Sharon aveva ragione e ha saputo cambiare, i suoi critici sono pronti a riconoscere di aver sbagliato? è la guerra al terrorismo che rende possibili le attuali speranze di pace
Testata: Il Foglio Data: 13 gennaio 2005 Pagina: 3 Autore: un giornalista Titolo: «Il paradosso morale di Sharon»
IL FOGLIO di giovedì 13 gennaio 2005 pubblica un editoriale su Ariel Sharon, "l'uomo nero dei benpensanti di tutto il mondo" che "ora è il motore della pace". Ecco l'articolo: Ariel Sharon è al potere in Israele da quattro anni. Ha affrontato il terrorismo con la repressione, ha dispiegato la forza armata nei territori, ha ucciso i capi delle organizzazioni fondamentaliste dovunque si trovassero, ha distrutto una per una le case d’origine dei militanti che si erano fatti esplodere tra i civili in Israele, ha imprigionato Arafat in un clamoroso esilio interno sotto gli occhi costernati dell’opinione internazionale, ha costruito un muro o barriera di protezione per la lunghezza di seicento kilometri nonostante le condanne dell’Onu e della Corte dell’Aja, ha sostenuto la guerra in Iraq e la cacciata di Saddam Hussein, finanziatore dell’intifada Al Aksa. Oggi Sharon è a capo di un governo di unità nazionale con i laburisti di Shimon Peres, dopo aver sfidato avventurosamente il suo partito, gli alleati e il Parlamento, e dopo avere spaccato l’opinione pubblica del suo paese intorno a un piano di ritiro degli insediamenti ebraici dalla striscia di Gaza e da alcune parti della Cisgiordania. Oggi Sharon porta come risultato il decremento del 90 per cento delle attività terroristiche, un clima di tregua armata che per quella regione significa vita, speranza, liberazione dalla paura e dall’orrore. Sharon oggi ha un interlocutore che nasce dalla sua vittoria strategica, dalla sua capacità di risposta dura ma non temeraria, sorvegliata ma sistematica e testarda. Sharon telefona ad Abu Mazen e concorda la ripresa del negoziato con il presidente palestinese eletto, l’uomo che ha per primo denunciato la follia omicida del terrorismo palestinese, prendendo atto che la strada della violenza era per il suo popolo un vicolo cieco. Non sarebbe ora che il paradosso morale di una politica severa e necessaria di autodifesa, che ha isolato Israele nella fatua coscienza pubblica della sinistra europea ma ha aperto nei fatti una straordinaria possibilità di vita e di pace, venisse esaminato senza pregiudizi da coloro che in questi quattro anni demonizzarono Sharon, previdero il suo fallimento e predicarono la insostenibilità etica del suo operato, considerandolo un uomo di guerra e per certi aspetti un nemico dell’umanità? Su molte questioni Sharon è fortunatamente cambiato nel suo rapporto quotidiano con la realtà, come rileva sul Monde Claude Lanzmann, e lo dimostra con lo smantellamento di quegli insediamenti di cui fu ardente sostenitore o quando definisce l’occupazione militare dei territori, sulla scia di un vecchio giudizio di David Ben Gurion, "una catastrofe". E’ la caratteristica migliore degli uomini di Stato, cambiare. Dovrebbe essere anche la caratteristica di chi ha sostenuto, verso questo spauracchio che la sinistra ha amato odiare, posizioni oggi rivelatesi cieche, ingenerose, faziose. Chi alza la mano per primo e dice con semplicità: di fronte all’insurrezione terrorista, Sharon aveva ragione, la sua era la linea giusta? Invitiamo i lettori di Informazione Corretta ad inviare la propria opinione alla redazione de Il Foglio. Cliccando sul link sottostante si aprirà una e-mail già pronta per essere compilata e spedita.