La pace deve essere voluta da entrambe le parti di un conflitto finora non è stato così in quello israelo-palestinese
Testata: Famiglia Cristiana Data: 03 dicembre 2005 Pagina: 1 Autore: Giovanni Paolo II Titolo: «Non arrenderti al male ma vincilo col bene»
La copertina di Famiglia Cristiana del 2 gennaio 2005 è dedicata alla Pace: Dalla Palestina all’Iraq il messaggio del Papa, un messaggio pubblicato a pagina 1 con il titolo: "Non arrenderti al male ma vincilo col bene".
All’inizio del nuovo anno, torno a rivolgere la mia parola ai responsabili delle nazioni e a tutti gli uomini di buona volontà, che avvertono quanto sia necessario costruire la pace nel mondo. Ho scelto come tema per la giornata mondiale della pace 2005 l’esortazione di San Paolo nella lettera ai Romani: Non lasciarti vincere dal male, ma vinci con il bene il male. Il male non si sconfigge con il male: su quella strada anziché vincere il male ci si fa vincere dal male. La pace è il risultato di una lunga e impegnativa battaglia, vinta quando il male è sconfitto con il bene. Di fronte ai drammatici scenari di violenti scontri fratricidi in atto in varie parti del mondo, dinanzi alle sofferenze e ingiustizie che ne scaturiscono, l’unica scelta costruttiva è di fuggire il male con orrore e di attaccarsi al bene. Il prosieguo del discorso del Papa non si discosta fondamentalmente da questi concetti: la solidarietà internazionale, la sfida alla povertà, l’uso dei beni della terra, ecc. Pensieri condivisibili certo ma il vero problema è che non tutti i popoli vogliono la pace:per fare un esempio, gli attentati terroristici che in Israele hanno fatto strage di civili ogni volta che il governo israeliano ha tentato di arrivare ad un accordo ne sono una drammatica conferma. Una frase del Papa merita tuttavia una riflessione. Come non evocare la pericolosa situazione della Palestina, la Terra di Gesù, dove non si riescono ad annodare, nella verità e nella giustizia, i fili della mutua comprensione, spezzati da un conflitto che ogni giorno attentati e vendette alimentano in modo preoccupante?
Innanzitutto perché lo Stato che è nato nel 1948, dopo lo sterminio di sei milioni di ebrei, lo stato che rappresenta per ogni ebreo della Diaspora un rifugio dalle persecuzioni, dall’antisemitismo che ancora pervade l’Europa, lo stato nel quale sono garantiti i diritti di tutte le minoranze, dove c’è libertà di stampa e di opinione, perché dunque questo Stato non viene chiamato con il suo nome? ISRAELE. Ancora. Gli attentati e quelle che il Pontefice definisce "vendette" non sono la stessa cosa perché scaturiscono da realtà molto diverse: nei primi è l’odio, l’intolleranza, il desiderio di far sparire un popolo che muove i terroristi. La risposta a questi atti di ferocia non sono quindi "vendette" ma tentativi di arginare una violenza che colpisce senza pietà bimbi in fasce, anziani scampati all’Olocausto, donne al mercato, giovani che vanno a scuola. La differenza è notevole e non deve sfuggire. Detto questo, tutti ci auguriamo che i "fili della mutua comprensione vengano annodati" ma è solo la ferma volontà di entrambi i popoli che lo consentirà; una volontà che abbia salde radici nell’accettazione dell’altro e del suo diritto a vivere. Fino ad oggi questa volontà è mancata ai palestinesi; Arafat, accolto dal mondo occidentale (cattolici compresi) come uno statista si è sempre rivelato un leader guerrigliero, corrotto che non ha mai rinunciato all’idea di distruggere Israele. Speriamo che dalle prossime elezioni del 9 gennaio possa nascere una leadership più moderata, che combatta il terrorismo e la corruzione e che sia in grado di dare nuova vita ai colloqui di pace fra Israele e Palestina. La pace deve essere un obiettivo condiviso e non perseguito unilateralmente: solo in questo caso il "bene prevarrà sul male".
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