israeliano al ritiro da Gaza (che inizierà a metà luglio) invece deve fare i conti con la potente lobby dei coloni e la destra radicale, decise ad impedire l’evacuazione degli insediamenti ebraici. Il quotidiano Yedioth Ahronot ha scritto che un kamikaze ebreo potrebbe immolarsi pur di uccidere il primo ministro, considerato un traditore dai nazionalisti più accesi. Sharon peraltro rischia di cadere sulla legge finanziaria, che deve essere approvata entro il 31 marzo. Altrimenti dovrà dare le dimissioni e il paese andrà ad elezioni anticipate. Le polemiche hanno fatto passare in secondo piano la scarcerazione ieri mattina da parte di Israele di 500 detenuti palestinesi. Altri 400 dovrebbero essere liberati nei prossimi tre mesi se la calma relativa nei Territori occupati proseguirà. Fra i palestinesi la scarcerazione di un numero modesto di detenuti hanno destato irritazione, che è andata ad aggiungersi al nervosismo per il mancato passaggio al controllo dell’Anp di due città cisgiordane (Gerico e Tulkarem) che doveva essere già avvenuto. «Gli israeliani non comprendono che per noi la questione dei prigionieri è di importanza centrale» ha avvertito Hisham Abdel Razeq, il responsabile dell'Anp per la questione. «Sono i nostri soldati, non possono essere lasciati a marcire dietro le sbarre. Se non saranno rimessi in libertà, si creerà una situazione pericolosa». Oggi a rischiare forte è Abu Ala dopo che sul suo nuovo governo ieri si è abbattuta una pioggia di critiche da parte dei parlamentari di Al-Fatah, il principale partito palestinese, che pure domenica notte aveva dato il suo appoggio al nuovo esecutivo su sollecitazione del presidente Abu Mazen. Abu Ala ieri ha lasciato infuriato l’aula dopo che 14 dei primi 17 parlamentari chiamati al voto si erano espressi per il «no». Ad un certo punto il premier ha agitato nervosamente un microfono, manifestando tutto il suo disappunto per l’andamento della seduta che è stata aggiornata a questa mattina. In attesa c’era anche Abu Mazen desideroso di vedere nel nuovo esecutivo due uomini di sua fiducia, il generale Nasser Yusef, destinato all’incarico di ministro dell’interno, e «l’uomo forte» di Gaza Mohammed Dahlan, al quale spetterà il posto di ministro per gli affari di governo con un mandato speciale per i negoziati con Israele sulle questioni di sicurezza. Il Clp non abbassato la guardia dopo la morte del presidente Yasser Arafat, contrario a rinnovamenti radicali, e continua a richiedere un cambiamento profondo dell’esecutivo, per soddisfare la richiesta di lotta alla corruzione proveniente dalla popolazione. Rivolgendosi all’assemblea parlamentare Abu Ala ha ribadito l'impegno del nuovo governo per le riforme e per il rafforzamento del potere giudiziario e affermato di non voler smantellare i gruppi armati palestinesi, come richiesto da Israele, ma di voler riportare «la legge e l’ordine» nei Territori occupati senza ricorrere al pugno di ferro.
Il trafiletto che segue è invece presente sull'edizione on-line del quotidiano. Si noti nel titolo,«Pronti ad attaccare centrali nucleari in Iran» ( addirittura virgolettato) la falsificazione delle parole di Eliezer Shkedi, comandante dell'aviazione militare israeliana.
Shkedi, infatti, come si evince dalla lettura dell'articolo, ha detto che Israele "deve" essere pronta a colpire installazioni nucleari in Iran, non che "è" pronta a farlo. In altri termini, ha detto che Israele deve essere pronto a difendersi, non che è sul punto di farlo con un attacco preventivo.
Anche nel titolo, inoltre, doveva essere fatta menzione della bomba atomica che l'Iran cerca di costruirsi. Israele non ipotizza di attaccare "centrali nucleari" per la produzione di energia elettrica, ma centri per la produzione di armi di sterminio.

Ecco l'articolo:

Il comandante dell'aviazione militare israeliana, generale Eliezer Shkedi, ha detto che «Israele deve essere pronto a lanciare un attacco contro le installazioni nucleari in Iran» dove gli Usa sospettano si lavori allo sviluppo della bomba atomica. Il generale non ha precisato se Israele sia in grado di condurre da solo una tale incursione, come avvenne nel 1981, quando aerei distrussero la centrale nucleare di Tammuz, in Iraq.
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