Imboscata alle "truppe di occupazione", "attentato" al "dirigente del gruppo islamista" il linguaggio propagandistico del quotidiano comunista
Testata: Il Manifesto Data: 14 dicembre 2004 Pagina: 7 Autore: Michele Giorgio - un giornalista Titolo: «Gaza, imboscata contro i soldati - Damasco, dirigente Hamas sopravvive ad attentato»
A pagina 7 IL MANIFESTO di martedì 14-12-04 pubblica un articolo di Michele Giorgio sull'attentato alle "truppe di occupazione israeliane" compiuto da Hamas e al Fatah a Rafah. Neanche Abu Mazen, scrive Giorgio, ha "potuto condannare un'azione contro un obiettivo militare", dato che "il suo popolo vive sotto occupazione da 37 anni". Per Giorgio, evidentemente, il fatto che Israele si ritirerà da Gaza non ha nessun rilievo. Giordania ed Egitto, inoltre, non hanno mai occupato Cisgiordania e Gaza e il popolo palestinese non esisteva prima del 1967...
Abu Mazen, scrive ancora Giorgio, è "il candidato dell'America e di Israele" alle elezioni palestinesi... Vuole (forse) combattere il terrorismo, quindi è l'uomo dell'"Amerika" e dei "sionisti". Le truppe di occupazione israeliane lasceranno soltanto l'8 gennaio, alla vigilia delle elezioni presidenziali, i centri abitati palestinesi e vi rientranno dopo due giorni. Lo ha annunciato ieri il ministro della difesa Shaul Mofaz. E' tutta qui la concessione che il governo israeliano è disposto a fare in occasione dell'importante voto che porterà con ogni probabilità il leader dell'Olp Abu Mazen alla presidenza dell'Anp al posto dello scomparso Yasser Arafat. «Noi cercheremo di limitare al minimo i possibili attriti» ha detto Mofaz rivolgendosi ieri ai partecipanti alla conferenza sulla sicurezza nazionale di Herzlya (Tel Aviv). «Quale potrebbe essere allora un elemento di disturbo, un ostacolo alle elezioni?», gli hanno chiesto. «Il terrorismo», ha risposto. L'occupazione militare, come sempre, non ha responsabilità nel grave quadro politico che tutti hanno di fronte. La campagna elettorale quindi continuerà a svolgersi tra i mezzi corazzati israeliani e gli effetti di ciò si sono già visti la scorsa settimana quando i soldati hanno maltrattato, e in un caso persino arrestato, due candidati: il dottor Mustafa Barghuti, leader di «Iniziativa democratica», e Bassam Salhi, segretario generale del Partito del popolo (ex comunisti). Si muove invece liberamente Abu Mazen, molto gradito a Israele e Stati uniti, che non solo viaggia senza alcun problema tra Cisgiordania e Gaza ma sta ora effettuando un tour in varie capitali arabe per accreditare la sua immagine di futuro presidente palestinese.
La strada di Abu Mazen è tutta in discesa. Domenica sera il segretario di Al-Fatah in Cisgiordania Marwan Barghuti, il volto dell'Intifada, l'uomo più stimato dai palestinesi nei Territori occupati, ha deciso di ritirare la sua candidatura. Le forti pressioni di Al-Fatah, la sua condizione di detenuto in isolamento in un carcere israeliano (dove sconta una condanna a cinque ergastoli), il desiderio di favorire l'unità dei palestinesi, lo hanno spinto a fare marcia indietro. Barghuti resta in prigione e la vecchia guardia di Al-Fatah - Abu Mazen, il premier Abu Ala, l'ex segretario presidenziale Tayeb Abdul Rahim, il rais di Hebron Abbas Zaki, il neo segretario generale Faruk Qaddumi - sussurra appena la richiesta della sua liberazione. Personaggi che contestavano la gestione di Arafat ma che concepiscono il potere esattamente come lui.
Abu Mazen comunque dovrà affrontare non poche questioni aperte sul terreno. Il movimento islamico Hamas nelle ultime ore ha fatto capire che sino a quando non ci sarà un accordo di tregua e il futuro presidente dell'Anp non presenterà proposte concrete, la lotta armata andrà avanti.
