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La Stampa Rassegna Stampa
14.02.2005 Iraq: dopo la disinformazione sulle elezioni, quella sui risultati
che sarebbero un "miracolo" della commissione elettorale

Testata: La Stampa
Data: 14 febbraio 2005
Pagina: 7
Autore: Giuseppe Zaccaria
Titolo: «Al Sistani a un passo dallo strapotere»
La commissione elettorale, che è "indipendente" solo tra virgolette, è riuscita a fare il "miracolo", cioè i brogli.
Questa l'interpretazione, priva di qualsiasi elemento d'appoggio, data da Giuseppe Zaccaria ai risultati delle elezioni irachene, sulla STAMPA di lunedì 14 febbraio 2005.
I nudi numeri dei risultati elettorali sembrerebbero invece rendere improbabile l'ipotesi dei brogli (troppo alto il risultato delle liste legate ad Al Sistani, troppo basso quello del presunto uomo degli Usa Allawi)come pure quella dell'ormai inevitabile avvento in Iraq di una repubblica islamica.
Ma le risorse retoriche del pregiudizio sono inesauribili. Dopo "nessuno parteciperà alle elezioni", "le elezioni porteranno alla guerra civile", "alle elezioni hanno partecipato molti meno iracheni di quanto ci abbiano detto, non più del 45%", "le elezioni porteranno a una teocrazia sciita", ora forse è la volta di "la commissione elettorale ha fatto "miracoli" ".

Ecco l'articolo:

LA commissione «indipendente» infine è riuscita nel miracolo della compensazione, una sorta di doppio prodigio non solo quello di proclamare risultati elettorali attesi e rinviati da dieci giorni, ma soprattutto il capolavoro di bloccare l'Alleanza sciita a un passo dallo strapotere. Il 48,2 per cento dei voti non dovrebbe bastare ad assegnare, nel conteggio dei seggi, la maggioranza assoluta alla lista di Al Sistani. E comunque il margine non sarebbe tale da consentire azioni di forza.
L'operazione della Commissione dev'essere stata molto complessa ma c'è solo da rallegrarsene: appena l'altro ieri le indiscrezioni che emergevano dai conteggi vedevano l'unione fra Dawa e Sciri intorno al 59 per cento con la possibilità di un ulteriore balzo in avanti viste le zone a maggioranza sciita ancora da scrutinare.
Adesso invece i conteggi ufficiali smussano vittorie troppo evidenti, attenuano troppo evidenti sconfitte e paiono collocare le cose in un contesto più agevole alla ricerca di equilibri e alleanze. Comunque si sia giunti a questi risultati, per opporvisi c'è tempo appena tre giorni e la legge di transizione non offre alcuna garanzia ad eventuali opponenti.
Già sembra profilarsi un primo conflitto interpretativo, una norma preelettorale prevede che vengano esclusi dal Consiglio tutti i partiti che non abbianmo raggiunto uno sbarramento. Il limite era stato fissato in 30.750 voti e questo metterebbe fuori gioco anche il leader sunnita Adnan Pachaci, da nessuna parte però è scritto che la ripartizione dei seggi debba essere fatta contando solo i voti di chi rimane. Se così fosse gli sciiti raggiungerebbero quel tetto di 140 seggi che si è fatto di tutto per evitare: un’interpretazione che alla fine potrebbe essere bocciata.
Ci sono state anche più di novantamila schede nulle: in gran parte erano quelle su cui era stato scritto «Saddam Hussein» oppure «dateci il lavoro», quindi archiviamo queste prime percentuali «democratiche» in attesa di tempi migliori .
Nel nuovo Consiglio nazionale iracheno alle schiere benedette dall’ayatollah Al Sistani sono stati attribuiti il 48,2 per cento dei voti e 140 seggi o 132 seggi a seconda delle interpretazioni, quasi il 26 per cento viene assegnato all'alleanza dei curdi con 75 seggi e poco meno del 14 (40 posti) al partito del premier uscente Allawi. In pratica, a votare per un'affluenza che è stata del 58 per cento si sono recati 4 milioni di sciiti, due di curdi e un milione di governatrivi legati ad Allawi.
Tra le formazioni minori che entreranno a far parte della costituente irachena c'è quella del presidente Ghazi al Yawar, che pur essendo espressione del solo grande candidato sciita ha raggrannellato poco più di 500 mila voti con cinque soli seggi, una Lista nazionale per la Mesopotamia che conquista l'unico, importantissimo seggio cristiano, più turcomanni (tre seggi), comunisti con due seggi ed altri con un seggio ciascuno.
Con una simile distribuzione di forze gli atti d'imperio sono più difficili che mai e infatti i primi commenti sono tutti improntati alla massima prudenza e ad una visione ecumenical degli accordi prossimi venture. «Adesso si tratterà solo di lavorare nell'interesse del popolo iracheno senza alcun pregiudizio legato ad appartenenze etniche o religiose», dice per conto dei vincitori il leader dell'assemblea per la rivoluzione islamica - o Sciri - Ibrahim Al Jafari. Gli fa eco Bahram Saleh, vice primo ministro curdo, per dire che «l'Iraq non può affrontare un altro periodo di conflitti e turbolenze». Esaurita la tormentata fase dei conteggi, si apre quella delle trattative che dietro le dichiarazioni di facciata già sembra propore alcuni seri problemi.
Emersi come seconda forza (e più affidabile) da queste elezioni i curdi si apprestano a presentare un primo rendiconto, al ruolo di presidente hanno già candidato Jajal Talabani però potrebbero anche accettare il posto di primo ministro, tutto dipende da cos'hanno in animo i vincitori sciiti.
Nell'alleanza fra Dawa e Sciri i rapporti paiono ancora relativamente calmi però la «benedizione» dell’ayatollah Al Sistani adesso si paga in termini di disimpegno dei religiosi dalle vicende di Stato, da Najaf il grande saggio ha ribadito che non ritiene utile né saggia la partecipazione dei «mullah» al governo e dunque al momento per gli sciiti la candidatura «forte» è quella di Adel Abdel Mahdi, fino ad oggi ministro delle Finanze. Però tutto è destinato a giocarsi in un grande rimescolamento di nomi e cariche che vedrà i grandi ministeri (interni, difesa, petrolio, esteri) divisi fra sciiti e curdi col tentativo di collocare almeno un sunnita al vertice di un dicastero importante.
Se ciò non dovesse essere possibile per l'azione combinata fra voracia dei vincitori e isolamento dei sunniti allora si cercherà un personaggio che possa almeno sedere in un «comitato dei saggi» che orienti la produzione legislative del Consiglio nazionale, con il potere decisivo di limitare le irruzioni sciite nella legislazione civile.
La legge di transizione dispone un solo ineludibile passaggio: la nomina di presidente e primo ministro devono essere approvati dalla maggioranza dei due terzi dell'assemblea e questa sarà la prima volta (qualcuno ipotizza anche l'ultima) in cui sciiti e curdi voteranno compatti. Allawi sembra preparare invece un melanconico declino, non è stato né il democratico che l'Occidente sognava né l'uomo forte di cui l'Iraq aveva bisogno.
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