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Fiamma Nirenstein ci parla della guerra antisemita contro l'Occidente

Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein". 
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)

Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine. 



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Corriere della Sera Rassegna Stampa
12.01.2005 La visione politica di Shimon Peres
un'intervista al politico israeliano

Testata: Corriere della Sera
Data: 12 gennaio 2005
Pagina: 11
Autore: Alessandra Coppola - Antonio Ferrari
Titolo: «Israele, i palestinesi e la Giordania una troika collegata all'Europa»
A pagina 11 il CORRIERE DELLA SERA di mercoledì 12 gennaio 2005 pubblica un'intervista a Shimon Peres di Alessandra Coppola e Antonio Ferrari (con Manuela Dviri Norsa), che riportiamo:
Ottimista ma senza illusioni. Vuole salvare il governo del suo alleato ed ex nemico Sharon ed evitare le elezioni anticipate, perché ritiene fondamentale il ritiro da Gaza: « Per la coalizione sarà quello il momento di massimo rischio » . Ha fiducia in Abu Mazen e si rifiuta di essere scettico sulla sua capacità di fermare il terrorismo: « Decidere non è mai un piacere, ma ci proverà » . Giudica il voto palestinese il più democratico che sia mai stato espresso nel mondo arabo.
Dopo 45 anni di politica e 81 di età, Shimon Peres ricomincia. Da ieri è l'uomo chiave del nuovo governo di unità nazionale che si è appena salvato da un problematico voto di fiducia e che si prepara a viverne un altro stasera sulla finanziaria. Ma le insidie non lo turbano: « Cosa volete, ho trascorso metà della mia vita politica nella maggioranza e l'altra metà all'opposizione.
Ora mi sento sia l'una sia l'altra » . Nel suo ufficio di Tel Aviv, circondato da giovani e belle collaboratrici, il leader laburista sembra un protagonista distaccato. Ma la politica è la sua vita e già alla prima domanda di quest'intervista al Corriere lo sguardo si accende, sprizzando volontà, curiosità e ironia.
« Alla Knesset mi sembra d'essere tornato all'asilo » . Asilo che pare cronicamente instabile. Un premier di destra, abbandonato da metà del suo partito, sostenuto da una maggioranza di sinistra e costretto a ricorrere a voti prestati. Come fa a stare in piedi questa coalizione? « Il problema non è la coalizione e neppure Sharon. E' il suo partito, il Likud » . Non c'è il rischio di un collasso e di nuove elezioni? « La pace vale molto più delle elezioni e poi non credo che il governo cadrà. Come? Ci sono altri possibili partner: i religiosi o i laici dello Shinui. Gli uni escludono gli altri » . Però vi sarà un pericolo permanente.
« Credo che Sharon riuscirà a evitare la spaccatura definitiva del suo partito » . Primo scenario da brividi. Comincia l'uscita da Gaza e i coloni si ribellano. Non teme una guerra civile? « Episodi violenti sì, guerra vera no.
Se usassero le armi, perderebbero anche il sostegno che hanno » . La sentiamo ottimista.
« Sento che il 2005 sarà un anno di grandi opportunità da non perdere. I palestinesi hanno offerto un'importante prova di democrazia. Domenica non si sono viste le armi, che invece vedremo durante le elezioni irachene.
Abu Mazen è stato eletto con una solida maggioranza. Presto confermerà Abu Ala capo del governo. Sono due persone serie che conosco bene. Ho fiducia nella loro volontà di disarmare i terroristi » . Abu Mazen rifiuta la repressione e vuole trasformare gli estremisti di Hamas e altri gruppi in forze soltanto politiche. Pensa che possa riuscire in questo compito? « Che lo voglia fare sono sicuro, che possa lo vedremo. Imporre legge e ordine costa molto ma è un dovere. Ho passato ore e ore a discutere con Arafat per convincerlo che doveva agire, come fece Ben Gurion per domare le varie fazioni alla nascita dello stato di Israele. Non mi ascoltò » . Ritiene che Arafat istigasse i terroristi? « Non credo che li spingesse a compiere gli attentati, ma non dava l'ordine di fermarli » . Vede molti cambiamenti dopo la sua morte? « In 60 giorni sono cambiate molte cose. Le elezioni si sono svolte in pace, senza incidenti, e la gente ha manifestato la volontà di esercitare un diritto » . Secondo scenario da brivido. Un gravissimo attentato contro Israele. Accusereste Abu Mazen? « Dipenderà da ciò che avrà fatto per cercare di neutralizzare i terroristi » . I palestinesi dicono: vogliamo che il ritiro da Gaza diventi parte della Road Map, per vedere poi il ritiro « Il passaggio non è automatico. Io, rispetto a Sharon, ho posizioni più avanzate ma il problema è agire, cominciare. Meglio un piano mediocre con una maggioranza, che un piano splendido senza maggioranza » . « La Road Map è una strada. Noi abbiamo bisogno di un veicolo per andare avanti. Crede che Sharon salirà sul veicolo? E' così cambiato in questi ultimi anni? « Sono le circostante che fanno cambiare gli uomini, non viceversa » . Chi ha più problemi, secondo lei, in questo momento: Sharon o Abu Mazen? « I problemi di Sharon li conosciamo, quelli di Abu Mazen non ancora » . Alla conferenza di Londra del 1 ˚ marzo, si discuterà di riforme e di aiuti economici ai palestinesi, ma Israele non parteciperà.
« Quando si decise di non partecipare io non c'ero. Ero all'opposizione » . « È stata molto utile nell'assistenza ai palestinesi per le elezioni. Ora li potrà aiutare stimolando le riforme. Modernizzare produce democrazia. Più che i sussidi finanziari servono strutture per costruire un'autonomia economica. Bisogna evitare che gli aiuti, spesso raccolti tra i poveri dei Paesi ricchi, finiscano ai ricchi dei Paesi poveri » . Continua a sognare un nuovo Medio Oriente? « Sì e credo che sia necessario creare una troika, saldamente collegata all'Europa, fra Giordania, Autorità palestinese e Israele » . Presidente Peres, si è mai interrogato sui suoi errori? Nel ' 96, per esempio, poteva vincere le elezioni e le perse.
« Vincere, a volte, significa accettare un numero di compromessi tali che alla fine non ci si ricorda perché si è vinto » .
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