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Avvenire Rassegna Stampa
15.12.2004 Abu Mazen vuole fermare il terrorismo, ma la disinformazione continua
anche sul quotidiano cattolico

Testata: Avvenire
Data: 15 dicembre 2004
Pagina: 15
Autore: Francesca Bertoldi
Titolo: «Svolta di Abu Mazen: "Lo stato nascerà deponendo le armi"»
A pagina 15 AVVENIRE pubblica ub articolo di Francesca Bertoldi, sulle dichiarazioni di Abu Mazen contro "l'uso delle armi" nella cosiddetta seconda intifada.
Il linguaggio reticente di Mazen è ripreso dalla giornalista, che non usa mai i termini "terrorismo", "terroristi" "terroristico", sostituendoli con una lunga e varia serie di eufemismi. L'uccisione terroristica di una manovale thailandese nell'insediamento di Ganey Tal è poi definita uno "scontro". Ecco l'articolo:

Il ricorso alle armi nell'Intifada è stato un errore a cui bisogna mettere fine: queste le parole di Abu Mazen, presidente dell'Olp e principale candidato alle elezioni presidenziali palestinesi del 9 gennaio, in un'intervista al quotidiano arabo stampato a Londra Ashark al-Awsat.
Secondo Abu Mazen i palestinesi hanno pieno diritto a resistere all'occupazione israeliana, ma la protesta, ha detto, «deve esprimersi con mezzi popolari e sociali». E la creazione dello Stato palestinese non deve passare attraverso la lotta armata. Abu Mazen ha ammesso che nei Territori «c'è il caos» e, per riportare stabilità, sta cercando di convincere i gruppi dell'opposizione islamica - Hamas e Jihad islamica - ad entrare nelle strutture dell'Olp. Compito difficile.
Proprio ieri Hamas ha pubblicato un duro documento in cui ribadisce che l'unica prospettiva per il popolo palestinese è quella della «resistenza armata» e accusa i dirigenti dell'Anp di aver finora deluso le aspettative di quanti speravano in una profonda riforma democratica. Il gruppo estremistico ha anche puntato il dito contro Ue e Usa: «L'Unione europea ci ha inserito nella lista delle organizzazioni terroristiche ma continua ad avere incontri con noi - ha detto il capo dell'ufficio politico di Hamas, Khaled Meshal -; e lo stesso fa l'amministrazione americana che, dopo averci criticato, nei mesi scorsi ci ha contattato». «Negoziare senza resistere porta alla resa, mentre negoziare resistendo porta alla vera pace», ha detto Meshal. Fonti del dipartimento di Stato Usa e della Casa Bianca hanno smentito qualunque contatto.
Tensione anche fra l'Europa e il movimento sciita libanese Hezbollah. La Tv del gruppo, al-Manar (Il Faro), ha sospeso ieri le sue trasmissioni via satellite in Europa. La decisione arriva dopo che il Consiglio audiovisivo francese ha ordinato la sospensione delle trasmissioni dei programmi della Tv hezbollah, accusata di propaganda antisemita.
Intanto, in Israele c ontinuano le manovre del premier Ariel Sharon per la formazione di una nuova maggioranza. Con qualche difficoltà: è fallito, infatti, un incontro fra esponenti del Likud e del partito laburista impegnati a cercare un'intesa per la formazione di un governo unitario. Malgrado la battuta di arresto, secondo la radio militare proseguono contatti informali fra le due parti.
Quanto alle elezioni palestinesi, Sharon ha più volte ribadito piena cooperazione. E ieri il governo israeliano, insieme a funzionari dell'Anp, ha ufficializzato che i palestinesi di Gerusalemme potranno votare per posta nelle presidenziali. Secondo una fonte palestinese, le parti si sono accordate per allestire cinque seggi in altrettanti uffici postali, come avvenne nel 1996. Lo spoglio avverrà fuori dai confini della città. Sempre ieri, Israele ed Egitto hanno firmato al Cairo uno storico patto commerciale per la produzione congiunta di beni che potranno essere venduti negli Stati Uniti senza pagare il dazio. In Israele e a Ramallah è atteso per il 21 dicembre il ministro degli Esteri italiano Gianfranco Fini. Incontrerà i vertici del governo Sharon e dell'Anp.
Sul campo, continuano gli scontri. Una manovale thailandese è rimasta uccisa in un attacco di mortai palestinesi contro la colonia ebraica di Ganey Tal, a sud di Gaza. Invece, un agente della sicurezza palestinese è stato ucciso da militari israeliani nella zona di Rafah, al confine fra la Striscia e il territorio egiziano.
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