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Il Mattino Rassegna Stampa
21.02.2005 Ancora scorrettezze sulla barriera difensiva
tutti i dati confermano che serve a salvare vite umane, ma si continua a dare credito a chi la chiama "muro dell'apartheid"

Testata: Il Mattino
Data: 21 febbraio 2005
Pagina: 3
Autore: Giorgio Raccah
Titolo: «Svolta in Israele: via i coloni da Gaza»
theid"IL MATTINO di lunedì 2 febbraio 2005 pubblica una cronaca di Giorgio Raccah sull'approvazione del ritiro da Gaza e del nuovo tracciato della barriera di separazione da parte del governo israeliano.
E' proprio sulla barriera di sicurezza che l'articolo manca di obiettività: vengono presentate la tesi israeliana (la barriera è "necessaria per prevenire infiltrazioni di terroristi") e quella palestinese (la barriera è "il muro dell'apartheid"), ma non i dati smentiscono quest'ultima e confermano l'altra: la barriera no esisterebbe senza terrorismo e non è quindi al servizio di nessuna politica segregazionista ( e del resto in Israele gli arabi sono cittadini con pieni diritti) e ha ridotto del 90% gli attentati suicidi riusciti.
Inoltre nel finale dell'articolo Raccah scrive che: "L'Alta Corte di Giustizia dell' Aja ha stabilito che la barriera è illegale trovandosi in gran parte in territorio occupato". In realtà la Corte dell'Aja ha fatto solo marginalmente riferimento a questo punto, la condanna della barriera da essa espressa è una pura e semplice dichiarazione di illegittimità dell'autodifesa da parte di Israele.
La barriera sarebbe illegale, per l'Aja anche se seguisse la linea verde, perché Israele in quanto "occupante" non avrebbe il diritto di difendersi da attacchi provenienti dai territori occupati come se provenissero da uno Stato aggressore.
Per questo la sentenza dell'Aja è stata definita molto bene da Carlo Panella "la fatwa dell'Aja", la legittimazione giuridica del terrorismo anti-israeliano in nome di un presunto "diritto internazionale" anziché del diritto islamico.

Ecco l'articolo:

Gerusalemme. Il governo israeliano ha autorizzato, dopo 38 anni di occupazione, lo sgombero della striscia di Gaza, inclusi i 21 insediamenti che vi aveva costruito più altri quattro nel nord della Cisgiordania. Ha pure approvato il nuovo, più corto, tracciato della barriera di separazione che sta costruendo in Cisgiordania, che è ora molto più vicino alla «linea verde», il vecchio confine armistiziale antecedente il conflitto del 1967. Le due decisioni, che i media locali hanno definito «storiche», sono state prese dal governo del premier Sharon, dopo una seduta tormentata che cominciata la mattina si è conclusa solo in serata. L'assenso dato allo sgombero degli insediamenti, dove vivono circa ottomila coloni, e al ritiro dalla Striscia, col voto favorevole di 17 ministri e quello contrario di altri cinque (tra i quali l'ex-premier e ora ministro della finanze Binyamin Netanyahu), è chiaramente una vittoria del primo ministro. Premia la sua tenacia e determinazione nell'insistere sulla realizzazione di un piano che egli ha detto di ritenere «essenziale per il futuro dello Stato di Israele». Un assenso che è costato a Sharon lo scioglimento della precedente coalizione di governo e la formazione di una diversa, e una spaccatura profonda, oltre che nel suo stesso partito, il Likud, anche in seno alla stessa società israeliana. La destra nazional-religiosa minaccia fuoco e fiamme contro una decisione che considera illegittima in quanto contraria alle leggi religiose ebraiche. I servizi di sicurezza ritengono inoltre che la stessa vita di Sharon e di altri ministri che hanno approvato il ritiro sia minacciata da gruppi ultranazionalisti. La discussione sul ritiro è andata avanti per sette ore prima della votazione che si è conclusa nel senso voluto da Sharon anche grazie all'appoggio compatto che gli hanno assicurato i cinque ministri laburisti. Il Consiglio degli insediamenti in Cisgiordania e Gaza ha reagito alla decisione con un infuriato comunicato ha accusato Sharon di aver compiuto un «colpo di Stato politico trasformando un governo che era chiaramente di destra in un governo di sinistra che ha un solo scopo: la rimozione degli insediamenti ebraici» nei Territori. Il piano entra ora nella fase esecutiva. Il premier, a quanto risulta, ha già firmato un ordinanza di sgombero degli insediamenti, a partire dal prossimo 20 luglio. L' operazione dovrebbe essere completata in sette settimane. Per le operazioni di sgombero, in quattro fai, saranno impegnati seimila soldati e poliziotti disarmati, che saranno protetti da un cordone di altri quattromila militari. La seconda importantissima decisione che Sharon è riuscito a far passare con venti voti favorevoli e solo uno contrario è l'approvazione del nuovo tracciato della barriera di separazione in Cisgiordania, che Israele giudica necessaria per prevenire infiltrazioni di terroristi, ma che i palestinesi definiscono «il muro dell'apartheid». Nel nuovo tracciato la barriera (in parte formata da un muro di cemento alto diversi metri) corre per 620 km lungo una linea che è più vicina al vecchio confine armistiziale con la Cisgiordania. Ciò nonostante ingloba nel versante israeliano circa il 7% del territorio cisgiordano (16% nel vecchio tracciato), 10.000 palestinesi, il grande insediamento urbano di Maalè Adumim, a est di Gerusalemme, e il gruppo di insediamenti di Gush Etzion, vicino a Hebron. Un terzo della barriera è già stato costruito. L'approvazione data al nuovo tracciato è stata condannata da Saeb Erekat, ministro dell' Autorità nazionale palestinese il quale ritiene che «comprometterà gli sforzi in corso per rinnovare il processo di pace. Fonti governative israeliane hanno detto che il nuovo tracciato è stato accettato dal governo americano. L'Alta Corte di Giustizia dell' Aja ha stabilito che la barriera è illegale trovandosi in gran parte in territorio occupato.
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