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La Stampa Rassegna Stampa
13.02.2005 Gli Hezbollah contro l'accordo di Sharm el Sheik progettano anche di uccidere Abu Mazen
la strategia del gruppo terroristico (che l'Europa non mette al bando ed'è appoggiato dalla sinistra no global) nell'analisi di Fiamma Nirenstein

Testata: La Stampa
Data: 13 febbraio 2005
Pagina: 7
Autore: Fiamma Nirenstein
Titolo: «Gli Hezbollah vogliono assassinare Abu Mazen»
LA STAMPA di domenica 13 febbraio 2005 pubblica un articolo di Fiamma Nirenstein sui tentativi di Hezbollah, organizzazione terroristica che l'Unione europea non riconosce come tale e alla quale guarda con simpatia l'estrema sinistra anche italiana, di bloccare il processo di pace tra israeliani e palestinesi.
Un tentativo che si spinge fino al progetto di uccidere Abu Mazen.
Ecco il testo:

Non si tratta di esagerazioni, né di tentativi marginali di bloccare questo timido processo di pace: gli hezbollah, dicono i servizi palestinesi e israeliani, cercano veramente di organizzare l’assassinio di Abu Mazen e di provocare attacchi terroristici per destabilizzare la situazione. Le quotazioni della violenza sul mercato del conflitto israelo-palestinese non sono basse come ci si poteva aspettare dopo l’accordo di Sharm el Sheikh. Chi procura un kamikaze ha diritto a un premio di 100.000 dollari da parte della milizia sciita libanese; chi porta un filmato (poi spesso trasmesso da «Al Manar») del momento in cui viene sparato su Israele un missile Kassam, riceve 10.000 dollari. Quattro giorni fa ne sono stati sparati trenta in una notte sugli insediamenti del Gush Kativ, a Gaza.
Abu Mazen cerca di reagire come può con mosse interne e diplomatiche: ha cambiato (da due giorni) il capo della polizia e ha ordinato ad Hamas di interrompere il lancio dei missili Kassam. Così, ha mandato inviati a Beirut per trattare un’improbabile tregua che coinvolga Nasrallah, i siriani, gli iraniani. Abdel Fatah Hamayel avrebbe chiesto agli hezbollah di smetterla di finanziare i gruppi terroristi palestinesi. Il ministro degli esteri Nabil Shaat ha visitato Damasco, invece, per chiedere alla Siria di bloccare gli hezbollah dal tentativo di far deragliare il processo di pace. Abbas invece cerca di spiegare a Gaza, alle varie fazioni, che sarà un bene per tutti se la smettono di farsi indottrinare e foraggiare da Nasrallah.
Ma la missione non riuscirà a meno che non cambino gli equilibri di zona: qui si ha infatti a che fare con un’asse che ha fatto degli hezbollah la loro punta di diamante, che ha una strategia di conquista prima di tutto religiosa e quindi territoriale e ideologica nell’area e che coinvolge i veri, più profondi interessi a che Israele resti un paese e una nazione delegittimata e destinata alla sparizione. Quindi, che ha interessi opposti a quelli del Fatah odierno. L’asse Hezbollah-Libano-Siria-Iran è infatti l’asse sciita più attivo nelle sorti della zona. A Damasco hanno sede, per completare il quadro, sia Hamas che la Jihad islamica che ieri hanno promesso una tregua di fatto.
Ma l’interesse a mantenere acceso il conflitto è molto forte e implica un delicato giuoco di potere di cui si vede solo il palcoscenico illuminato dei rapporti fra la Russia di Putin e la Cina con l’Iran e la costruzione del suo nucleare; con la Siria, cui la Russia ha cancellato il debito e si prepara a vendere armi; col Libano, dove una pacificazione cambierebbe gli equilibri economici del medio Oriente. Si vede anche nelle parole di ieri del presidente libanese Emil Lahoud contro gli USA che chiedono alla Siria di lasciare il Libano.
È un’emulazione che implica un’alleanza e un rapporto in cui non c’è tregua in vista. Gli hezbollah inoltre, nuovo finanziatore al posto di Saddad Hussein del terrorismo palestinese, sono un gruppo terribilmente sanguinario, producono una propaganda antiamericana e antisemita senza pari, rapiscono soldati di guardia, minacciano ogni giorno la distruzione di Israele, mostrano sul confine enormi fotografie in cui una mano (la loro mano) porge alla macchina fotografica la testa di un giovane israliano staccata dal corpo. Compiono e finanziano attentati per interposta persona e gestiscono campi di training in Libano; e tuttavia, non vengono riconosciuti dall’Europa come un gruppo terrorista. I francesi dicono che il gruppo ha una rappresentanza parlamentare in Libano, e quindi è regolare. Lo stesso dicono molte organizzazioni che hanno partecipato ai vari social forum degli ultimi anni: la strategia di Nasrallah di convocare a Beirut una delle assemblee preparatorie del World Social Forum cerca una paradossale legittimità nel mondo dell’antiglobalizzazione, e la trova presso l’estrema sinistra anche italiana che vede in essa una delle più attive forze anti Usa e contro qualsiasi pace con Israele, che non sia la pace dei cimiteri.
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