Ancora accuse infondate a Israele per la morte di Arafat ora un consigliere del raìs sospetta alcuni pacifisti, solo perché israeliani, di averlo avvelenato
Testata: La Stampa Data: 21 dicembre 2004 Pagina: 8 Autore: Aldo Baquis Titolo: «Un collaboratore di Arafat, così lo avvelenarono»
A pagina 8 LA STAMPA pubblica un articolo di Aldo Baquis, che riporta le accuse del consigliere di Arafat Ahmed Abdel Rahman, secondo il quale il raìs sarebbe stato avvelenato da israeliani membri di "una delegazione di ciclisti giunti da varie parti del mondo in missione di pace" o di "un gruppo di attivisti simpatizzanti degli «scudi umani»" che gli avevano fatto visita il 25 settembre 2003. Si trattava dunque di "pacifisti" israeliani, sostenitori del raìs, circostanza, non abbastanza sottolineata da Baquis, che rende ancor più insostenibile l'ipotesi di Rahman, già di per sé mancante di prove.
Ecco l'articolo: Il presidente Yasser Arafat fu avvelenato oltre un anno fa, quando ricevette nel proprio ufficio di Ramallah (Cisgiordania) una delegazione mista di palestinesi e di stranieri - fra cui alcuni israeliani - giunta per esprimergli solidarietà: lo afferma adesso, al termine dei quaranta giorni di lutto islamico, Ahmed Abdel Rahman, uno stretto consigliere del presidente, che aveva l'abitudine di tenere un diario. E che, al quotidiano «al-Hayat», ha precisato anche una data: 25 settembre 2003, il giorno in cui - annotò - «avvenne un fatto inspiegabile». Erano settimane di grande stress per Arafat. All'inizio del mese il quotidiano «Jerusalem Post» aveva pubblicato un editoriale intitolato: «Uccidere Arafat». Il governo Sharon discuteva apertamente la sua espulsione dai Territori e il vicepremier Ehud Olmert aveva confermato: «L’uccisione di Arafat è una delle opzioni». Dichiarazioni che avevano scatenato reazioni emotive di condanna in Europa, e pure dagli Stati Uniti. In questo clima, le delegazioni di solidarietà ad Arafat si susseguivano a Ramallah. Il presidente, nei limiti del possibile, riceveva tutti. Si metteva in posa per la tradizionale foto ricordo. Stringeva mani. «Quel 25 settembre - ha raccontato Abdel Rahman - Arafat aveva già stretto una trentina di mani. All'improvviso lo vedemmo retrocedere e vomitare. Da quel momento la sua salute ha cominciato a deteriorarsi». Aveva incontrato una delegazione di ciclisti giunti da varie parti del mondo in missione di pace e un gruppo di attivisti simpatizzanti degli «scudi umani». Secondo Abdel Rahman, è probabile che in quell’occasione il presidente palestinese sia stato esposto a un tipo di veleno prodotto da laboratori militari. Prove concrete o conoscenze specifiche, ammette, non ne ha. Ma a partire da quell'episodio Arafat ebbe un crollo. La mattina si svegliava esausto, pativa vuoti di memoria, mostrava i sintomi dell’influenza senza averla, rifiutava ogni forma di cibo. Nei giorni successivi la stampa palestinese riferì che il Raíss aveva avuto «un lieve malore» ed era stato convocato il suo medico personale, Ashraf al Kurdi. Il crollo proseguì. Dopo alcuni mesi comparvero irritazioni alle piante dei piedi e strane macchie rosse sulla pelle. Poi cominciò a soffrire di mal di denti, senza una ragione apparente. Il 12 ottobre 2004 tornarono i sintomi di un anno prima: vomito, rifiuto di ogni cibo, sintomi dell’influenza senza influenza. Sebbene i medici francesi che hanno avuto in cura Arafat abbiano escluso l’avvelenamento, la mancanza di una causa di morte precisa ha innescato nei Territori un fiorire di teorie più o meno fantasiose relative alla sua morte «innaturale». Nei poster dell’Intifada, Arafat è qualificato come «martire». Sia i dirigenti di Hamas sia il leader di al Fatah Faruk Kaddumi hanno accusato Israele di aver accorciato la vita di Arafat. Nei giorni scorsi un sito internet di Hamas ha divulgato un’altra versione dell'«avvelenamento» di Arafat, molto diversa da quella di Abdel Rahman, e che scagiona i ciclisti stranieri. Citando fonti dell'intelligence britannica, Hamas ha precisato che è stata identificata la sostanza che avrebbe provocato la morte del presidente palestinese: si tratta di un prodotto tossico di nome «Aconite», estratto da una pianta asiatica, l’Aconite. Diluito in un liquido, si dissolve rapidamente: dopo 12 ore non è più rintracciabile nel corpo umano, dove intanto però provvede a sabotare la circolazione sanguigna, il sistema nervoso e quello digerente. A differenza di Abdel Rahman, Hamas parla invece di un avvelenamento graduale, a piccole dosi: una circostanza che, se confermata, sposterebbe inevitabilmente i sospetti proprio sui più intimi collaboratori del presidente. Invitiamo i lettori di Informazione Corretta ad inviare il proprio parere alla redazione de La Stampa. Cliccando sul link sottostante si aprirà una e-mail già pronta per essere compilata e spedita.