Due pagine per sostenere che i palestinesi vogliono la pace e Israele no sul quotidiano napoletano
Testata: Il Mattino Data: 12 gennaio 2005 Pagina: 8 Autore: la redazione - Michele Giorgio Titolo: «Notizie da Israele e Anp»
Il Mattino oggi dedica due pagine, la 8 e la 9, agli ultimi sviluppi delle vicende che riguardano israeliani e palestinesi. Vengono pubblicati diversi articoli, quelli di pag.8 interessano la parte israeliana, mentre quelli di pag.9 la controparte palestinese. Non ci sarebbe bisogno di leggere e analizzare singolarmente i contenuti e il linguaggio degli articoli per comprendre il gioco del quotidiano, basterebbe confrontare le 2 pagine attraverso i rispettivi titoli, sottotitoli e occhielli. Si comprenderebbe, infatti, il tentativo de Il Mattino di far discendere dalle proprie idee i fatti, e di dare a quest'ultimi una veste consona ai propri pregiudizi ideologici. Gli avvenimenti delle ultime ore vengono riportati in maniera incompleta e strumentale: da una parte vengono enfatizzati quegli eventi e quelle dichiarazioni che mettono in buona luce i palestinesi, dall'altra quelli che rendono un'immagine tutt'altro che positiva di Israele. Ai primi viene attribuita, attraverso una descrizione che fa di essi un popolo unito dietro un presidente che offre assolute garanzie di moderazione tramite le sue dichiarazioni (che al momento restano tali, ma alle quali si spera seguiranno fatti concreti), volontà di pace. A tal proposito si può leggere il titolo dell'articolo principale: "Abu Mazen: 'Tendiamo la mano a Israele'"
e ancora un passaggio del sottotitolo:
Il successore di Arafat eletto con il 63,2% lancia subito la sfida della pace
Insomma, il concetto più ricorrente per il campo palestinese e che maggiormente colpisce il lettore è "PACE". I palestinesi vogliono la pace e Abu Mazen è il garante. A rafforzare questo concetto c'è un articolo dedicato interamente alle reazioni entusiastiche dei capi di Stato e di governo dei più influenti paesi. E ancora un trafiletto sulle dichiarazioni di Kofi Annan, titolato: "Annan: passo storico verso la democrazia"; e un altro sull'apertura da parte del ministro degli Esteri italiano Gianfranco Fini ("Missione di Fini: 'Potete contare sull’Italia'"). L'altro articolo pubblicato riguarda Hamas, e anche in questo caso prevalgono le considerazioni che fanno fanno apparire i dissidi tra l'organizzazione terroristica (che Il Mattino si guarda bene dal definire tale: nell'occhiello si parla di "movimiento radicale", così come nell'articolo si può leggere semplicemente "movimento islamico" oppure "gruppi rtadicali islamici", e ancora "combattente di Hamas" nella didascalia di una foto in cui si vede un terrorista incappucciato e armato) e il neopresidente palestinese in via di ricomposizione o comunque non tanto gravi. Nello stesso articolo, poi, un'omissione riguardo ai proclami pronunciati, ieri, durante una manifestazione dell'organizzazione terroristica (manifestazione che il giornalista riporta censurandone gli eventi più compromettenti). Dal Jerusalem Post si può leggere: As the Palestinian Central Election Committee was holding a press conference in Ramallah on Monday to announce the final results of the election for the chairmanship of the Palestinian Authority, hundreds of students attended a rally organized by Hamas at Bir Zeit University, where they called for more suicide attacks against Israel. "Oh suicide bomber, wrap yourself with an explosive belt and fill the scene with blood," chanted a chorus of five male students at the rally, held by the Hamas-affiliated Islamic List (...)
