Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein".
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)
Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine.
Sharon riapre il dialogo con l'Anp dopo passi di Abu Mazen giudicati incoraggianti
Testata: Corriere della Sera Data: 20 gennaio 2005 Pagina: 12 Autore: Alessandra Coppola Titolo: «L'offerta di Sharon: ritiro coordinato»
Il CORRIERE DELLA SERA di giovedì 20 gennaio 2005 pubblica a pagina 12 un articolo di Alessandra Coppola sulla ripresa del dialogo tra israeliani e palestinesi, sostanzialmente corretto, tranne che per due particolari. In primo luogo la presentazione dello sventato attentato del giorno precedente: "La cronaca", scrive la Coppola "segnala due palestinesi uccisi dai militari israeliani: avrebbero tentato un agguato armati di granate". Quali elementi giustificano lo scetticismo verso la versione israeliana? Perchè la notizia data è che due "palestinesi" sono stati uccisi dai soldati israeliani e non che un attentato è stato sventato e due terroristi sono stati uccisi? In secondo luogo l'affermazione che Abu Mazen ottenne da Hamas, durante il suo breve mandato come premier palestinese, quando ancora Arafat era in vita, una tregua di cento giorni. In realtà Hamas non accettò nessuna tregua, e continuò a preparare attentati futuri. L'informazione dunque è scorretta. Ecco l'articolo: La partita si riapre. Dopo meno di una settimana di « congelamento » , il consiglio dei ministri israeliano ha deciso la ripresa dei contatti con l'Autorità nazionale palestinese. Già da subito. Ieri sera c'è stata una prima riunione tra i rispettivi responsabili delle forze di sicurezza al valico di Erez. Un incontro al vertice tra i due leader è rinviato a « quando i palestinesi muoveranno passi concreti per fermare le azioni terroristiche, i tiri di mortaio e il lancio dei razzi » , hanno messo in chiaro dall'ufficio del premier Ariel Sharon. Sul tavolo c'è innanzitutto la situazione a Gaza, in vista anche del ritiro dello Stato ebraico e dello smantellamento delle colonie anticipato a giugno. Il primo terreno di collaborazione sarà questo: uno sforzo congiunto per fermare le violenze nella Striscia. Che danno lavoro quotidiano alle agenzie di stampa. La cronaca di ieri segnala due palestinesi uccisi dai militari israeliani al confine: avrebbero tentato un agguato armati di granate. E due soldati feriti da colpi di mortaio a Erez. Gli episodi più gravi degli ultimi giorni per lo Stato ebraico erano stati l'attentato al valico di Karni, giovedì scorso ( sei morti), in seguito al quale Sharon aveva deciso il congelamento dei contatti con l'Anp. E l'azione kamikaze, firmata Hamas, martedì, vicino all'insediamento di Gush Katif: ucciso un agente dello Shin Bet, l' intelligence interna. L'elemento che avrebbe indotto Sharon a cambiare idea, nonostante l'ultimo attentato, sarebbe un rapporto dei servizi segreti secondo cui « i miliziani di Hamas stanno cominciando a collaborare con l'Autorità palestinese » . Così ha riferito alla Reuters un non meglio identificato esponente politico israeliano. Che ci siano segnali di dialogo, in effetti, si coglie anche dalle attività in corso a Gaza City: ieri mattina il presidente Abu Mazen ha di nuovo incontrato gli esponenti dei gruppi estremisti. Che sono restii ad abbandonare la « resistenza armata » contro lo Stato ebraico, ma che dopo le riunioni di ieri e di martedì hanno fatto dichiarazioni incoraggianti. « La questione della tregua nei Territori sarà adesso studiata e discussa con i vertici del movimento che si trovano all'estero ( in Siria e Libano, ndr ) » , ha detto uno dei portavoce, Mushir al- Marsi. Lo sforzo del neoleader è quello di riprodurre ciò che già una volta, nel 2003, gli è riuscito: allora premier, Abu Mazen ottenne una hudna , una tregua islamica con le formazioni radicali. Durò solo cento giorni. L'obiettivo adesso è di accordarsi su un nuovo cessate il fuoco e di renderlo resistente, in modo da garantirsi che il ritiro da Gaza avvenga e che i palestinesi lasciati a se stessi non siano travolti dal caos, ma dimostrino una struttura solida e affidabile, possibile embrione del futuro Stato indipendente. Tra le pressioni israeliane e della comunità internazionale, è in questa direzione che si sta muovendo Abu Mazen. Secondo fonti palestinesi, oltre 50 assistenti e portavoce dello scomparso presidente Yasser Arafat verranno licenziati e mandati in pensione. Due giorni fa, Abu Mazen ha dato ordine ai responsabili delle forze di sicurezza di attivarsi per prevenire gli attacchi contro lo Stato ebraico. Ieri il capo della Sicurezza nazionale ( di fatto l'esercito palestinese) a Gaza, Abdel Razek Majaide, ha detto che « entro due giorni » dispiegherà i suoi uomini lungo i confini della Striscia per mettere in pratica l'indicazione del presidente. Da parte israeliana, intanto, la « vasta operazione » su Gaza annunciata nei giorni scorsi sembra, questa sì, congelata. Ariel Sharon ha dato « carta bianca » all'esercito per fermare il lancio di Kassam e tutti gli attacchi dalla Striscia. Ma ha anche lasciato intendere di voler concedere tempo ad Abu Mazen, insediatosi ufficialmente soltanto domenica scorsa. Lo stesso ministro della Difesa Shaul Mofaz si sarebbe espresso contro il richiamo dei riservisti e l'ipotesi di un'azione sul modello di « Scudo di Difesa » del 2002. L'opzione però resta in discussione. Il messaggio è chiaro: i margini per il nuovo presidente palestinese sono solo provvisoriamente allargati. Invitiamo i lettori di Informazione Corretta ad inviare il proprio parere alla direzione del Corriere della Sera. Cliccando sul link sottostante si aprirà una e-mail già pronta per essere compilata e spedita.