lunedi` 25 novembre 2024
CHI SIAMO SUGGERIMENTI IMMAGINI RASSEGNA STAMPA RUBRICHE STORIA
I numeri telefonici delle redazioni
dei principali telegiornali italiani.
Stampa articolo
Ingrandisci articolo
Clicca su e-mail per inviare a chi vuoi la pagina che hai appena letto
Caro/a abbonato/a,
CLICCA QUI per vedere
la HOME PAGE

vai alla pagina twitter
CLICCA QUI per vedere il VIDEO

Lo dice anche il principe saudita Bin Salman: Khamenei è il nuovo Hitler


Clicca qui






La Stampa Rassegna Stampa
08.02.2005 L'obiettivo politico dei rapitori di Giuliana Sgrena
nell'analisi di Vincent Cannistraro, ex direttore dell'antiterrorismo della Cia

Testata: La Stampa
Data: 08 febbraio 2005
Pagina: 2
Autore: Maurizio Molinari
Titolo: «I rapitori hanno un obiettivo politico»
LA STAMPA pubblica a pagina 2 un'intervista di Maurizio Molinari a Vincent Cannistraro, ex capo dell'antiterrorismo della Cia sul rapimento della giornalista del MANIFESTO Giuliana Sgrena.
Un'analisi utile a capire la situazione e a non farsi suggestionare dalle interpretazioni dietrologiche che alcuni (Agnoletto, Casarini, Giulietto Chiesa) hanno avanzato anche in questo caso.

Ecco l'articolo:

IL rapimento di Giuliana Sgrena viene condotto da persone che sono motivate da ragioni politiche». Questa è l'opinione di Vincent Cannistraro, l’ex capo dell’antiterrorismo della Cia a cui più Paesi europei si sono rivolti per approfondimenti, analisi e studi su quanto sta avvenendo in Iraq.
Perché ritiene che sia un sequestro di stampo politico?
«Perché se teniamo presente ciò che è avvenuto negli ultimi due anni ci rendiamo conto che in Iraq i sequestri possono avere tre tipi differenti di matrici. Innanzitutto ci sono i gruppi jihadisti che hanno denominazioni differenti ma hanno in comune il fatto che quando catturano gli stranieri li uccidono e decapitano per affermarsi all’interno dell’Iraq come la più spietata e terrorizzante fra le forze combattenti. Ci sono in secondo luogo quei gruppi che invece rapiscono solo a fini economici, per ottenere dei riscatti ingenti in tempi relativamente brevi. Si tratta di gruppi di dimensioni differenti che però sanno ciò che vogliono: soldi e ancora soldi. Riuscendo a gestire bene la trattativa e a pagare le persone giuste si ottengono i rilasci. È già avvenuto in più occasioni. E infine vi sono gruppi che agiscono per fini che sono esclusivamente politici, mirano a un pubblico assai più ampio di quello iracheno, sono alla ricerca di sostegno per combattere contro le legittime autorità irachene e la forza militare multinazionale guidata dagli Stati Uniti. Sono convinti che i sequestri possono essere un’arma utile per costruirsi sostegno all’estero, spingere le popolazioni ad osteggiare la presenza di truppe in Iraq. I rapitori che hanno in mano la giornalista del Manifesto secondo il mio parere appartengono proprio a quest’ultima tipologia».
Quindi la loro intenzione è soprattutto quella di diffondere un messaggio ostile alla presenza delle truppe straniere?
«Certo, è di quelle italiane in particolare. Se fossero stati i terroristi jihadisti a catturarla, possiamo essere sicuri che Sgrena sarebbe già morta da un pezzo. Probabilmente lei è stata invece catturata da un gruppo, poche persone, che erano in cerca di danaro, hanno capito di avere per le mani l’occasione giusta per arricchirsi e quindi l’ha poi rivenduta ad altri, che a loro volta adesso la stanno usando a fini politici».
A quale fine in particolare?
«Far arrivare in Italia e in Europa un messaggio ostile alla fase della ricostruzione dopo le elezioni. Immaginare rapimenti molto organizzati è possibile ma non sempre ci si indovina. A volte il sequestro è frutto innanzitutto del caso, con singoli individui armati che sfruttano la situazione per fare un po’ di soldi, solo in un secondo momento entra in gioco il gruppo che vuole gestire l’ostaggio in una maniera piuttosto che in un’altra, perché ha una strategia, un’obiettivo da raggiungere».
Vi sono stati in Iraq altri casi di «sequestri politici»?
«Sì, penso ad esempio a quanto è avvenuto ai due giornalisti francesi catturati, a lungo detenuti, e che poi sono stati liberati. Anche allora i rapitori puntavano a un pubblico più ampio di quello unicamente iracheno: agli europei ed ai francesi in particolare. L’obiettivo in parte mi pare che sia riuscito. Bisogna tenere presente che i mezzi di comunicazione offrono oggi ai sequestratori la possibilità di rendersi velocemente conto dell’impatto che i sequestri hanno all’estero e in particolare nelle nazioni da dove i rapiti provengono».
Come spiega il fatto che il gruppo di Abu Musab al Zarqawi ha emesso un comunicato per escludere ogni responsabilità nel sequestro?
«Mi pare si tratta di una buona notizia, che consente di avere speranze sulla sorte della Sgrena. Se un capo terrorista come Zarqawi avesse preso la giornalista del «Manifesto» l’avrebbe sicuramente uccisa, non credo vi possano essere dubbi in merito. Il suo gruppo non è interessato a mandare messaggi politici in Europa o in Occidente, è interessato solo a uccidere civili iracheni, militari della coalizione, stranieri in genere. Quando Zarqawi si chiama fuori significa che a guidare il rapimento sono altri gruppi, la cui finalità non è sempre e comunque l’assassinio».
Invitiamo i lettori di Informazione Corretta ad inviare il proprio parere alla redazione de La Stampa. Cliccando sul link sottostante si aprirà una e-mail già pronta per essere compilata e spedita.

lettere@lastampa.it

Condividi sui social network:



Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui

www.jerusalemonline.com
SCRIVI A IC RISPONDE DEBORAH FAIT