http://www.jpost.com/servlet/Satellite?pagename=JPost/JPArticle/ShowFull&cid=1105327261127 Nell'articolo di Giorgio, poi, si può leggere un passaggio che contiene una visione tutta particolare della situazione in corso:
Il nuovo leader deve appoggiarsi sui vecchi dirigenti di Al Fatah e consolidare il suo potere. Avrà bisogno soprattutto di concessioni di Israele, a partire dalla liberazione di prigionieri politici e la fine della colonizzazione ebraica dei Territori occupati. Cruciale sarà anche il rapporto con Hamas. Deve trovare un accordo politico con il movimento islamico se vuole conseguire l'obiettivo della fine dell'Intifada armata. Insomma, Israele oltre ad occuparsi dei problemi interni e offrire concessioni illimitate e senza contropartita, deve altresì farsi carico dei problemi inerenti al campo palestinese e in particolare quelli di legittimazione di Abu Mazen. Ma il Mattino attraverso questa intera pagina di articoli non ci ha detto esattamente il contrario, e cioè che i palestinesi si sono riconosciuti, eleggendolo a larga maggioranza, in Abu Mazen e quindi hanno scelto la moderazione e la pace? Infine una critica merita il contenuto di un box pubblicato a centro pagina. In esso, alla voce "I compiti del governo", si può leggere: 1- Garantire l'unità nazionale nel contesto dell'Anp 2- Mettere fine all'occupazione militare israeliana 3- Dar vita allo Stato palestinese indipendente, con Gerusalemme capitale
E il terrorismo? Il contrasto al terrorismo? Non è anche questo un compito (il principale) del governo palestinese? A parte il fatto che anche i punti 2 e 3 più che compiti del governo saranno le questioni su cui le controparti dovranno confrontarsi. Passando alla pagina 8 subito risalta il metodo diametralmente opposto con cui si descrive il campo israeliano. La situazione si rovescia, non si parla più di pace e mani tese al nemico, nonostante dichiarazioni molto simili a quelle di Abu Mazen siano arrivate anche da parte israeliana. L'approvazione da parte della Knesset del nuovo governo di unità nazionale, che rappresenta un ulteriore passo avanti verso la realizzazione del ritiro dalla striscia di Gaza, viene strumentalizzata per enfatizzare i dissensi e le defezioni di alcuni deputati in seno al partito del premier. L'immagine di Israele che ne trarrà il lettore è quella di un paese allo sfascio, che in quanto tale sembra non possa offrire garanzia alcuna. Ogni fatto, ogni avvenimento che interessa la democrazia israeliana viene presentato a tinte fosche, viene inquadrato in un'ottica negativa.
Titolo e sottotitolo dell'articolo principale e altri elementi della pagina sono univoci, colgono volutamente solo questo aspetto, seppur importante, della questione.
Titolo: "Sharon imbarca i laburisti, si spacca il Likud" Sottotitolo: "Nasce nella bufera il nuovo governo israeliano: 13 deputati della destra votano contro e minacciano la scissione"
e ancora: "Esplode lo scontro tra i conservatori"; "Mentre gli estremisti scendono in piazza".
