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Il Manifesto Rassegna Stampa
25.11.2004 Poche notizie da Israele: il quotidiano comunista torna a occuparsi della barriera difensiva
non può rinunciare ai suoi quotidiani attacchi a Israele

Testata: Il Manifesto
Data: 25 novembre 2004
Pagina: 6
Autore: Michelangelo Cocco
Titolo: «Città santa, muro maledetto»
A pagina 6 IL MANIFESTO di giovedì 25 novembre pubblica un articolo di Michelangelo Cocco sobriamente intitolato: "Città santa, muro maledetto".
Vi si trovano le solite invettive contro la barriera difensiva, basate su alcune falsità (chiude i palestinesi in ghetti, spezzza l'unità territoriale della Cisgiordania), sull'omissione di dati rilevanti (gli attentati suicidi sono calati del 90% con la costruzione della barriera, non hanno luogo dove essa è già stata ultimata e continuano dove non lo è) e sull'"autorità" della sentenza dell'Aja che nega a Israele il diritto all'autodifesa.
Cocco sostiene inoltre che i laburisti sono intenzionati a negare il loro appoggio al piano di ritiro da Gaza (in realtà la loro decisione di non votare la fiducia al governo riguarda i provvedimenti finanziari e sociali) e cerca di adossare all'intera compagnia che ha invece denunciato il suo comandante (oggi sotto processo) la responsabilità dello scempio compiuto sulla tredicenne palestinese Iman al Hams.

Ecco l'articolo:

Nei giorni in cui si fa un gran parlare di passi in direzione della pace, c'è una cosa che nei Territori occupati avanza concretamente: il muro che il governo israeliano definisce «barriera di sicurezza», ma che è un furto della terra che le risoluzioni delle Nazioni unite attribuiscono ai palestinesi. La Corte suprema dello Stato ebraico ieri ha dato il via libera a un altro tratto di muro proprio in quella Gerusalemme così essenziale per ogni trattativa di pace, ma che il governo Sharon vuole tutta per sé. Il massimo organismo giudiziario israeliano ha respinto la petizione presentata da abitanti del villaggio di Sur Baher, che chiedevano che il tracciato della barriera fosse spostato più ad est, dal momento che il percorso attuale, tagliando in due il centro dell'abitato, gli renderebbe impossibile la vita. Un altro gruppo dello stesso villaggio, temendo di rimanere intrappolato in una «terra di nessuno» dopo un eventuale variazione del percorso, aveva però fatto ricorso. Una tragica lotta tra occupati cui la Corte ha messo fine confermando il percorso iniziale. Adesso le ruspe potranno iniziare a lavorare e a metter su questo tratto di barriera. Dopo il giudizio di ieri sul muro, ne restano pendenti presso la Corte altri quattro. Come durante il periodo successivo agli accordi di Oslo del 1993 il governo israeliano continuò a costruire decine di insediamenti in Cisgiordania, così oggi il muro - un progetto dei laburisti ripreso e attuato con vigore da Sharon - sta impedendo sul terreno ogni ipotesi di pace che non sia una capitolazione, perché passando all'interno dei confini del 1967, sottrae terra ai palestinesi con l'obiettivo di acquisirla definitivamente. Poco importa che quella che il governo Sharon pubblicizza come «una misura contro gli attacchi terroristici», sia stata definita illegale dalla Corte internazionale di giustizia delle Nazioni unite che ne ha chiesto (in un giudizio non vincolante del luglio scorso) lo smantellamento. E poco importa anche che l'Assemblea generale abbia ribadito in seguito la giustezza di quel voto della Corte dell'Aja.
Dei grattacapi arrivano a Sharon dai laburisti, che ieri hanno fatto sapere di non voler più fare da ancora di salvataggio per il suo governo di minoranza (55 deputati al parlamento, su 120 seggi). Il partito di Shimon Peres ha annunciato che dalla prossima settimana inizierà a fare opposizione vera, minacciando il governo del Likud e lo stesso piano di ritiro da Gaza per far procedere il quale è essenziale l'appoggio del labour. In un incontro avuto con Peres martedì notte, Sharon ha detto chiaro e tondo al suo interlocutore che, a causa delle resistenze dell'ala oltranzista del Likud, non c'è spazio nel futuro prossimo per un governo d'unità nazionale Likud-labour. «Perché dobbiamo fare da baby sitter a Sharon su ogni questione?», ha dichiarato la parlamentare Dalia Itzik, annunciando che «la prossima settimana presenteremo una mozione di sfiducia contro l'esecutivo».
Intanto il ministro degli esteri britannico, Jack Staw, è arrivato in Israele e Palestina per una visita di due giorni durante la quale cercherà di raccogliere risultati migliori del collega statunitense Colin Powell, che avrebbe dovuto ottenere la rimozione dei check point israeliani per favorire le elezioni presidenziali del 9 gennaio ma che se ne è tornato a Washington a mani vuote. Nulla di fatto nel primo giorno di una visita che in Gran Bretagna viene vista come un tentativo del premier Blair - sotto pressione da parte dell'opinione pubblica per la guerra in Iraq - di mostrare che si sta dando da fare per il Medio Oriente. Al contrario durante l'incontro il ministro degli esteri israeliano, Silvan Shalom, ha reclamato una «leadership palestinese più responsabile», il giorno dopo che il capo dell'Olp Abu Mazen aveva dichiarato di voler mantenere l'eredità di Arafat e battersi per il ritorno dei profughi. «Siamo molto preoccupati per le ultime dichiarazioni di Mahmoud Abbas sulla necessità che i palestinesi facciano tesoro degli insegnamenti di Arafat, che per molti anni è stato coinvolto nel terrorismo», ha detto Shalom, che nel gabinetto israeliano è considerato una colomba.
Dopo la messa in onda del filmato trasmesso da Canale 2 della televisione israeliana, il capo di stato maggiore, Moshe Ya'alon, è stato costretto ieri ad ammettere che l'esercito israeliano ha dato pessima prova di sé nell'indagine sull'uccisione di Iman al Hams, la 13enne palestinese ammazzata dai soldati nella Striscia di Gaza e sulla quale un comandante ha scaricato un'intera cartucciera. La brigata Givati potrebbe sciogliere la compagnia responsabile dell'omicidio. Nel filmato trasmesso dall'emittente - nel giorno in cui davanti al tribunale militare di Bersheva è iniziato il processo contro il capitano R. - si sente la registrazione delle comunicazioni tra i soldati della brigata coinvolti nel caso. Dopo aver crivellato di pallottole la ragazzina il graduato, come a giustificarsi, esclama: «Questo è il comandante, qualunque cosa si muova nella zona, anche se è un bambino di tre anni, deve essere ucciso. Passo e chiudo».
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