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La Stampa Rassegna Stampa
04.02.2005 Verso la ripresa del dialogo tra Israele e Anp
i passi di Sharon, gli impegni di Abu Mazen

Testata: La Stampa
Data: 04 febbraio 2005
Pagina: 8
Autore: Aldo Baquis
Titolo: «Sharon libera 920 palestinesi e riconsegna 5 città - Il presidente Usa: la libertà porta la pace 350 milioni di dollari di aiuti alla Palestina»
LA STAMPA di venerdì 4 febbraio 2005 pubblica una cronaca di Aldo Baquis sui segnali di pace scambiati tra Sharon e Abu Mazen in vista del vertice di Sharm el Sheik, "Sharon libera 920 palestinesi e riconsegna 5 città" .
Ecco l'articolo:

Ariel Sharon ha deciso ieri la liberazione di 920 detenuti palestinesi, la riapertura di alcuni valichi di transito e la consegna ai servizi di sicurezza dell’Anp di cinque città cisgiordane. È il segnale di disponibilità che il premier israeliano invia ad Abu Mazen in vista del loro primo vertice, martedì prossimo a Sharm-el-Sheikh.
Da parte sua il presidente palestinese dovrebbe giungere all’incontro con l’assenso dei gruppi armati dell’Intifada a rispettare la tregua nei Territori, mentre il presidente egiziano Hosni Mubarak e re Abdallah di Giordania dovrebbero annunciare la nomina di nuovi ambasciatori a Tel Aviv, dopo quattro anni di assenza. Di fatto, i quattro dirigenti cercheranno di mettere la parola «fine» alla Intifada.
«Si è aperta una finestra di opportunità, non dobbiamo assolutamente lasciarla sfuggire», ha detto il ministro laburista Haim Ramon durante la seduta del Consiglio di difesa. «Dobbiamo in tutti i modi rafforzare Abu Mazen, perché se dovesse fallire il suo successore non sarebbe certo migliore». Soprattutto perché Abu Mazen ha apertamente deprecato la Intifada armata fin dal vertice di Aqaba, un anno e mezzo fa, quando quelle posizioni erano tutt’altro che popolari fra i palestinesi.
Ma la sua richiesta a Israele di liberare tutti gli ottomila detenuti palestinesi (fra questi, i protagonisti dei più atroci attentati terroristici degli ultimi anni) è apparsa eccessiva anche ai ministri israeliani più bendisposti nei suoi confronti. In definitiva saranno rilasciati 500 detenuti subito dopo il vertice, e altri 400 a scaglioni nei tre mesi seguenti, purché nei Territori resista la calma. «Ancora non abbiamo deciso se fra quanti saranno liberati saranno incluse figure di Hamas e della Jihad islamica», ha detto il ministro Zipi Livni (Likud). «Di certo, fra di loro non vi sarà chi ha versato sangue di ebrei».
Israele ha deciso inoltre di sospendere la caccia attiva ai ricercati della Intifada. Tra loro personaggi «mitici» come Zacaria Zbeidi, Jamal Abu Samhadana e Mohammed Def. Adesso sono sotto le ali protettive di Abu Mazen, e perfino Sharon e il capo dello Shin Bet (sicurezza interna) Avi Dichter accettano le nuove regole del gioco, concordate in un negoziato indiretto fra Israele e Hamas.
Israele accetta infine di consegnare alla sicurezza palestinese (che già ha riacquistato il controllo su buona parte della striscia di Gaza) di cinque città cisgiordane: si inizierà con la placida Gerico, poi si aggiungeranno Betlemme, Kalkilya e Tulkarem e infine Ramallah.
Malgrado questo atteggiamento di apertura verso Abu Mazen, è ancora presto per concludere che la bufera della Intifada è ormai passata. Mohammed Dahlan, uno die dirigenti palestinesi, s’è detto ieri sera insoddisfatto del numero di palestinesi che saranno liberati. E ieri al valico di Hawara (Nablus) soldati israeliani hanno catturato un ragazzo palestinese di 16 anni, con un corpetto esplosivo pronto per l’uso ricevuto dalle Brigate dei martiri di al-Aqsa, ossia da al Fatah. Nelle stesse ore due rioni alla periferia di Gerusalemme sono stati posti sotto coprifuoco perché informazioni di intelligence indicavano la presenza in zona di due cellule terroristiche. A Gaza nelle stesse ore è stato neutralizzato un ordigno di 40 chilogrammi deposto al valico di Sufa, mentre al valico al Hoali un palestinese è stato ucciso dopo che aveva ferito due soldati lanciando loro una bomba a mano. Mezz’ora dopo, nello stesso posto, nuovo attacco alla postazione israeliana: un secondo palestinese viene ucciso. Il lavorio diplomatico è promettente, ma il terreno continua ad essere ribollente. Gli ufficiali israeliani dislocati ai posti di blocco in Cisgiordania dicono che, dal loro punto di vista, non c’è alcun allentamento della tensione. Cinquanta attentati sono in fase di progettazione, secondo i servizi segreti.
Proprio la rimozione dei posti di blocco israeliani in Cisgiordania è una delle richieste principali dei palestinesi in vista del vertice di Sharm el-Sheikh, alla cui preparazione parteciperà domenica il segretario di stato Condoleezza Rice.
«Inoltre sarà necessario che Israele cessi la costruzione delle colonie e del muro di Separazione e autorizzi la riapertura a Gerusalemme est delle istituzioni nazionali palestinesi», ha ribadito il premier Abu Ala che dietro le quinte critica Abu Mazen per la sua disponibilità di partecipare al vertice. I motivi di contrasto non mancano. Ma israeliani e palestinesi assicurano che malgrado tutto il summit dell’8 febbraio sarà un successo e il punto di partenza di un futuro migliore.

Aiuti economici, democratizzazione, coesistenza con Israele. La politica di George W. Bush verso i palestinesi, spiegata in un breve articolo: "Il presidente Usa: la libertà porta la pace. 350 milioni di dollari di aiuti alla Palestina".
Ecco il testo:

Due Stati democratici, Israele e Palestina, che vivono in pace uno accanto all’altro: è la visione del futuro del Medio Oriente esposta da George Bush nel suo discorso sullo Stato dell’Unione. La successione di Abu Mazen a Yasser Arafat e l’avvio delle riforme e della democratizzazione nei territori palestinesi dimostra, ha detto il presidente degli Usa, come «il potere della libertà rompe i vecchi modelli della violenza e del fallimento». Il capo di Stato americano ha annunciato che chiederà al Congresso di stanziare 350 milioni di dollari per sostenere le riforme politiche, economiche e della sicurezza della nuova leadership palestinese. E il segretario di Stato Condoleezza Rice è partita per un viaggio che la porterà sia in Israele da Ariel Sharon che nei territori occupati da Abu Mazen, con il quale discuterà di come «aiutare il popolo palestinese a porre fine al terrorismo e costruire le istituzioni di uno Stato pacifico e democratico».
Un esempio che deve essere seguito, dopo l’Iraq, anche da altri Paesi dell’area mediorientale e del resto del mondo. Nel suo elogio della libertà e della democrazia Bush ha parlato di un «grande momento storico»: le donne possono votare in Afghanistan, i palestinesi hanno finalmente scelto una nuova direzione, il popolo ucraino ha visto riconosciuto il proprio diritto a eleggere un presidente. Eventi memorabili e, ha promesso il presidente americano nel suo discorso, «nei prossimi anni ce ne saranno altri».
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