Nello stesso articolo due passaggi meritano particolare attenzione. Nel primo l'autore dell'articolo, re. mo., a proposito dell'appoggio esterno dato al nuovo governo dal partito di sinistra Yahad, scrive che "Ai collaboratori del premier non è rimasto che elemosinare dal partito di sinistra Yahad (Meretz) un sostegno ad hoc". "Elemosinare", un termine che nel contesto della frase assume un significato dispregiativo e derisorio, completamente fuori luogo per una decisione che avrà importanti ripercussioni su un progetto, il ritiro dalla striscia Gaza, molto delicato. Ma forse per Il Mattino i civili che verranno convolti nello sgombero, che ha sempre e unicamente definito "coloni" (anche quando a suo tempo riferì di una madre israeliana e delle sue picccole figlie ammazzate a sangue freddo da terroristi palestinesi), sono esseri più indegni dei terroristi palestinesi, dal momento che quest'ultimi sono soggetti ad un trattamento migliore che consiste nel non essere mai definiti per quelli che sono: dei terroristi, appunto. L'altro passaggio dell'articolo meritevole di attenzione è il seguente: In questo clima, è chiaro che i laburisti di Peres avranno più di una carta da giocare e potranno premere su Sharon per lo svolgimento di un dialogo effettivo con i palestinesi. E non a caso, ieri il leader laburista ha commentato l’elezione di Abu Mazen definendola «l'inizio di un nuovo processo». Sul ritiro da Gaza, ha aggiunto di auspicare che possa avvenire non in modo unilaterale - come vorrebbe Sharon - ma concordandolo con i palestinesi. Il giornalista qui mette le mani avanti, e se fino ad ieri, a leggere Il Mattino, Israele sembrava un paese retto da un monarca, Sharon appunto, responsabile in prima persona di tutti i guasti, da domani, se ci sarà un dialogo con i palestinesi, il merito sarà delle pressioni dei laburisti, perchè, par di capire tra le righe di questo passaggio, Sharon non è intenzionato ad un dialogo effettivo, concreto. E questo in spregio al fatto che Sharon, nonostante sia cambiata la squadra di governo, resta sempre al suo posto, quello di primo ministro. Ammettere la realtà delle cose per Il Mattino sarebbe troppo dura, perchè equivarrebbe ad accettare implicitamente di essersi sbagliato. Altrettanto scorretta è la tesi di una diversità di intenzioni tra il leader laburista e il premier israeliano, in merito al ritiro da Gaza. Dopo la morte di Arafat, Sharon ha parlato di un eventuale coinvolgimento della controparte palestinese nel ritiro, questo se i palestinesi si impegneranno a garantire una cornice di sicurezza all'operazione. Garanzie che proprio Arafat non offriva, da qui l'intenzione di procedere allo sgombero unilateralmente.
Anche gli altri articoli pubblicati contribuiscono ad deformare negativamente l'immagine d'Israele. Il primo è titolato "Deputato rabbino espulso per un saluto nazista"; l'altro "Coloni in aumento e fronda di ufficiali", e l'occhiello "Difficile il ritiro dalla Striscia di Gaza". A proposito di quest'ultimo articolo due considerazioni: la prima riguarda il titolo che tende ad ingigantire un problema, quello della disobbedienza agli ordini militari, che al momento tocca solo un esiguo numero di ufficiali della riserva e di soldati; la seconda riguarda la grave distorsione che l'autore opera circa un dato pubblicato dal governo israeliano. Il giornalista scrive: Il numero dei coloni ebrei nella Striscia di Gaza è aumentato di più del 9% l'anno scorso, nonostante il piano del primo ministro israeliano Ariel Sharon per il loro ritiro. È quanto risulta da statistiche del governo. Cosa significa quel "nonostante..."? che intanto il governo israeliano avrebbe dovuto chiedere agli abitanti degli insediamenti di non far nascere altri figli?
I capi dei coloni si sono infatti impegnati a rafforzare gli insediamenti esistenti per aiutare i coloni a resistere al piano di evacuazione, che dovrebbe realizzarsi nei prossimi mesi.
L'articolista sembra suggerire che questo aumento (dovuto in realtà ad una normale crescita demografica) nasconda un qualche piano congegnato dai "capi dei coloni" per meglio resistere all'evacuazione.
Una nota finale merita la solita scorretta terminologia adoperata da Il Mattino. Coloro che in Israele manifestano il proprio dissenso nelle piazze e nel parlamento, senza ricorrere alla violenza o a pratiche antidemocratiche, vengono definiti "estremisti", "oltranzisti", ecc. Allo stesso modo il quotidiano napoletano definisce i terroristi palestinesi che fanno strage di civili in Israele. Nessuna differenza, quindi, tra chi resta nell'ambito del rispetto della legge e chi, invece, si macchia di sanguinosi crimini
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