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Il Manifesto Rassegna Stampa
07.02.2005 Ufficiale israeliano assolto perchè i testimoni d'accusa ritrattano? E' impunità per i crimini dell'esercito
secondo il quotidiano comunista

Testata: Il Manifesto
Data: 07 febbraio 2005
Pagina: 5
Autore: la redazione
Titolo: «Uccide una bimba? A piede libero»
Il capitano israeliano accusato di aver sparato ripetutamente all'esanime tredicenne palestinese Iman al-Hams, già colpita in precedenza perchè erronemente creduta una terrorista, è stato scagionato.
Dei due testimoni che lo accusavano, uno ha ritrattato, l'altro non ha confermato le accuse.
(vedi: www.jpost.com/servlet/Satellite?pagename=JPost/JPArticle/ShowFull&cid=1107659936495&p=1078027574097)

In attesa che gli altri quotidiani italiani, che hanno dato ampio spazio alla vicenda, spesso utilizzandola per attaccare Israele, riportino questa notizia, troviamo una tempestiva (dis)informazione in merito sul MANIFESTO di lunedì 7 febbraio 2005.

Titola il quotidiano comunista: "Uccide una bimba? A piede libero". Il trafiletto che segue continua a distorcere la realtà in quanto parla della ritrattazione di un testimone, che avrebbe accusato gli "altri", che si lascia intendere siano numerosi, di aver anch'essi mentito.
Ecco l'articolo:

Un tribunale militare israeliano ha deciso ieri di liberare un ufficiale accusato di aver crivellato di colpi il 5 ottobre scorso presso Rafah (Gaza) una bambina palestinese di 13 anni entrata per ragioni non accertate in una zona molto vicina al fortino di Ghirit, alla frontiera con l'Egitto. La decisione drammatica di rimettere in libertà l'ufficiale è giunta dopo che uno dei soldati di guardia, un sergente, ha ammesso ieri di aver fornito falsa testimonianza nei confronti del suo superiore, verso il quale provava animosità. Secondo il sergente, anche altri soldati hanno fornito falsa testimonianza contro l'ufficiale. Il caso di Iman al-Hamas - questo il nome della bambina palestinese - aveva destato grande clamore in Israele sia per la efferatezza della sua uccisione sia per le accuse lanciate dagli stessi soldati che parlavano di una atroce «esecuzione sommaria» da pochi passi di distanza.
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