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Il Mattino Rassegna Stampa
29.01.2005 Resistenti, integralisti, ogni parola va bene pur di non scrivere TERRORISTI
Michele Giorgio trasuda simpatia per i "resistenti"

Testata: Il Mattino
Data: 29 gennaio 2005
Pagina: 10
Autore: Michele Giorgio
Titolo: «Elezioni a Gaza, stravince Hamas»
Michele Giorgio non perde occasione per dire da che parte sta (ed IL MATTINO con lui). Si veda dove definisce Hamas "movimento di resistenza islamico", quando hamas è stato dichiarato persino dalla timida Unione Europea "movimento terrorista".Da notare anche l'uso distorto dei termini religiosi. I terroristi vengono definiti da Giorgio "integralisti". Qualunque termine è buono pur di non scrivere mai la parola terroristi.
Tutto l'articolo trasuda infine grande comprensione, se non simpatia, per quelli che Giorgio definisce "resistenti".
Ecco l'articolo:

Gerusalemme. Una vittoria schiacciante. Il movimento islamico Hamas ha conquistato sette delle dieci amministrazioni municipali di Gaza nelle quali si è votato. Detto in seggi: 75 sui 118 in palio. Si tratta «solo» di un test. Ma estremamente significativo, che lancia un chiaro segnale al presidente dell’Anp, Abu Mazen ed al suo partito, Al Fatah. E ieri migliaia di palestinesi hanno celebrato nelle strade di Gaza la vittoria ottenuta da Hamas. Le bandiere verdi del movimento islamico sono state issate su tetti e balconi di case e palazzi e centinaia di attivisti hanno scandito in pubblico slogan in sostegno della loro organizzazione, sotto lo sguardo attento dei poliziotti dell'Autorità Nazionale Palestinese (Anp), da ieri dispiegati in tutta la Striscia di Gaza, secondo l’intesa raggiunta con Israele. L’affermazione di Hamas avviene d’altra parte in un momento molto delicato nei rapporti tra componente islamica ed Autorità Nazionale Palestinese. Abu Mazen sta conducendo serrate trattative - giunte a quanto pare a buon punto - per concordare una tregua di lungo periodo e farla accettare dal movimento di resistenza islamico. E se simpatizzanti e sostenitori celebrano un successo andato oltre ogni più rosea previsione, i leader di Hamas dosano il loro linguaggio proprio per non turbare i rapporti, sino ad oggi buoni, con il presidente Abu Mazen. «È stata una vittoria del nostro popolo - ha detto il portavoce di Hamas, Sami Abu Zughri - Non è un stato un successo di qualcuno contro qualcuno. Conta solo il bene dei palestinesi». Resta comunque la soddisfazione enorme con cui la direzione politica di Hamas ha accolto la notizia della vittoria su Al Fatah. Il significato politico del sorprendente risultato, sebbene limitato ad una piccola consultazione amministrativa, non potrà non pesare nei rapporti di forza tra Anp e Hamas. Gli integralisti, prevedibilmente, alzeranno il prezzo di una loro intesa complessiva con Abu Mazen. I risultati delle urne sono stati devastanti per Al-Fatah che già lo scorso 23 dicembre, nelle elezioni in Cisgiordania, era stato sconfitto in diversi centri in cui si era votato. I dati ufficiali comunicati ieri pomeriggio assegnano ad Hamas 75 dei 118 seggi in palio, ovvero il controllo di 7 dei 10 comuni dove si è votato. Al-Fatah è riusciuto a catturare solo 30 seggi. Altri nove tuttavia sono stati conquistati da liste ritenute vicine al partito del presidente. Due seggi sono andati agli indipendenti e uno soltanto al Fronte Popolare di Liberazione per la Palestina (sinistra). Hamas peraltro è riuscito ad aggiudicarsi i tre centri più importanti dove si è votato: Beit Hanun, Der al Balah, Abna Siheileh. Il ministro per gli Affari locali, Jamal Shobaki, ha fatto sapere che l'affluenza alle urne è stata dell'88 per cento - ben più alta di quella delle elezioni presidenziali del 9 gennaio - e 20 seggi sono andati a candidati di sesso femminile. Ripercussioni del voto sono prevedibili. Il processo di pace con Israele che Abu Mazen sta cercando di rilanciare, non potrà prescindere dal consenso esplicito di Hamas che nei giorni scorsi, non a caso, ha chiesto al successore di Arafat di formare una «Autorità diplomatica unificata» - con tutte le fazioni politiche palestinesi (dunque compresa Hamas) - incaricata di decidere il futuro dei palestinesi e i rapporti con Israele.

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