lunedi` 25 novembre 2024
CHI SIAMO SUGGERIMENTI IMMAGINI RASSEGNA STAMPA RUBRICHE STORIA
I numeri telefonici delle redazioni
dei principali telegiornali italiani.
Stampa articolo
Ingrandisci articolo
Clicca su e-mail per inviare a chi vuoi la pagina che hai appena letto
Caro/a abbonato/a,
CLICCA QUI per vedere
la HOME PAGE

vai alla pagina twitter
CLICCA QUI per vedere il VIDEO

Lo dice anche il principe saudita Bin Salman: Khamenei è il nuovo Hitler


Clicca qui






La Stampa Rassegna Stampa
07.01.2005 Scambio di minacce tra Al Fatah e Hamas
l'analisi di Fiamma Nirenstein

Testata: La Stampa
Data: 07 gennaio 2005
Pagina: 9
Autore: Fiamma Nirenstein
Titolo: «Tra Abu Mazen e Hamas è l'ora delle minacce»
LA STAMPA di venerdì 7 gennaio 2004 pubblica un articolo di Fiamma Nirenstein sulla campagna elettorale palestinese, caratterizzata nella sua fase finale da un confronto molto duro tra Al Fatah e Hamas (che ufficialmente non presenta candidati e continua a lanciare da Gaza razzi qassam verso Israele).
Ecco l'articolo:

«Hamas deve capire bene: se continua con le minacce personali a Abu Mazen e al Fatah, lanceremo un’operazione nello stile di Falluja» ha detto un ufficiale molto vicino al candidato di Fatah alle elezioni palestinesi che avranno luogo domenica. Mancano due giorni, cambia lo stile: non si gioca più, siamo a una scommessa per la vita e per la morte, il tema che finalmente esplode, centrale e inevitabile, non è solo quello della democrazia (tutti dicono di volerla quasi con le stesse parole, tutti i candidati, anche i più estremisti, hanno interesse a superare la fase del potere assoluto), ma quello della violenza, e si manifestano le posizioni opposte. E così, si fronteggiano Fatah e Hamas con la Jihad Islamica, che fin’ora si rivolgevano complimenti e promesse di unità e di non belligeranza. I nemici cominciano a mostrarsi la faccia per lo scontro.
Già da lunedì, Hamas aveva cominciato a pubblicizzare messaggi di minaccia: «Abu Mazen - proclama un suo documento - sta pugnalando la resistenza palestinese alla schiena». E gli chiede di scusarsi per essersi pronunciato contro l’uso dei missili Kassam. Si tratta di un messaggio chiaro, pari a una accusa di alto tradimento, e non pochi palestinesi hanno pagato con la vita per questo: insomma, una condanna a morte. In quello stesso giorno infatti, Abu Mazen aveva fatto infuriare Hamas di Gaza chiedendo proprio alle folle di Gaza con grande coraggio, di smettere di colpire con una pioggia di missili Kassam dentro e fuori la Linea Verde; aveva spiegato che non serve a niente, e porta solo grandi lutti ai palestinesi quando l’Esercito israeliano compie le incursioni per distruggere i missili. La risposta del movimento integralista affiancato da altri sei gruppi politici ha sostenuto anche che questa richiesta corrisponde a una licenza per i carri armati di entrare nei campi profughi e nelle città della Striscia: Hamas e i suoi alleati, era la risposta del movimento integralista, rifiutavano e promettevano di essere ancora «l’incubo dei sionisti».
E hanno mantenuto la promessa: parecchie decine di razzi sono piovute incessanemente fino a ieri pomeriggio, con feriti e danni. Quando Hamas ha minacciato direttamente la sua vita, l’azione di Abu Mazen si è sdoppiata: da una parte, il candidato del Fatah si è impegnato a smentire la terribile accusa di essere un collaborazionista e a cercato di riqualificarsi sul fronte dei falchi facendo dichiarazioni sempre più dure contro Israele, fino a quella di martedi, quando ha definito Israele con la desueta e violenta espressione di « nemico sionista» che neppure Arafat usava più. Dall’altra parte però si è dedicato al rafforzamento del suo rapporto con un’altra parte del movimento palestinese molto robusta anche dal punto di vista militare: le Brigate di Al Aqsa, con il loro vasto sfondo di Tanzim e Shabiba (le organizzazioni giovanili), le organizzazioni dei prigionieri e i ricercati sempre in fuga davanti alla caccia che conduce Israele. Ieri a Nablus, il comizio è stata un’apoteosi della abilità di Abu Mazen a muoversi in questa difficilissima base elettorale; con i capi pare che Abu Mazen abbia stretto un patto scritto che prevede il sostegno nella lotta per liberare i prigionieri, per aiutare i profughi e per Gerusalemme. Nella città più caotica e armata della West Bank, le Brigate si sono presentate non armate in onore del capo, l’atteggiamento è stato favorevole come a Jenin, quando il capo militare locale l’ha portato sulle spalle davanti a una folla (stavolta armata) identica per composizione a quella che nel 2003, quando Abu Mazen era primo ministro, urlava sparando per aria «non vogliamo agenti della Cia nel governo».
Adesso Hamas potrebbe non limitarsi agli spari in aria ed è per questo che Abu Mazen alla fine ha deciso di non tenere il suo tour elettorale a Gerusalemme finale nella zona delle Moschee. Abu Mazen ha spiegato che rifiuta di essere protetto dagli attentato lo spinga a tenere comizi in una zona più controllabile. Alto anche il rischio che Hamas inviti, con modi non precisamente cortesi, gli elettori a non andare a votare domenica prossima, o addirittura, come riportano voci raccolte a Ramallah, che indichi Mustafa Barguti, sottobanco, come suo candidato. Questo spiegeherebbe come mai il leader in carcere ha fatto dichiarazioni molto dirette contro la posizione del candidato di Fatah che ha chiesto di fermare gli attacchi con i missili.
La pioggia in questi giorni batte forte su Israele e l’Autonomia: i due grandi nemiche delle elezioni, la violenza e il maltempo, sono in agguato contro la speranza di tanta gente che aspetta che domenica sorga il sole con una luce nuova.
Invitiamo i lettori di Informazione Corretta ad inviare il proprio parere alla redazione de La Stampa. Cliccando sul link sottostante si aprirà una e-mail già pronta per essere compilata e spedita.

lettere@lastampa.it

Condividi sui social network:



Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui

www.jerusalemonline.com
SCRIVI A IC RISPONDE DEBORAH FAIT