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Il Mattino Rassegna Stampa
10.01.2005 Israele, stato abusivo
per il quotidiano napoletano

Testata: Il Mattino
Data: 10 gennaio 2005
Pagina: 5
Autore: un giornalista
Titolo: «L’ex fedayn diventato uomo della mediazione»
Nell'articolo che segue, pubblicato a pagina 9 dal MATTINO del 10 gennaio 2005, un giornalista, g.g., tenta di scrivere una biografia del neoeletto presidente palestinese Abu Mazen inserendola nel contesto del conflitto arabo-israeliano. Ne esce fuori un articolo a dir poco fazioso, intriso di falsità e omissioni storiche. Il tutto, però, è funzionale alla campagna di demonizzazione, non di Sharon bensì dello Stato israeliano portata avanti dal quotidiano napoletano (anche se Il Mattino, in primo luogo con il suo giornalista Pietro Gargano, curatore della rubrica delle lettere, ha sempre sostenuto, ipocritamente, di avversare il "falco" Sharon ma di essere solidale con il popolo israeliano, anche se di questa presunta solidarietà ancora non s'è vista traccia). L'articolo in questione, infatti, spazza via tutti i dubbi in proposito (se mai ce ne fossero stati) e dimostra come Il Mattino non solo distorca i cruenti avvenimenti degli ultimi anni di Intifada e delle stragi di civili inermi, ma miri a inquadrare l'intera vicenda israelo-palestinese degli ultimi 50-60 anni in un'ottica completamente mistificatoria, propugnando una visione che da una parte vede gli israeliani come usurpatori, colonizzatori (addirittura a partire dal lontano 1948, anno della fondazione dello Stato ebraico), dall'altra i palestinesi come vittime incolpevoli "scacciate dalle loro case".. Da questa visione discende la concezione tutta particolare della "lotta di liberazione dall'occupante" che il giornalista vuol far passare. Lotta di liberazione intesa nella sua accezione più alta, più nobile: gli oppressi (i palestinesi) che si ribellano all'oppressore (Israele). Per propugnare e diffondere questa versione falsa dei fatti il giornalista cancella dalla storia le guerre volte a distruggere Israele scatenate dagli arabi, palestinesi compresi (su tutte cancella la prima guerra, quella del 1948, che gli israeliani ricordano come Guerra d'Indipendenza, scatenata contro il neonato Stato israeliano non appena si proclamò indipendente. Per g.g. quella guerra non è mai esistita e ricostruisce gli avvenimenti di quello anno così:"Mahmud Abbas, questo il suo vero nome, ha 69 anni, è nato nel 1935 a Safed nella Palestina allora sotto mandato britannico (ora Nord di Israele) che ha lasciato nel 1948, alla creazione dello Stato ebraico, quando centinaia di migliaia di palestinesi vennero scacciati dalle loro case ed espulsi dalle loro terre". Oltre ad omettere eventi chiave (la guerra) per capire cosa davvero avvenne e a far passare l'immagine di Israele come paese fondato sull'espulsione di massa, riporta altri elementi falsificandoli: solo una minima parte degli arabi che lasciarono le proprie case furono davvero espulsi, seppur nell'ambito di una guerra in cui era minacciata, dopo la Shoah, l'esistenza di Israele e dei suoi cittadini ebrei; altri, furono invitati dai regimi arabi limitrofi, ad abbandonare le proprie case perchè in un futuro prossimo, dopo l'annientamento manu militari d'Israele, vi sarebbero rientrati. Per non parlare di coloro, gli ebrei dei paesi arabi circostanti, che davvero furono espulsi a centinaia di migliaia, ma che trovarono rifugio e sistemazione nello Stato ebraico sopravvissuto al primo tentativo di annientamento);
Il giornalista cancella altresì il terrorismo arabo e palestinese già esistente prima della famosa Guerra dei Sei Giorni (1967), camuffandolo sotto le mentite spoglie di "attacchi clandestini contro l'occupazione israeliana". Il giornalista non sa o, peggio, finge di non sapere che l'Olp nacque nel 1964, quando i territori della Cisgiordania e della Striscia di Gaza erano rispettivamente sotto occupazione giordana ed egiziana, quindi Israele non aveva nulla a che vedere con l'occupazione che il giornalista cita per giustificare gli attacchi palestinesi e per poterli ammantare sotto la denominazione altisonante di "lotta di liberazione". Questo per dire che l'Olp con la parola "liberazione" non ha inteso liberazione dall'occupazione, che nel lontano 1964 nemmeno esisteva, se non quella egiziana e giordana, bensì "liberazione" come cancellazione di Israele dalla mappa del Medio Oriente. La stessa Olp che nel 1974 approvava un programma in cui chiaramente si esplicitava che il fine ultimo da raggiungere era sempre lo stesso: la distruzione dell'"entità sionista". Per non parlare poi delle stragi commesse dalla stessa organizzazione in giro per il mondo.
Omissioni anche in merito ad Abu Mazen: il giornalista parla del dottorato di ricerca sul sionismo conseguito dal neopresidente in quel di Mosca negli anni '70, censurando a quali presunte ricerche Abu Mazen si dedicò: da una parte gli inesistenti legami tra sionismo e nazismo, dall'altra una tesi negazionista sull'Olocausto. Ma in un articolo in cui il tentativo esplicito è quello di accreditare a tutti i costi Abu Mazen come un personaggio in tutto e per tutto positivo, ancor prima che dimostri con i fatti le sue reali intenzioni, certo queste macchie non potevano essere riportate.
Un'ultima considerazione merita, poi, una frase, riferita ad Abu Mazen, evidenziata e riportata al lato dell'articolo, che nella sua gravità ha forse però il merito di spiegare come possa essere concepito un articolo permeato da una visione antistorica e menzognera della questione israelo-palestinese. La frase è la seguente:

