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La Stampa Rassegna Stampa
16.02.2005 Ritiro da Gaza coordinato con l'Anp, alcuni insediamenti in Cisgiordania faranno parte di Israele
una conferenza stampa di Ariel Sharon

Testata: La Stampa
Data: 16 febbraio 2005
Pagina: 6
Autore: Aldo Baquis
Titolo: «Sharon ci annetteremo le colonie cisgiordane»
LA STAMPA di mercoledì 16 febbraio pubblica una cronaca di Aldo Baquis, sostanzialmente corrett su una conferenza stampa del premier israeliano Ariel Sharon.
Scorretto, invece il titolo: "Sharon: ci annetteremo le colonie cisgiordane".
Come si evince dall'articolo, infatti, Sharon ha parlato di alcuni, non di tutti, gli insediamenti in Cisgiordania.
Inoltre, nella conferenza è stato anche dato l'importante annuncio del coordinamento con l'Anp sul ritiro da Gaza.
Del quale però non c'è traccia nel titolo, che si concentra solo sulla prevista annessione.

Ecco l'articolo:

Ad una settimana dal riuscito vertice egiziano di Sharm el-Sheikh il premier israeliano Ariel Sharon ha lanciato ieri segnali contradittori alla leadership palestinese quando in una conferenza stampa ha detto da un lato che avrà cura di coordinare con l'Anp le varie fasi del ritiro da Gaza, ma dall'altro ha avvertito che intende annettere ad Israele importanti zone omogenee di insediamento in Cisgiordania.
Su Gaza, il premier ha assunto posizioni molto flessibili. «Per la pace, abbiamo dovuto adottare passi molto dolorosi» ha constatato, proprio mentre alla Knesset infuriava un drammatico dibattito sui risarcimenti che spetteranno agli ottomila coloni ebrei che questa estate dovranno essere sgomberati dalla Striscia. «Adesso l'importante è andare avanti con decisione, senza ritardi» ha aggiunto, riferendosi alla lotta senza quartiere mossa contro di lui dal movimento dei coloni e dalla destra eversiva.
Infine la parole che i dirigenti di Ramallah volevano sentire: «Il ritiro da Gaza sarà coordinato con i palestinesi», ha esplicitamente dichiarato, per la prima volta, Sharon confermando poi che Israele vuole impedire a Hamas e alla Jihad islamica di prendere il potere in quella zona. Nella interpretazione palestinese la parola «coordinamento» significa che il ritiro Gaza - concepito quando Israele non prevedeva alcun sbocco politico per la presenza di Yasser Arafat - non è più un «binario morto», bensì lo svincolo di ingresso nella Road Map, la autostrada diplomatica che dovrebbe presto portare ad uno stato palestinese indipendente e democratico, accanto ad Israele.
Ma a rendere più complessa la decifrazione delle intenzioni del primo ministro di Israele è giunta la sua convinzione che il piano di disimpegno dai palestinesi (che si basa in buona parte sulla costruzione di una grande Barriera di separazione a ridosso delle linee armistiziali con la Cisgiordania) servirà a rafforzare il controllo di Israele su vaste aree omogenee di insediamento in Cisgiordania. «Quelle aree faranno parte un giorno dello stato ebraico» ha assicurato Sharon.
Il premier non ha precisato quali siano le zone da annettere ad Israele: ma uno sguardo al tracciato della Barriera indica che pensava probabilmente alla città-colonia di Ariel, alla fascia di insediamenti costruiti in Cisgiordania vicino all'aeroporto Ben Gurion di Tel Aviv, alla città-colonia di Maaleh Adumim e alla zona di Gush Etzion, alle porte di Betlemme. All'incirca, tre quarti degli oltre 200 mila coloni.
Proprio in questi giorni la lobby dei coloni, che è impegnata a sventare il ritiro da Gaza, cerca di salvare almeno il salvabile organizzando ad esempio un trasferimento dei coloni di Gaza in Cisgiordania: ad esempio nel Gush Etzion. Il leader del Likud è perplesso: da un lato il progetto servirebbe ad allentare la tensione nelle strade (ancora ieri a Gerusalemme è comparsa la scritta: «Arik (Sharon), Hitler è fiero di te», tracciata da ultras di destra), ma dall'altro rischia di irritare gli Stati Uniti a cui Israele ha assicurato che i coloni di Gaza saranno insediati nel Neghev o in Galilea. Lunedì sera, in una colonia di Gaza, il cantante di rock-hassidico Adi Ran ha entusiasmato il pubblico quando da dietro la chitarra elettrica ha assicurato che «Dio è con noi» (ossia con i coloni) e «non con lui», ossia il premier. «Arik, attento - ha proseguito l'artista, che ha molti fan nelle colonie e nei collegi rabbinici - ti frulleremo il cervello». Ai giornalisti della stampa estera Sharon ha assicurato che minacce del genere non lo influenzano affatto e non possono alterare i suoi progetti. «In tutta la mia vita mi sono sempre rifiutato di arrendermi alle minacce e non credo che inizierò adesso» ha osservato il 76.enne primo ministro. Intanto, la Russia ha fatto sapere a Israele che venderà missili alla Siria nonostante l'opposizione dello Stato ebraico. Sharon ha spiegato: «Ho scritto al presidente russo Vladimir Putin e ho capito, dalla sua risposta, che venderanno queste armi ai siriani ... Questo ci preoccupa e riteniamo che ciò non avrebbe dovuto avvenire». Mentre la conferenza stampa era in corso, nuove violenze si sono verificate nei Territori. Alla periferia di Ramallah, dopo una sassaiola, i soldati israeliani hanno aperto il fuoco uccidendo un adolescente palestinese. Poco dopo, nella zona di Nablus, militari israeliani hanno ucciso anche due palestinesi armati che in apparenza si accingevano ad attaccare la colonia di Har Bracha. In Cisgiordania la situazione è tutt'altro che stabile e per ora è slittato il passaggio della città di Gerico al totale controllo dell'Anp.
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