Domenica pomeriggio cinque soldati (tutti di una unità di perlustrazione formata da beduini con cittadinanza israeliana) sono rimasti uccisi e sei feriti in un attacco pianificato da mesi al valico di Rafah, tra Gaza e l'Egitto. Attraverso un tunnel lungo 600 metri, è stata fatta saltare in aria una tonnellata di esplosivo proprio sotto un fortino israeliano, dove successivamente due uomini armati sono penetrati, forse per sequestrare un soldato. Un attacco simile, con effetti meno devastanti, era stato compiuto da una cellula di Hamas all'inizio dell'estate nella zona di Khan Yunis. Nel volantino di rivendicazione Hamas e il gruppo «falchi di Fatah» hanno scritto di aver colpito anche per vendicare l'uccisione venerdì scorso di una bambina di sette anni. Abu Mazen si è pronunciato varie volte contro l'Intifada ma in questo caso è rimasto in silenzio. Con il suo popolo che vive sotto occupazione da 37 anni, anche lui non ha potuto condannare un'azione contro un obiettivo militare, percepita dai palestinesi come legittima.
Intanto ieri Sharon ha avuto un colloquio con Mofaz e il capo di stato maggiore generale Moshe Yaalon per fare il punto della situazione e decidere la risposta da dare all'attacco di domenica. Il premier in precedenza aveva impartito alle forze armate l'ordine di «rafforzare la pressione» sui gruppi armati della Intifada.
Nella notte tra domenica e lunedì elicotteri da combattimento Apache hanno sganciato quattro missili contro un'officina e un edificio disabitato di Gaza city apparentemente usati dai militanti palestinesi. Nuovi raid potrebbero avvenire nei prossimi giorni ma gli esperti escludono ampie operazioni militari che finirebbero, a meno di un mese dalle elezioni, per compromettere tra i palestinesi l'immagine di Abu Mazen, candidato non solo di Al-Fatah ma anche di Israele e Usa, per la carica di presidente dell'Anp. In una giornata segnata da forte tensione politica e militare, hanno destato indignazione (almeno tra i palestinesi) le frasi pronunciate da un parlamentare israeliano. «Gli arabi sono dei vermi» ha esclamato il deputato del Likud Yehiel Hazan, in un evidente riferimento alla capacità di realizzazione del tunnel dai militanti di Hamas e di al Fatah. «In ogni posto ci sono vermi. Sotto la terra, sopra la terra. Si tratta di vermi che colpiscono il popolo ebraico». "Attentato" è per il quotidiano comunista quello a un dirigente di Hamas, "gruppo islamista", a Damasco, la cui responsabilità è stata attribuita dai siriani al Mossad. Ecco l'articolo in merito: Un'automobile è esplosa ieri pomeriggio a Damasco, pochi secondi dopo che dal veicolo erano scesi un dirigente di Hamas, sua moglie e la figlia. Le autorità siriane hanno accusato il Mossad (il servizio segreto israeliano) dell'attentato, che è arrivato a 24 ore dopo l'attacco palestinese contro una postazione dell'esercito occupante a Gaza. «Chi ha fatto ciò l'ha fatto in collaborazione col Mossad o è il Mossad stesso», ha dichiarato alla televisione siriana il ministro dell'interno Ghazi Kenaan. Moussa Abu Marzouk, vicesegretario politico del gruppo islamista, si è limitato a dichiarare che l'automobile apparteneva a un membro di Hamas, ma ha rifiutato di farne il nome. Se l'attentato fosse effettivamente opera del Mossad, si potrebbe pensare al tentativo di uccidere Khaled Meshaal, il leader di Hamas che risiede a Damasco e che già nel 1997, nella capitale giordana Amman, fu ogetto delle attenzioni dei servizi segreti di Tel Aviv. Agenti del Mossad travestiti da turisti gli inserirono del veleno in un orecchio, ma l'operazione si trasformò in un fiasco clamoroso. Gli 007 furono arrestati, Meshaal salvato da un antidoto e in cambio della restituzione dei suoi agenti Tel Aviv liberò lo sceicco Yassin. Invitiamo i lettori di Informazione Corretta ad inviare la propria opinione alla redazione del Manifesto. Cliccando sul link sottostante si aprirà una e-mail già pronta per essere compilata e spedita.