Rapporti tra Israele e Santa Sede: perchè riportare solo fonti cattoliche? meglio sarebbe stato sentire anche la posizione del governo di Gerusalemme
Testata: Il Foglio Data: 12 febbraio 2005 Pagina: 2 Autore: un giornalista Titolo: «Sodano e Rice, la Santa Sede chiede all'America di aiutarla nei rapporti con Israele»
IL FOGLIO di martedì 15 febbraio dedica un articolo ai rapporti tra Israele e Santa Sede e alla mediazione chiesta da quest'ultima agli Stati Uniti. Leggendolo si nota che le uniche fonti citate sono di parte cattolica (in particolare la rivista dei gesuiti americani "America"). Perchè non documentare anche la posizione israeliana? Inoltre stupisce trovare un'espressione come "il governo di Tel Aviv". Al FOGLIO, giornale accuratissimo, anche e soprattutto nella politica estera, ovviamente sanno benissimo che la capitale di Israele è Gerusalemme.
Ecco il testo dell'articolo: Roma. L’incontro del segretario di Stato americano Condoleezza Rice con i vertici della Segreteria di Stato vaticana, una settimana fa, sono stati valutati in maniera particolarmente positiva da entrambe le parti. Il portavoce vaticano Joaquin Navarro-Valls nel suo comunicato ha parlato di incontro "cordiale" e ha sottolineato come la Rice abbia espresso gli auguri al pontefice, in quei giorni al Gemelli, "a nome del presidente Bush, del popolo americano e suo personale". Precisazione, quest’ultima, non superflua, visto che l’aria tra la Rice e i Sacri Palazzi era piuttosto freddina da quando, un anno fa, l’allora consigliere per la sicurezza nazionale aveva manifestato platealmente il suo "non capire" la linea del Papa sulla guerra in Iraq. La Radio vaticana, da parte sua, ha parlato di "colloquio molto cordiale" e ha sottolineato – quasi con compiacimento – che quella vaticana è stata "una tra le prime tappe scelte, nella sua nuova veste istituzionale, da Condoleezza Rice". Nel colloquio, che è durato circa un’ora, si è parlato soprattutto di Terra Santa e di medio oriente. E non si è insistito molto sul tema Iraq. In Vaticano si guarda con cauto ottimismo alla situazione nella Terra Santa del dopo Arafat. Dove le cose non sembrano procedere per il meglio è nei rapporti bilaterali tra la Santa Sede e il governo di Tel Aviv. Ed è proprio per questo che, forse, la Santa Sede ha attenuato i toni polemici con l’amministrazione Usa. In Vaticano non ci sono stati ripensamenti sul giudizio negativo nei confronti della campagna irachena scatenata lo scorso anno. Ma in questa fase si preferisce soprassedere su sterili recriminazioni e si cerca di puntare sul ruolo positivo che l’amministrazione Bush può giocare sia a Baghdad sia, soprattutto, nei stata "una tra le prime tappe scelte, nella sua nuova veste istituzionale, da Condoleezza Rice". Nel colloquio, che è durato circa un’ora, si è parlato soprattutto di Terra Santa e di medio oriente. E non si è insistito molto sul tema Iraq. In Vaticano si guarda con cauto ottimismo alla situazione nella Terra Santa del dopo Arafat. Dove le cose non sembrano procedere per il meglio è nei rapporti bilaterali tra la Santa Sede e il governo di Tel Aviv. Ed è proprio per questo che, forse, la Santa Sede ha attenuato i toni polemici con l’amministrazione Usa. In Vaticano non ci sono stati ripensamenti sul giudizio negativo nei confronti della campagna irachena scatenata lo scorso anno. Ma in questa fase si preferisce soprassedere su sterili recriminazioni e si cerca di puntare sul ruolo positivo che l’amministrazione Bush può giocare sia a Baghdad sia, soprattutto, nei rapporti Vaticano-Israele. Come ha scritto infatti l’editoriale dell’ultimo numero di "America" (21 febbraio), il settimanale dei gesuiti Usa, "sebbene non sia stata dichiarata nessuna crisi, le relazioni (tra Israele e Santa Sede, ndr) si stanno seriamente deteriorando". Il periodico, tra l’altro, ha ricordato come recentemente il governo israeliano abbia detto alla Corte Suprema di non sentirsi vincolato dagli accordi stipulati con la Santa Sede nel 1993. "Questa dichiarazione – è il duro commento di America – è un affronto non solo al mondo cattolico ma a tutti coloro che prendono sul serio gli accordi internazionali". La rivista, che cita anche anonime fonti vaticane, ricorda che gli accordi del ’93 portarono anche allo storico riconoscimento dello Stato di Israele da parte della Santa Sede. E scrive: "I critici dell’accordo avvisarono che la Santa Sede si era giocata la sua unica carta (il riconoscimento diplomatico) in cambio di una promessa. Più di undici anni dopo sembra che sia accaduto proprio questo. Israele non ha mantenuto le promesse". Parole forti, che in effetti si sentono sussurrate anche all’interno dei Sacri Palazzi, tra gli esperti della diplomazia pontificia. Sono due gli aspetti che secondo il Vaticano violano il diritto internazionale e la storia dei diritti maturati dalla Chiesa in Terra Santa fin dai tempi della dominazione ottomana: l’esercizio di politiche fiscali arbitrarie da parte del governo di Israele contro le proprietà della Chiesa e il rifiuto governativo di istituire un processo nei tribunali israeliani per risolvere le dispute sulla proprietà. Non solo. Una Commissione bilaterale formata per risolvere i problemi è stata in un primo tempo abbandonata unilateralmente da Israele, quindi, nel luglio dello scorso anno, ha ripreso a lavorare grazie alle pressione americana, ma da ultimo è stata di nuovo "boicottata" da Tel Aviv, sia perché i suoi rappresentanti non avevano le deleghe necessarie per trattare, sia perché non si sono proprio presentati alle ultime riunioni previste. E proprio per smuovere questo impasse diplomatico che la Santa Sede ha sentito il bisogno, di nuovo, dei buoni uffici dell’amministrazione Bush. Buoni uffici che sono stati richiesti anche dal presidente della Conferenza episcopale americana, il vescovo di Spokane William S. Skylstad, con una lettera ufficiale scritta alla stessa Rice lo scorso 13 gennaio e resa di pubblico dominio cinque giorni dopo. Il pressing vaticano sulla Casa Bianca un primo risultato sembra averlo ottenuto. La ripresa dei negoziati è attesa proprio per oggi. In Vaticano c’è attesa di sapere se questa sarà la volta buona. Invitiamo i lettori di Informazione Corretta ad inviare la propria opinione alla redazione de Il Foglio. Cliccando sul link sottostante si aprirà una e-mail già pronta per essere compilata e spedita.