"Nel 1948 esule dalla Palestina occupata è stato tra i fondatori del movimento di liberazione"

La Palestina, dunque, nel 1948 era occupata! Israele, per il Mattino, è uno Stato abusivo!!!

Ecco il testo:

Appartiene alla «vecchia guardia», quella che ha cominciato a combattere contro l’occupazione israeliana con attacchi clandestini. Poi è diventato l’uomo della mediazione e del dialogo, protagonista degli accordi di Oslo e della pace tra Arafat e Rabin. Abu Mazen, il nuovo presidente palestinese, è il numero uno dell'Olp (Organizzazione per la liberazione della Palestina) ed è stato tra i fondatori con Yasser Arafat della stessa Al Fatah, la principale componente dell'Olp. Era considerato il candidato naturale alla successione del leader scomparso due mesi fa, poiché è sempre stato al suo fianco, seguendolo nelle tappe del suo lungo esilio in Giordania, Libano e Tunisia. Mahmud Abbas, questo il suo vero nome, ha 69 anni, è nato nel 1935 a Safed nella Palestina allora sotto mandato britannico (ora Nord di Israele) che ha lasciato nel 1948, alla creazione dello Stato ebraico, quando centinaia di migliaia di palestinesi vennero scacciati dalle loro case ed espulsi dalle loro terre. La famiglia si stabilì a Damasco. Nella capitale siriana ha compiuto la prima parte dei suoi studi, proseguiti poi in Egitto, dove ha studiato legge, e a Mosca dove ha conseguito un dottorato di ricerca sul sionismo alla fine degli anni '70. In quegli anni - quando per il governo di Tel Aviv era considerato un reato avere rapporti con esponenti dell’Olp - fu tra i promotori del dialogo con la sinistra e i movimenti pacifisti israeliani. È poi stato uno degli architetti degli accordi di Oslo del 1993 sull'autonomia palestinese (che portarono alla storica stretta di mano tra Arafat e Rabin a Camp David e alla nascita dell’Anp) ed uno dei firmatari della Dichiarazione di Principi israelo-palestinese. Un anno dopo gli accordi di Oslo è tornato, nel settembre 1994 a Gerico, in Cisgiordania, per la prima volta dopo 25 anni di esilio. Si è poi stabilito nel villaggio di Rafat, vicino a Ramallah. Accusato dagli oltranzisti palestinesi di essere troppo conciliante, nel dicembre 2000, pochi mesi dopo lo scoppio della seconda Intifada, aveva esortato i palestinesi a cessare la lotta armata e ha continuato a criticare l'uso della violenza. Gradito a Europa e Stati Uniti, Abu Mazen è stato nominato primo ministro nel marzo 2003, carica che ha ricoperto per quattro mesi, fino a quando è stato costretto alle dimissioni dopo uno scontro con Arafat sulla distribuzione del potere in seno alle istituzioni palestinesi.
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